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I passi della droga. Là dove osano le aquile (albanesi)

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I passi del Lagastrello e del Cerreto crocevia internazionali della droga. Sembra proprio di sì. La gente del posto sono ormai anni che segnala movimenti sospetti sui Passi e la chiusura anni fa della caserma dei carabinieri di Comano ha fatto di questo territorio una terra di nessuno dove i malavitosi, pur seguendo una strada Massese molto tortuosa, non trovano mai nessun posto di blocco, specialmente notturno. Un via libera preoccupante, perchè sono stati segnalati alla Polstrada mezzi sospetti che solcano il Passo di Lagastrello da parecchio tempo. È un percorso molto tortuoso che dalla Spezia sfocia poi a Ramiseto o a Monchio e a Palanzano scendendo da una parte verso Castelnovo e dall'altra a Langhirano, centri nevralgici delle due montagne, reggiana e parmense. Ed è una direttrice parallela a quella che, sempre dal porto ligure, porta verso il passo del Cerreto e da lì in pianura, direzione di nuovo verso le città di Reggo Emilia e Parma. Un'importante inchiesta della Gazzetta di Reggio cerca di fare luce su questa inquietante vicenda dai contorni ancora molto nebulosi e soprattutto pericolosi per la gioventù (e non solo) delle terre alte.

C'è chi percorre la statale del Passo del Cerreto (la SS63) per andarsela a prendere di persona la droga in terra ligure, ma c'è anche il sistema ben camuffato dei furgoncini del pesce fresco (dentro cui sono nascosti gli stupefacenti) che dal porto di La Spezia affrontano quel tortuoso percorso per giungere sino a Castelnovo Monti, irradiandosi successivamente verso Reggio o Parma (in quest'ultimo caso prendendo la direzione per Vetto).

A questa insospettabile "strada della droga" - individuata da una recente inchiesta della "Gazzetta di Reggio" e confermata indirettamente da "fonti coperte" implicate proprio in tali loschi traffici - pare proprio aggiungersi addirittura un percorso alternativo, ritenuto ancor più sicuro da chi smercia stupefacenti perché per nulla o quasi presidiato dalle forze dell'ordine, vista la scarsità di traffico causata dalla difficoltà del tracciato, ricco com'è di tornanti e curve insidiose.

Ma che "qualcosa" non quadri in quel nervoso percorso è noto alla polizia stradale di Castelnovo ne' Monti che ha ricevuto diverse segnalazioni di mezzi commerciali sospetti (sono sempre furgoncini del pesce?) o quantomeno meritevoli di approfondimento in quel loro strano via vai da una strada così impegnativa e pericolosa.

Qual è il percorso sospetto a cui facciamo riferimento?

Stiamo parlando sempre di La Spezia e del suo porto come base, ma con una diversa statale come protagonista, cioè quella del Passo della Cisa (la SS62) che viene percorsa sino ad Aulla, per poi imboccare la strada provinciale Massese 74 che attraversa tanti paesini appenninici per poi salire al Passo di Lagastrello.

I trafficanti di droga fanno leva su tanta tortuosità di marcia per non dare nell'occhio e i mezzi utilizzati arrivano sino a Ramiseto e a Monchio e a Palanzano.

In questa località avverrebbe il primo importante smistamento del "carico": Castelnovo ne' Monti è vicina, la successiva direttrice verso Reggio è data per sicura da indagini e conferme sussurrate di chi vive di spaccio.

Ma c'è anche la possibilità, da Ramiseto, di puntare verso Vetto ed "inquadrare" Parma come destinazione ultima del "rifornimento" di stupefacenti.

Ritornando ai furgoncini di pesce - in cui viene nascosta la droga - va detto che in tutta Italia, a campione, vengono fermati sempre dalla Polstrada in osservanza del dispositivo ministeriale riguardante i mezzi usati per i traffici commerciali. Ma sono controlli sui documenti di viaggio, non certo accurate perquisizioni nella cella frigorifera.

Ovviamente questi controlli possono comunque dar fastidio a chi ha decisamente molto da nascondere, da qui la scelta di tali itinerari poco battuti - sia nel tratto ligure che in quello reggiano e parmense - in cui ben di rado vengono posizionati posti di blocco.

Anche perché stiamo parlando di furgoncini che quotidianamente riforniscono (dal lunedì al venerdì, perché il sabato e la domenica c'è il fermo-pesca) le decine e decine di ristoranti della zona.

Viaggi per lo più notturni, perché cozze e pesce fresco non possono attendere.

Tempi, quindi, certi di viaggio per avvalorare una "copertura" ben pensata, ma i trasporti Liguria-Appennino sarebbero talmente tanti che la malavita albanese non vuole rischiare sui tracciati più conosciuti ed in cui è facile imbattersi in un controllo delle forze dell'ordine.

Che la malavita albanese c’entrasse eccome nel consistente “giro” di droga (cocaina e hascisc) emerso nella zona del nostro Appennino grazie alla maxi inchiesta dei carabinieri “Piazza pulita”, trova più di una traccia in alcune ammissioni (messe a verbale) di piccoli spacciatori bloccati durante le indagini.

Indicazioni che portano a La Spezia, al porto, a quel “flusso” illegale di droga fra la Liguria e l’area appenninica reggiana. Sono racconti di pusher (anche albanesi) che, pur collaborando con gli inquirenti, non fanno nomi (forse non li sanno, forse non li vogliono dire perché rischiano la vita se parlano fino in fondo) ma danno una dimensione certa a quanto sta accadendo.

Negli interrogatori fanno riferimento ad alcuni albanesi che a La Spezia lavorano come muratori per crearsi una copertura, perché in realtà trafficano droga, tanta droga. Gente che ha contatti importanti e smercia quantitativi non indifferenti di stupefacenti. Albanesi in collegamento con le “navi imbottite” che giungono nel porto spezzino: quelle con carichi segreti di cocaina giungono dal Sudamerica, quelle che trasportano chili e chili di hascisc sono partite dal Nordafrica o dalla più vicina Spagna per approdare in Liguria.

Insomma, sono personaggi di una certa caratura che assicurano quei considerevoli carichi di droga che poi nella nostra montagna (con Castelnovo ne' Monti come punto centrale) si “polverizzano”, finendo nelle mani di tanti spacciatori. La richiesta è tanta, sono sempre di più i consumatori di stupefacenti e chi vive nell’illegalità fa così affari a tutti i livelli: gli albanesi che vivono a La Spezia e trattano i grossi quantitativi, il distributore (o più di uno) che agisce in loco (cioè sul crinale reggiano), i vari pusher di strada.

Novanta chilometri sono quelli che, più o meno, separano il porto della Spezia - uno dei maggiori per traffico di merci a livello italiano - a Castelnovo, nell'Appennino reggiano, una delle più note località di villeggiatura della zona nonché centro più popoloso.

Sono questi novanta chilometri di curve e tornanti, dal porto della Spezia, appunto, attraverso i caratteristici paesini della Lunigiana, valicato poi il passo del Cerreto che segna l'ingresso in Emilia Romagna e poi ancora giù, infine, verso Castelnovo ne' Monti, la nuova "strada della droga" scelta dalla malavita albanese per rifornire non solo l'Appennino – dove la maxi inchiesta “Piazza pulita” ha svelato un numero impressionante di piccoli spacciatori ed acquirenti – ma anche la pianura padana con i suoi centri: Reggio Emilia e Parma in primis.

E' quanto emerge da una nostra inchiesta, confermato indirettamente da "fonti coperte" implicate proprio nel traffico di stupefacenti. «Ipotesi plausibile», commentano fonti investigative non solo reggiane. Altro non possono dire, per due fondati motivi.

Il primo: non ci sono inchieste già chiuse che confermino questo scenario.

Il secondo: eventuali indagini in corso su questo versante sarebbero comunque coperte dal segreto istruttorio.

Noi siamo partiti da una considerazione che potremmo definire di buon senso comune: nella zona appenninica, e in particolare a Castelnovo, gira molta droga.

Perché?, ci siamo chiesti. Un po' tutti considerano questa come un'anomalia nella "geografia criminale" del Reggiano, Ma le chiavi di lettura possibili sono quasi del tutto assenti. Più assuntori di droghe (leggere e pesanti) rispetto al resto del territorio? Possibile, ma abbastanza improbabile.

A quel punto, viene quasi spontaneo chiedersi se il paese non sia il crocevia di uno smercio di droga. Noi ce lo siamo chiesti, e lo abbiamo chiesto. Sino a quando, la "fonte giusta" è saltata fuori.

Ricca di particolari per ora indimostrabili ma che, come detto, risultano più che plausibili. Il porto di La Spezia è ben presidiato: c'è la Finanza, c'è la Polizia di frontiera. Gli investigatori parlano di un "porto chiuso", perché è in gran parte recintato. Difficile, in teoria, entrarne e uscirne con carichi di droga. Ma sulle sue banchine vengono scaricati ogni anno decine di migliaia di container: come controllarli tutti?

«La Spezia - ci spiega un alto ufficiale delle forze dell'ordine - è un luogo di transito delle partite di droga. Il bacino ligure è troppo poco vasto per essere di per sé appetibile per lo smercio al dettaglio. Gli stupefacenti arrivano qui per poi essere smistati principalmente su due direttrici: Milano e la Lombardia, che resta quella principale, e l'Emilia dove i "potenziali consumatori" non sono pochi».

La droga arriva da molte direttrici. I maxi sequestri degli anni passati, diciamo dal 2011 sino a un anno e mezzo fa circa, hanno riguardato carichi arrivati soprattutto dall'Asia.

Ma le "navi imbottite" arrivano pure dal Sudamerica e dal Nordafrica, ma anche da più vicino come la Spagna. Soprattutto cocaina nel primo caso, hashish nel secondo e terzo caso.

La Spezia, quindi, punto d'approdo. E poi? Poi via, lungo la statale del Passo Cerreto, la SS63. A Castelnovo, il primo smistamento della merce proveniente dal porto ligure; da qui, poi, a Reggio, distante appena 45 chilometri; o a Parma, attraverso la SP513, distante non più di 70 chilometri.

Il vantaggio di un percorso così tortuoso attraverso le montagne dell'Appennino? La quasi completa assenza di controlli in materia, sia per quanto riguarda il tratto ligure, sia per quello emiliano, che permette di azzerare (o quasi) il rischio di essere intercettati dalle forze dell'ordine.

Ma c'è di più, e cioè la tecnica usata per occultare gli stupefacenti: i "panetti" di hashish, ad esempio, a quanto pare verrebbero "impacchettati" in blocchi da cinque e nascosti fra le cassette di pesce fresco di alcuni anonimi furgoncini che, quotidianamente, riforniscono (dal lunedì al venerdì, perché il sabato e la domenica c’è il fermo-pesca) le decine e decine di ristoranti della zona.

È proprio l'assoluta innocenza, a prima vista, del continuo flusso di tali mezzi (solitamente furgoncini che trasportano, ciascuno, sui 45 quintali di pesce) a permettere un "giro" quasi totalmente sicuro da parte dei trafficanti; se a ciò si aggiunge il fatto che i guidatori - il più delle volte - ne sono assolutamente all'oscuro e che l'odore fortissimo delle cozze e del pesce fresco (come alici, sarde, bianchetti) pescato nel mare ligure è in grado di coprire, almeno parzialmente, quello degli stupefacenti, il gioco è fatto.

Un po' di conti completano il quadro. L'hashish, proveniente via nave dai porti del nord Africa, una volta scaricato a La Spezia, viene pagato dall'organizzazione criminale 50 euro all'etto, ovvero 0.5 euro al grammo. Al dettaglio, la classica "panetta" da un etto viene rivenduta a una cifra che si aggira intorno ai 250 euro, quintuplicando quindi il profitto. Scendendo ancora più in basso nella scala dello spaccio, un pusher di strada può rivendere l'hashish, al grammo, a una cifra che varia dai 5 ai 7 euro in base alla qualità, più di dieci volte rispetto al prezzo pagato all'origine.

Le quantità trasportate, infine. Un furgoncino viene caricato a La Spezia con un massimo di 10 kg di hashish, ovvero un centinaio di "panette" da un etto; per l'organizzazione criminale "costa" quindi 5000 euro. Al termine del percorso, giunto lo stupefacente a Reggio o a Parma, la stessa quantità viene riveduta ai grossisti locali per una cifra che si aggira intorno ai 25000 euro, con un guadagno complessivo, dunque, di circa 20.000 euro a trasporto.

 

9 COMMENTS

  1. Non c’è che dire, furti, spaccio, ecc. ecc. viva il buonismo, continuiamo a fare gli struzzi e a tenere la testa sotto terra, che andrà sempre meglio. Visto che siamo un paese dedito al turismo dopo la “via dei vini” proporrei l’itinerario la “via della droga” con varie degustazioni nei nostri bei paesi d’Appennino. Che pena.

    (Lollo)

    • Firma - Lollo
    • Bravo, finalmente qualcuno che centra il vero problema! Tutto questo perbenismo strisciante che non capisce o fa finta di non capire e quindi non vuole vedere che se c’è chi vende droga evidentemente è perchè i nostri ragazzi di famiglia “bene” se la comprano. Però guai a puntargli il dito contro, meglio la caccia allo spacciatore, soprattutto se è straniero. Ipocrisia elevata al cubo.

      (Fabio Cerri)

      • Firma - FabioCerri
  2. Qui non si parla di perbenismo, si parla di legalità, lo so anch’io che la domanda c’è, ma visto che c’è anche chi la porta mi chiedo solo perchè se si sa tutto con questa dovizia di particolari le forze dell’ordine non riescono a intervenire (visto che nell’articolo descrive Castelnovo come luogo di primo smistamento). Poi se si vuole sempre buttarla sul razzismo o sull’ipocrisia fate pure. Mi fa anche ridere che la richiesta sia solo dei figli delle famiglie “bene” come se la droga oggi fosse un fenomeno elitario (io non credo proprio). Per voi che valore ha la legalità? E’ sopra l’ipocrisia? E’ sopra il cosiddetto razzismo?

    (Lollo)

    • Firma - Lollo
  3. Giriamo attorno al nocciolo del problema senza centrarlo; la panacea (o quasi) del problema sarebbe solo e sempre una: legalizzare tutte le cosiddette droghe e darle con il maggior agio e al minor prezzo possibile a chi le vuole.

    (Likud)

    • Firma - likud