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Aprile, 2. “La vendetta”

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SCHERZOProprio ieri abbiamo dato notizia dell’imminente chiusura di questo sito.

Tutto vero quanto scritto nel nostro editoriale, prossimo il rinnovo delle cariche consiliari e nessuna figura all’orizzonte che sostituisca l’attuale presidente, Pietro Ferrari.

Vero anche l’impegno quotidiano che tenere aggiornato questo giornale comporta (nell’ambito delle nostre possibilità e conoscenze che riconosciamo essere limitate); vere le ore rubate al sonno, agli amici, ai familiari senza che questo ci faccia sentire dei martiri dell’informazione, ci mancherebbe, ma magari un po’ stanchi questo sì, ce lo concederete.

Perciò oggi, 2 aprile, ringraziamo quanti hanno commentato dispiacendosi della notizia e anche quanti hanno atteso per vedere pubblicato il proprio commento: quelli che l’avevano capito che era uno scherzo!

Lo scherzo vero, che facciamo oggi, è invece rivolto agli immancabili detrattori (“molti nemici molto onore”, disse Giulio Cesare) assicurandoli che il servizio continuerà, che noi profonderemo sempre lo stesso impegno e, speriamo, le stesse energie che ci hanno condotto ai risultati citati nell’articolo di ieri.

Ce lo passate? Tiè!

* * *

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5 COMMENTS

  1. Occhio però che “molti nemici molto onore”, non lo disse Cesare, ma Benito Mussolini, in un discorso pronunciato a Roma il 23 novembre 1931.

    (Commento firmato)

    * * *

    E prima di lui Gaio Giulio Cesare, riferendosi ai Galli.

    “Cesare ritenne rischioso spingersi troppo in là, perché si frapponevano selve e paludi, e si rendeva conto che non c’era modo di infliggere agli avversari il benché minimo danno. Così, quel giorno stesso, senza nessuna perdita, raggiunge Cicerone. Qui, con stupore, vede le torri costruite, le testuggini e le fortificazioni dei nemici; quando la legione viene schierata, si rende conto che neanche un soldato su dieci è illeso; da tutti questi elementi giudica con quanto pericolo e con quale valore sia stata affrontata la situazione: loda pubblicamente per i suoi meriti Cicerone e i soldati, chiama individualmente i centurioni e i tribuni militari che – lo sapeva per testimonianza di Cicerone – si erano distinti per singolare valore. Dai prigionieri apprende altri particolari sulla fine di Sabino e Cotta. Il giorno seguente riunisce le truppe, descrive l’accaduto, ma rincuora e rassicura i soldati; spiega che il rovescio, subito per colpa e imprudenza di un legato, doveva essere sopportato con animo tanto più sereno, in quanto, per beneficio degli dèi immortali e per il loro valore, il disastro era stato vendicato; la gioia dei nemici era stata breve, quindi il loro dolore non doveva durare troppo a lungo”.

    (red)

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