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Confesercenti: “Basta sagre, è concorrenza sleale”

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In Emilia Romagna sono oltre 1.500 le attività commerciali e i pubblici esercizi che rischiano di chiudere a causa della concorrenza esercitata da attività che beneficiano di “regimi agevolati” (quali ad esempio mercatini degli hobbisti, attività temporanee di somministrazione di cibi e bevande in fiere, sagre, feste di paese, circoli privati/associazioni…), attività che seppur lecite – in quanto disciplinate da leggi statali/regionali e/o autorizzate dall’ente locale del territorio nel quale sono organizzate – godono di procedure più snelle (di tipo burocratico, autorizzativo, fiscale…). In un contesto di congiuntura assai debole tali attività sono percepite dalle imprese del commercio e dei pubblici esercizi dell’Emilia Romagna come forme di concorrenza ”sleale”.

Se 1.500 imprese rischiano di chiudere a causa di tale concorrenza, vi sono inoltre 55 mila aziende dell’Emilia Romagna (oltre il 60% del totale commercio+pubblici esercizi) che, pur non rischiando di chiudere, individuano nei regimi agevolati una componente che comprime, assieme alla congiuntura negativa, il giro d’affari della propria attività.

Alla concorrenza esercitata dalle attività agevolate, si aggiungono le difficoltà derivanti dal fenomeno dell’abusivismo commerciale e della contraffazione. Sono 10.000 le attività commerciali che in Regione risentono negativamente degli effetti dell’abusivismo commerciale.

Quello che maggiormente preoccupa è l’impatto socio-economico di tali fenomeni. L’abusivismo commerciale sottrae alle imprese del commercio della regione Emilia Romagna oltre 500 milioni di fatturato ogni anno (2,2% del fatturato del comparto). A questa cifra già significativa va aggiunto il fatturato sottratto a commercio e pubblici esercizi dai regimi agevolati (334 milioni di euro). Gli effetti della concorrenza derivante dai regimi agevolati sono rilevanti anche in relazione all’occupazione: sono 5.500 i posti di lavoro a rischio (sia per chiusura totale dell’esercizio sia per ridimensionamento del personale a causa del ridotto giro d’affari derivante da attività agevolate).

I 3 fenomeni (abusivismo commerciale, prodotti contraffatti, concorrenza da “regimi agevolati”) si inseriscono in un contesto già molto critico per le imprese. Gli esercizi commerciali vedono infatti in pressione fiscale (considerando l’insieme delle citazioni, il 70% delle imprese segnala tale fattore come un problema molto importante), aumento dell’imposizione a livello locale – TARI, IMU, … (indicato dal 31% delle imprese regionali del commercio) e debolezza congiunturale (30%) i maggiori fattori di criticità per la propria attività aziendale. Anche i pubblici esercizi segnalano analoghi fattori di difficoltà: pressione fiscale troppo alta (70%) e imposizione locale in forte aumento (47%) a cui va aggiunto l’elevato costo di energie e altre utenze. In questo contesto già molto, difficile abusivismo commerciale, prodotti contraffatti, concorrenza da “regimi agevolati” rappresentano comunque problemi molto sentiti: 4 imprese su 10 ritengono questi fenomeni critici e urgenti da risolvere. Questi sono alcuni dei dati emersi dello studio curato da Nomisma per conto di Confesercenti Emilia Romagna e presentata in occasione dell’assemblea regionale dell’Associazione tenutasi a Bologna il 23 Ottobre.

“L’impatto dell’abusivismo commerciale e delle attività “agevolate” sull’economia dell’Emilia Romagna”, questo il nome della ricerca realizzata da Nomisma che mira a fare chiarezza innanzitutto su abusivismo commerciale e contraffazione. La vendita di beni e servizi al di fuori di spazi, regole e autorizzazioni – nel primo caso – e la vendita di merci contraffatte, ovvero che riportino marchi di fabbrica, loghi, etichette e imballaggi del tutto indistinguibili da quelli validamente registrati dai titolari del marchio – nel secondo.

Accanto a queste due attività del tutto illegali, lo studio Nomisma fa luce anche sulle forme di concorrenza derivante da attività che– seppur lecite – godono di regimi agevolati tali da svantaggiare gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi: è il caso di mercatini di vario tipo, a partire da quelli del “riuso”. Simili disposizioni privilegiate riguardano anche la somministrazione di alimenti e bevande esercitate in forma di attività temporanea presso fiere, sagre, circoli privati, associazioni e in occasione di altri eventi ludico-ricreativi.

Lo studio Nomisma fa luce, per la prima volta, su tali fenomeni contestualizzando l’analisi in Emilia Romagna. Il metodo è certamente l’innovazione che contraddistingue lo studio di Nomisma voluto da Confesercenti Emilia Romagna: l’implementazione di un sistema di indagini dirette (su imprese, referenti comunali del commercio, polizia municipale) è il fulcro dell’attività di ricerca grazie al quale, per la prima volta, vi sono oggi a disposizione dati, opinioni e percezioni su tali fenomeni. La necessità di organizzare una rilevazione diretta nasce come risposta al fatto che tali fenomeni non hanno ancora un puntuale riscontro nelle fonti ufficiali.

I dati della ricerca evidenziano un fatturato di 526 milioni di euro per l’abusivismo commerciale in Emilia Romagna – pari al 6% del totale registrato in tutta Italia – fenomeno che ha riflessi sull’attività di oltre 10 mila esercizi commerciali in tutta la regione. Ammontano invece a 6 mila gli esercizi commerciali che risentono delle problematiche relative alla contraffazione. La percezione delle imprese dell’Emilia Romagna su questi fenomeni parla chiaro: se è consolidato che la pressione fiscale troppo alta sia la prima preoccupazione (problematica citata dal 70% delle imprese del commercio), abusivismo e contraffazione sono tematiche che rappresentano un elemento di forte criticità per il 27% delle imprese (con valutazione analoga ad altri fattori quali la domanda debole 30% e l’aumento dell’imposizione a livello locale, 31%).

Un quadro preoccupante è inoltre quello che concerne la concorrenza sulle imprese del commercio e dei pubblici esercizi che deriva dalle attività che beneficiano di regimi agevolati. Tali attività sottraggono un fatturato di oltre 330 milioni di euro ed incidono negativamente su 10.038 esercizi commerciali e 10.226 pubblici esercizi, di cui molti rischiano di chiudere la propria attività.

Nomisma ha stimato il numero di manifestazioni ludico-ricreative – quali sagre, fiere, feste di paese e altri eventi – presenti in Regione: sono oltre 9.700 le manifestazioni organizzate in Emilia Romagna ogni anno; di queste, sono 5.800 gli eventi in cui, grazie alla Scia (Segnalazione certificata di inizio attività), si effettua la somministrazione di cibi e bevande mediante attività in forma temporanea.

In termini di giornate i numeri impressionano: sono quasi 20.000 le giornate legate a tali manifestazioni. Questo significa che in ogni comune in media vi sono 57 giornate ogni anno legate ad eventi quali feste, sagre, fiere. Tali numeri derivano dall’indagine diretta che ha coinvolto i referenti del commercio di tutti i comuni dell’Emilia Romagna, a cui hanno aderito 106 comuni. Accanto a tale mappatura, il quadro delle manifestazioni è stato completato attraverso i numeri derivanti dalle pubblicazioni dell’assessorato regionale del commercio e del turismo e dall’analisi della sitografia.

Tali numeri testimoniamo la preoccupazione delle imprese: somministrazione di cibi e bevande in sagre, fiere, circoli … è l’attività che, nella percezione delle imprese, sottrae più di altre giro d’affari ai pubblici esercizi (55% ha questa opinione). La valutazione delle imprese su tali eventi è legata al forte aumento di manifestazioni, non più necessariamente legate alla tradizione produttiva e alla conseguente promozione e valorizzazione del territorio e delle sue eccellenze. Gli esercizi commerciali soffrono invece maggiormente dei fenomeni legati alla vendita in strada (24%), in spiaggia (21%), durante mercatini occasionali (19%) e degli hobbisti (12%).

18 COMMENTS

  1. Ma scusate le manifestazioni sono sempre esistite… C’è da dire che le persone si divertono di più mangiando in una fiera, in un circolo, e spendono di meno, che in un pubblico esercizio tipo ristorante… Poi sull’abusivismo e contraffazione è tutt’altra cosa, bisognerebbe difendere il made in Italy…

    (Saida Petrocchi)

    • Firma - saidapetrocchi
  2. E’ un fenomeno che si regista anche in montagna, particolarmente durante il periodo estivo. Ormai ogni occasione è buona per fare feste paesane anche di una certa entità che durano uno o più giorni e ovviamente in quelle serate i pubblici esercizi dei dintorni ne risentono. Senza considerare la vendita dello gnocco fritto da parte delle associazioni di volontariato o dai circoli privati e la vendite delle torte da parte delle scuole, ecc. Indubbiamente tutto viene svolto con nobili scopi ma bisogna anche dire che certamente le associazioni e le scuole non hanno i controlli rigidi da parte delle Asl e dei comuni che subiscono i pubblici esercizi i quali regolarmente pagano le tasse su ogni minimo bene venduto. Occorre maggior controllo e porre anche dei limiti a queste manifestazioni specialmente in un momento così critico.

    (A.L.)

    • Firma - A.L.
  3. Questo articolo mi inquieta. Mi fa immaginare uno scenario in cui non sia più possibile per le persone avere momenti di festa e di aggregazione, momenti nei quali le persone si incontrano trascorrendo qualche ora in compagnia condividendo gioia e obiettivi collettivi, che portano tanta gente ad uscire dal proprio piccolo cerchio familiare. Quando ero piccola (e questo capitava diversi decenni fa) i locali pubblici che fornivano cibi e bevande erano molti di meno poi, stimolati da un periodo di vacche grasse, si sono moltiplicati come funghi. Forse nell’analisi dei problemi del settore andrebbe tenuto in considerazione anche questo di tipo di concorrenza. Mi auguro che non si voglia arrivare ad ostacolare forme di socializzazione che nella moderna società individualistica hanno un valore che va al di là del dio denaro.

    (Anna Maria Gualandri)

    • Firma - AnnaMariaGualandri
  4. Io come molti altri riteniamo che da tempo non si più economico mangiare alle sagre e fiere varie. E’ innegabile che, in alcune di esse, siano stati ritoccati i prezzi e che alla fine della serata spendi circa quello che spenderesti in un ristorantino e/o osteria. Inoltre è aumentato in modo incontrollato il numero delle manifestazioni con accompagnamento culinario soprattutto nel periodo estivo. Queste sono sicuramente piacevoli occasioni per incontrarsi ma, visto il numero e il costo, mi vedo costretto a centellinare e scegliere qualle a cui partecipare. Inoltre mettetevi nei panni di chi gestisce un locale (pizzeria-bar-ristorante, ecc.) che nel periodo estivo, che dovrebbe portargli maggior denaro, si trova spesso il locale vuoto. La soluzione potrebbe essere non quella di vietare le sagre ma quella di regolarizzarle dal punto di vista fiscale (ora totalmente assente per loro) in modo da non essere più una concorrenza sleale per i locali.

    (Alessandro)

    • Firma - Alessandro
  5. Potrei anche essere d’accordo con l’estensore dell’articolo, ma mi chiedo ed estendo la domanda ai commercianti che si sentono “defraudati” di un sicuro introito. Avrebbero le stesse presenze i paesi ed i borghi senza qualcuno che organizzi feste e manifestazioni varie, anche con accompagnamento culinario? Tenendo presente che la maggior parte delle manifestazioni sono organizzate da Pro loco, per movimentare appunto il turismo estivo ed invernale. Faccio anche una proposta, se volete provocatoria, perché non sono gli stessi commerciati ad organizzare eventi e manifestazioni, scendendo in piazza anche con la ristorazione, visto che il guadagno è assicurato?

    (MB)

    • Firma - mb
  6. Complimenti alla Confesercenti per la brillante analisi economica. “Tagliamo le gambe” a chi cerca di mettere un poco di vita nei nostri paesi nella pia illusione che eliminando le feste si riempiranno i ristoranti. Sono sicuro che anche in Trentino seguiranno il nostro esempio (perché su di lì, chissà perché, di feste ne fanno proprio tante). Domanda: ma la birra agli organizzatori delle feste non la vendono dei commercianti? Non rientra anche questo nel PIL?

    (Lorenzo)

    • Firma - Lorenzo
  7. Questa mi sembra una grande assurdità! Partecipo attivamente con il volontariato alla vita di un circolo, con i profitti ricavati dalle manifestazioni, negli anni, abbiamo restaurato un oratorio, risistemato la piazzetta del paese, costruito un parcheggio ed un piccolo parco per i bambini! Con la nostra opera abbiamo riqualificato un paese a nostre spese, senza interventi dalla pubblica amministrazione. Se chiudiamo il circolo poi queste spese le sosterrà il Comune prendendo i soldi nelle tasche dei cittadini, che poi non potranno più permettersi di recarsi al ristorante. Forse questo vuole la Confesercenti? E il turismo? Togliendo le sagre e le feste paesane credo si andrebbe a dare un’altra bella bastonata all’indotto del turismo, soprattutto nelle nostre montagne!

    (Stefano)

    • Firma - Stefano
  8. Non ho parole! C’è gente che d’estate si fa anche un’ora e mezzo di viaggio per partecipare ad alcune feste paesane. I ristoratori, baristi, esercizi commerciali si sono mai chiesti perchè queste stesse persone non fanno lo stesso per andare da loro e sempre? Forse perchè non sono più appetibili. Bene, vogliamo che feste come quella di Sole o la tortellata di Campolungo siano dimezzate? Bene, allora tu, caro commerciante, quando non c’è la festa paesana mi offri una cena allo stesso buon prezzo e dell’intrattenimento gratuito. Allora io vengo nel tuo locale. In più, se fossi onesto, visto che queste feste non sono fatte per ingrassare le tasche del singolo ma di una comunità o di una ONLUS, doneresti anche una piccola parte del tuo guadagno allo stesso scopo. Proviamo?

    (Stefano Ganapini)

    • Firma - stefano ganapini
  9. “Questo articolo mi inquieta – Questa mi sembra una grande assurdità! – Non ho parole!”, sono espressioni estratte dai commenti, che a me non paiono il modo ideale per accostarsi ad un problema che non si può obiettivamente definire inesistente, anche perché c’è chi ritiene che andasse sollevato già da tempo, pur se non è la prima volta che ne sentiamo parlare (forse senza il corredo di dati che ritroviamo in questo articolo). Nel contempo non si può ignorare che le feste paesane rappresentano indubbi momenti di aggregazione e socializzazione e può altresì non essere semplice conciliare le diverse esigenze ed aspettative, ma allora si potrebbe semmai dire che il problema posto non ha soluzione, che è cosa ben diversa dal ritenerlo insussistente o inconsistente. Personalmente ritengo invece che la questione, pur se abbastanza complessa, non sia da lasciar cadere, nel senso che va ricercata in proposito una giusta ed equanime soluzione, anche perché se da un lato “le manifestazioni sono sempre esistite”, come sostiene uno dei commenti, va nondimeno riconosciuto che stante la crisi in atto i titolari di pubblici esercizi possono incontrare oggi maggiori e reali difficoltà rispetto al passato e ogni forma di “concorrenza” può dunque rivelarsi non trascurabile ai fini di continuare la propria attività.

    (P.B.)

    • Firma - P.B.
  10. Nomisma. Ma chi sono costoro? O meglio, visto che sappiamo benissimo chi sono, quanto è costata questa indagine? Come sono stati rilevati questi numeri? Sparare cifre a caso siamo capaci tutti. Detto questo, ma sì, non facciamo più feste, sagre, fiere, manifestazioni ludiche. Non facciamo la Fiera di San Michele, i mercati paesani, ecc., ecc. Chiudiamo tutte le associazioni di volontariato che cercano di raggranellare qualche euro per beneficenza o per opere sociali. Spegniamo il paese e tutte le sue iniziative che cercano di portare un po’ di gente che, magari, vedendolo una volta, potrebbero tornare per spendere qualche cosa. Sempre che il mondo del commercio si stacchi dalla teoria del cassetto serale e non guardi avanti con nuove proposte. che ne dite? Confesercenti, questa è una idea geniale, non l’avevo mai pensata ma ora che mi fate riflettere… Saluti.

    (Sergio)

    • Firma - Sergio
  11. Chiedo a chi urla tanto, avete idea delle norme e dei costi che deve sostenere chi tiene in piedi esercizi pubblici? Avete idea di cosa sia un manuale Hccp o un manuale degli ingredienti o uno studio di settore (solo per citare qualcuno dei tanti adempimenti)? Forse no, se fossero imposti anche alle sagre in piazza non vi accanireste tanto. In quanto ai prezzi non mi pare che ci sia questa grande differenza, anzi, la differenza è che molti esercizi pubblici in questi anni hanno e stanno cercando di sopravvivere, ma se continuiamo a ragionare in certi termini non si sa per quanto reggeranno. Ultima cosa. Non mi pare poi così corretto sparare addosso ai bar/ristoranti, mi pare che spesso si passi da questi per ricevere “contributi” proprio per la festa/sagra del tal paese o della tal associazione… e mi pare che non venga negato.

    (B.Z.)

    • Firma - (B.Z.)
  12. La nostra montagna continua a spopolarsi. Le manifestazioni maggiormente significative attraggono persone anche da altre provincie e non solo da Reggio. Quando in un paesino di 200 abitanti arrivano 2000 persone credo che ne guadagnino tutti, non ultimi i diversi esercizi commerciali. Insomma, quando c’è gente abbiamo pane per tutti e magari qualcuno si innamora delle nostre valli e ritorna. So per esperienza diretta con quanto amore i montanari lavorano gratuitamente per un progetto ben definito di beneficenza. La Confesercenti farebbe meglio ad allargare la visuale e lavorare per progetti che integrino ristorazione, alberghi e turismo fornendo weekend tutto compreso. Per fare questo genere di iniziative occorre costruire e trasformare le idee in realtà, forse è più comodo continuare a versare bicchieri di Lambrusco in feste insensate attorno al bancone del bar.

    (Alberto Magliani)

    • Firma - Alberto Magliani
  13. Sono d’accordo con Alessandro e PB. Le feste in questi ultimi anni sono aumentate troppo: in alcuni comuni abbiamo tortellata, festa della castagna, polentata ecc, spesso anche per iniziative di beneficenza, ma sono veramente tante! Per cui io penso che una regolamentazione e una tassazione sui rifiuti ci dovrebbe essere.

    (Marita)

    • Firma - Marita
  14. Fiumi di numeri e di parole. Nessuno dice, però, che in linea di massima, l’igiene e la pulizia tanto invocati in molte occasioni, e i controlli degli enti preposti, sono solitamente di gran lunga superiori nei posti fissi, piuttosto che in sedi provvisorie e di breve durata, come lo sono le feste e festicciole. Questa non lieve differenza è da capire e da giustificare a causa dei diversi mezzi a disposizione. Sicuramente questa è una mia opinione che sicuramente sarà sbagliata ma, detto questo, concordo al massimo con chi sostiene che ben vengano le feste, che attirano molte, tantissime persone. Detto questo, nessuno dice che per organizzare queste feste occorre parecchio materiale mangereccio e questo, di solito, viene acquistato in loco incentivando in questo modo l’economia della nostra zona. Non certo la fortuna sarà per i piccoli negozi forniti di roba di prima qualità, ma purtroppo con prezzi un po’ più alti, ma sicuramente la fortuna sarà per super centri commerciali, Coop comprese… e perchè questo ente Nomisma così ben attento (o pagato) a rilevare “regimi agevolati” non guarda un po’ più in alto? Grazie.

    (Elio Bellocchi)

    • Firma - (eliobellocchi)
  15. Quanto citato sopra dalla Confesercenti è tutto condivisibile, aggiungo il mio rammarico per la chiusura di tanti esercizi commerciali, penso anche non tutti attribuibili solo alle feste delle varie associazioni! Ma magari alle tasse e alle varie spese di gestione che devono sostenere i vari esercenti, penso allo spopolamento della montagna, lenta, inesorabile e costante da tanti anni, penso ai prezzi, penso a scontrini, ricevute, fatture non emesse! Perchè purtroppo la maggior parte dei nostri esercenti si dimentica. La crisi ha colpito non solo i nostri esercenti ma anche i privati cittadini e le tasse vanno pagate, ma da tutti però! Ognuno fa i conti a casa propria! Partecipare ad una festa paesana ora come ora è molto più conveniente che andare al ristorante o in pizzeria, ovviamente con tutti i pro e i contro e la Confesercenti faccia il proprio dovere fino in fondo, però! Non solo lamentele, controlli, controlli…

    (Marco M.)

    • Firma - marco.m