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E se cambiassimo stile di vita?

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“L’Italia è nell’abisso” secondo il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi.
“Non siamo in guerra – riferisce Confindustria -. Ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto”. A essere colpite, si spiega nell’indagine, “sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l’industria manifatturiera e le giovani generazioni. Quelle da cui dipende il futuro del Paese”.
L’ultima indagine del centro studi è impietosa; sono previste flessioni del Pil del 2,4% nel 2012 e dello 0,3% nel 2013
Occupazione con previsioni drammatiche: il 2013 si chiuderà con quasi 1,5 mln posti di lavoro in meno rispetto all’inizio del 2008. L’occupazione calerà dell’1,4% nel 2012 (-1% già acquisito al primo trimestre) e dello 0,5% nel 2013. “Solo sul finire dell’anno prossimo le variazioni congiunturali – spiegano gli esperti – torneranno positive”.
Il pareggio di bilancio; difficile raggiungerlo secondo il centro studi: il deficit pubblico nel 2013 sarà pari all’1,6% del Pil e non si registrerà l’avanzo dello 0,1% previsto a dicembre.
Per il 2012 i consumi degli italiani sono previsti in marcata contrazione. La domanda totale calerà del 4,3% (-1% nel 2011). “In particolare – spiega l’analisi – i consumi delle famiglie diminuiscono nettamente (-2,8%), conseguenza della fiducia al minimo storico, dell’ulteriore riduzione del reddito reale disponibile, della restrizione dei prestiti e dell’aumento del risparmio precauzionale”.
Gli investimenti crollano dell’8,0% per effetto dell’estrema incertezza e del proibitivo accesso al credito bancario
La pressione fiscale effettiva, depurata dal sommerso, “schizzerà al 54,6%” nel 2013 dal 54,2% del 2012. Era al 51,1% nel 2011. Continua la corsa anche della pressione apparente, dal 42,5% del 2011 al 45,1% del 2012 fino al 45,4% del 2013. Le entrate fiscali sono “in forte accelerazione”, +5,2% quest’anno, per poi rallentare al +2,6% nel 2013.
L’Istat diffonde i dati sull’inflazione, a giugno al 3,3%. il tasso annuo a giugno risale, passando al 3,3% dal 3,2% di maggio. Lo rileva l’Istat nelle stime preliminari, indicando un aumento dei prezzi su base mensile dello 0,2%. La principale spinta arriva dall’aumento congiunturale dei prezzi degli alimentari non lavorati. A giugno il rincaro del cosiddetto carrello della spesa, i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo ai carburanti), è del 4,4% su base annua. Un rialzo in accelerazione su maggio (+4,2%) e superiore all’inflazione (3,3%).
L’aumento dell’inflazione è dovuto soprattutto all’impennata del prezzo della frutta fresca, in aumento a giugno del 9,6% su maggio e del 3,3% rispetto a un anno prima.
A questo quadro certamente complicato, vorrei aggiungere alcune riflessioni sul gap energetico che zavorra da decenni il sistema Italia.
Un Kw di energia elettrica, in Italia costa 0,40 Euro. In Germania 0,18. In Francia 0,10. Quindi, costruire un bullone o qualsiasi manufatto costa in quei paesi la meta' o un quarto.  Perchè? Perche' hanno una politica energetica.  L'Italia non ha avuto per decenni politica energetica.  Compriamo gas e petrolio e lo consumiamo voracemente.  Risultato? La nostra industria non e' competitiva.
Le fabbriche italiane si trovano sempre di più fuori mercato per costi di materie prime (che Italia non ha), e di energia .
Mancano alle industrie italiane anche i brevetti importanti (abbiamo invece quelli per le macchine da gelato campo nel quale siamo gli unici al mondo, e per quelle da caffè).
Brevetti farmaceutici sono tutti stranieri e se vogliamo acquistare farmaci (quelli importanti) dobbiamo guardare all’estero

Siamo un paese in eterno disavanzo (quest’anno circa 50 miliardi) . Per dire che consumiamo il 3/4% in piu' del nostro reddito. Per sostenere il nostro livello di vita, ci indebitiamo con l'estero. Ance se oggi l’estero non è più propenso a prestarci alcunchè (gli investitori esteri stanno ritirandosi dalla esposizione ai nostri titoli di stato e dagli investimenti nei depositi bancari dei nostri istituti).

Vie di uscita ? Ne vedo una sola: cambiare stile di vita e mentalità, cosa forse più semplice in Appennino che non nelle metropoli del consumismo e del benessere usa e getta.

Non lo faremo mai per scelta, se accadrà è perché ci saremo costretti, e non con le buone maniere.

1 COMMENT

  1. Pienamente d’accordo. Non ci dimentichiamo però che l’Italia ha un patrimonio artistico e culturale senza eguali. Se si incentivasse il turismo al sud, invece che continuare a costruire cattedrali nel deserto? Ma anche al nord, esempio vicino vicino, le terre matildiche…
    Comunque vada, nel rinunciare a qualcosa, che molto spesso è superfluo, spero che si riscopra anche la solidarietà e la voglia di stare insieme nella comunità.

    (A.M.)