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Balla coi lupi. Una nota di Enrico Bussi della Associazione Rurali Reggiani

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lupo foto

Il lupo montanaro

La cronaca scrive che il lupo investito a Rivalta (13/4) sia sceso dai monti di recente per cercare prede. Le cose non stanno così, Willy Reggioni del Wolf Appennine Center ha messo in chiaro la situazione nel convegno degli amici del lupo a Villa Minozzo (9/4) spiegando che siamo davanti a un successo: i lupi erano scomparsi da noi all’inizio del ‘900 ma dopo gli interventi per la sua difesa e l’iniziativa del Parco la specie ha raggiunto un’espansione piena e si è moltiplicata di almeno 20 volte. Ora le famiglie di lupi controllano l’intera provincia e sono stabili nelle zone basse più che in quelle alte. Un altro successo della risalita lungo l’Appennino sarebbe la congiunzione col lupo sloveno avvenuta lungo il versante sud dell’arco alpino (i Paesi dell’altro versante lo fanno fuori).

Nello stesso convegno il comandante Fedele del Corpo Forestale precisa che risiede a Reggio in piazza Fontanesi e andando spesso in giro per boschi può dire di non preoccuparsi per la diffusione di questa biodiversità, inoltre da oltre cent’anni sulla stampa non si trovano notizie di aggressioni del lupo, sono aumentate invece quelle delle zecche la cui pericolosità è nota all’USL. Un intervento non sincronizzato col primo, se da un secolo l’uomo ha eliminato il lupo dal nostro territorio è pure riuscito nel sano intento di prevenire il danno agli animali e i rischi alle persone.

Il lupo a tavola

Altri studiosi del lupo hanno confermato a Villa che non aumentano i pericoli del lupo e invece crescono quelli causati da patologie psichiatriche dell’uomo. C’è chi teme per la sicurezza del proprio cagnolino pur abitando nel quartiere recintato. C’è chi sta nel condominio cittadino, adora la bestia demonizzata dalle favole e cerca di avvicinarla di notte offrendogli bocconi. Si tratta di due vittime dell’ambiente inventato, la loro cecità li spinge a scontrarsi e, in effetti, mentre s’aggirano nel buio, sospinti dall’incubo oppure dall’emozionante attesa della bestia, potrebbero inzuccarsi. Sarebbero queste le nuove minacce per la convivenza e la sicurezza in una società che assiste alla TV incantata, una tragicommedia che mette altre bestialità di fianco al lupo.

Lo squilibrio diffuso

Il capriolo recita la parte di preda sacrificata alla biodiversità e non sempre riesce a sottrarsi alle zanne della fiera. Il cacciatore trova sleale la concorrenza fuori dal programma per l’abbattimento e innalza una protesta ferma. Il bosco ha le piante giovani seccate a primavera per liberare le corna al capriolo e diventa sterile. Le zecche arrivate con l’ungulato passano volentieri al sangue umano. L’ungulato insegue la femmina balzando in autostrada, nelle strade e si caccia tra le ruote con incidente grave. Il passante viaggia tranquillo verso casa, come il pensionato sullo scooter a Massenzatico, allorché lo abbatte il capro e muore escluso dalla protezione ambientale. Il PSR intende programmare lo sviluppo del rurale, ma la Regione nostra sostiene la priorità della bestia. L’istrice è ultimo tra i ben introdotti, è difeso da un involucro di aghi, è ghiotto di patate e impone di allestire un recinto doppio per difendere il campo e l’orto. Gli animali bassi potrebbero ruspare nella quiete agreste, ma offrono sacrifici dovuti alla biodiversità lupestre secondo l’equilibrio immaginato negli uffici alti. L’amante delle impressioni visive prova fastidio al crescere delle barriere difensive, però non vede costruire case cittadine contornate da ringhiere orrende, inutili e offensive. L’allevatore subisce danni per puro ghiribizzo, sente ventilare la lunga procedura per arrivare a un piccolo indennizzo e non riesce a contenere una profonda incazzatura. La famiglia isolata e in equilibrio a coltivare il suo ambiente è colpita dallo squilibrio nelle teste e pensa giustamente: il cittadino faccia recinti nel parchetto urbano per la presenza della lupa col lupetto, in modo da soddisfare il desiderio suo di convivenza con la bestia, la bestiola e il cagnetto.

(Enrico Bussi, associazione rurali reggiani)

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  1. Buongiorno, leggendo il suo articolo disordinato e incomprensibile non ho potuto non notare la grande confusione in cui versa il suo stato. Abito in montagna da una decina d’anni dopo aver abitato per 25 anni in città a Reggio Emilia e sinceramente continuo a non capire chi come lei veda di continuo dei problemi nel rapportarsi con la splendida natura e la splendida fauna che ci circonda. Se pensate di poter fare tutto quello che volete auto eleggendovi a comandanti e supervisori della catena alimentare continuerete a fare dei danni enormi al sistema naturale di cui (dobbiamo sempre ricordarci) anche noi esseri umani facciamo parte. Abbiamo continuato per decenni a sterminare tutto quello che credevamo fosse in competizione con noi creando degli squilibri a volte non sanabili. Se vogliamo vivere in posti a contatto con la natura dobbiamo accettare di non essere gli unici, se questa idea non ci piace siamo liberissimi di andarcene ad affollare le città in cui molti di noi si sono rinchiusi. Per quanto riguarda me e le persone amiche che nella mia zona cercano di vivere in natura con rispetto e ammirazione non si preoccupi, più fauna c’è e meglio è, e visto lo stato in cui versa il mondo degli umani forse dovremmo fermarci ad osservarli più spesso, penso che avremmo molto da imparare.

    (Massimiliano Garuti)

    • Firma - Garuti Massimiliano
  2. Con tutto il rispetto per la bellissima natura che ci circonda, si deve trovare una soluzione per garantire a chi ancora è così coraggioso da investire in montagna come allevatore una adeguata protezione. Credo che un riconoscimento economico a chi realmente subisce danni ingenti a causa dei lupi sia dovuto. Non è giusto che un allevatore debba creare a proprie spese strutture per garantire ai suoi animali protezione, quando prima del reinserimento del lupo non c erano problemi di sicurezza. In Stati dove il numero dei predatori incide notevolmente sulle attività di allevamento, tipo Canada e Australia, gli allevatori ricevono contributi sia per la prevenzione delle misure da adottare contro i predatori, sia risarcimenti a danno certificato. Applicano in caso anche misure ben più drastiche.

    (Giovanni Onfiani)

    • Firma - Giovanni Onfiani
  3. Un tempo chi risiedeva in montagna viveva in prevalenza dei frutti della terra e di quanto ricavava dall’allevamento del bestiame, cui si aggiungeva poi tutto l’indotto, nel senso che vi era un uso “utilitaristico” del territorio, del quale usufruivano peraltro anche altre zone, pianura e città incluse, che impiegavano ed apprezzavano i prodotti agricoli e zootecnici montani (come periodo possiamo ad esempio riferirci al secondo dopoguerra, vale a dire anni che alcune delle nostre generazioni ricordano per testimonianza diretta). L’uomo era al vertice di quel sistema ma aveva comunque trovato gli equilibri con quanto lo circondava, e quanto poteva essere semmai “in competizione” col suo lavoro, e lo sfruttamento della “natura” avveniva in maniera rispettosa e conservativa, non fosse altro per mantenere la sua produttività, nel senso che l’uomo doveva preservare il “capitale” che gli permetteva di campare, e anche di guadagnare. Poi nella nostra società sono intervenuti tutti i cambiamenti che sappiamo, tra cui il progressivo esodo dalla campagna e oggi c’è probabilmente chi ritiene che la nostra terra di montagna abbia perso o quasi la sua storica funzione, quella cioè di fornire la materia prima per i nostri alimenti, vuoi perché è più semplice e meno costoso ottenerla altrove, ossia laddove i terreni sono più comodi e facilmente coltivabili, vuoi perché, se occorre, la possiamo importare e c’è inoltre chi, amante di un ambiente più naturale e meno antropizzato, predilige vederlo popolato di tanta e svariata fauna selvatica, indipendentemente dalle ricadute ed effetti sulle attività agricole. Tante teste tante idee, dice la vulgata, e se questa nuova mentalità, riguardo giustappunto all’utilizzo della terra avesse via via a prevalere sulla concezione più vecchia e tradizionale quanti sono legati a quest’ultima, anche per ragioni di età, vedi lo scrivente, dovrebbero farsene loro malgrado una ragione e rassegnarsi, ma intanto andrebbe comunque garantita una “adeguata protezione” a ciò che cerca di produrre “chi ancora è così coraggioso da investire in montagna”, quale agricoltore ed allevatore, come dice giustamente il secondo commento (almeno così mi sembra).

    (P.B.)

    • Firma - P.B.
  4. Aggiungiamo il fatto che c’è gente che non è ancora “abbastanza coraggiosa” da investire in montagna, ma che forse lo sarebbe se si dessero risposte e “adeguata protezione”, come giustamente scrivete, a chi già, della montagna, vive.

    (Roberto da Casina)

    • Firma - RobertodaCasina
  5. Mi spiace sentire ancora tante persone pensare solo a quello che è il tornaconto umano. Vorrei chiedervi chi siamo noi per decidere che determinati esseri viventi non debbano esistere. L’essere umano nei secoli ha sempre pensato di essere migliore di altre specie e dato che sentiva e sente tuttora di non riuscire a convivere con esse pensa di doverle sterminare. Per cosa? Per poter sentirsi liberi di andare nel proprio boschetto a tagliare la legna? Per allevare il proprio bestiame senza far mai i conti con la natura? Come quel signore che racconta sulla Gazzetta di essere stato aggredito da due lupi. Oddio, poverino, chissà magari non erano neanche lupi ma cani randagi. I lupi non sono grossi e soprattutto non attaccano l’uomo. Nessuno dice: oh che paura andare nei boschi, magari incontro un cinghiale che mi attacca. Nessuno pensa ad esso come animale pericoloso, invece se incontrato con i suoi cuccioli lo diventa. Inoltre non dimentichiamoci che l’essere umano è l’animale più pericoloso che ci possa essere sulla terra, non rispetta niente, è un parassita che pensa solo a prendere, prendere, prendere e mai dare. Ora, detto questo, credo che le persone che hanno aziende agricole più a stretto contatto con zone sensibili debbano essere aiutate, ma non eliminando lupi. Bisognerebbe che lo Stato stanziasse più finanziamenti per chi vuole fare questo tipo di lavoro. Ci sono molti giovani e non che vorrebbero aprire aziende agricole ma non ne hanno la possibilità economica. Non è il lupo che li ferma.

    (Nelly)

    • Firma - Nelly
  6. Tutti dicono tante belle parole ma anche tante cose non vere. Come prima cosa il lupo non è stato mai reintrodotto nelle nostre montagne, è venuto da solo seguendo la selvaggina che scarseggiava sulle Alpi e nei Balcani. Altro errore è dire che il lupo non attacca l’uomo, chiaro se è uno e non ha fame scappa davanti all’uomo, ma se è un branco di 5 o 6 e hanno fame, l’uomo diventa una preda come tutti gli altri animali. Io ho parlato con tante persone che abitano nel comune di Carpineti e comuni limitrofi e la maggior parte delle persone ha paura, non si azzarda più ad andare a funghi o a fare passeggiate nei boschi. E’ vero che anche il cinghiale se ha i cuccioli diventa pericoloso, ma se ti carica lo fa per difesa e se stai attento non ti carica, il branco di lupi se ha fame ti attacca per mangiarti come è nella sua natura. Ora, che il bosco sia degli animali e non degli uomini, ok mi va bene, non ci vado più e amen, ma i lupi sono stati visti nei cortili delle case, hanno mangiato cani e altri animali da cortile. Se una sera rientri a casa e ti trovi 4 o 5 lupi nel cortile di casa che fai?, chiami il WWF? O se un bambino che gioca in cortile viene azzannato dai lupi che si fa? Il lupo è un animale carnivoro (mangia carne) e noi siamo carne, quindi possibili prede. Premetto che io non sono un cacciatore e non amo la caccia, ma se un cacciatore uccide un lupo per salvare se stesso o il suo cane, non dovrebbe essere sanzionato. Credo che sindaci, guardie forestali e altri addetti ai lavori debbano seriamente prendere le misure necessarie per diminuire il numero dei lupi che girano vicino ai centri abitati e fare in modo che trovino cibo in alta montagna, dove non trovino conflitti con allevatori e abitanti.

    (Max Carpineti)

    • Firma - max carpineti
  7. Cito: “ho parlato con tante persone che abitano nel comune di Carpineti […] la maggior parte delle persone ha paura, non si azzarda più ad andare a funghi o a fare passeggiate nei boschi. “Se una sera rientri a casa e ti trovi 4 o 5 lupi nel cortile di casa che fai?” “O se un bambino che gioca in cortile viene azzannato dai lupi che si fa?” Quanti sono i morti all’anno di incidente stradale? Quanti per incidenti sul lavoro? Sparati per errore da un cacciatore? Mogli ammazzate dai mariti? Bambini molestati da pedofili? E quanti sono i morti da lupi negli ultimi 200 anni? Zero. Forse ci dovremmo preoccupare più dell’educazione stradale, della sicurezza sui luoghi di lavoro, dei pedofili o dei mariti violenti. Ma aver paura dei lupi nel bosco… proprio no.

    (AG)

    • Firma - AG
  8. Una replica a Max che credo dovrebbe documentarsi meglio prima di fare terrorismo psicologico nei confronti del tema dei lupi. Innanzi tutto consiglierei lui e le persone che a suo dire sono molto preoccupate su questo tema di informarsi per conoscere ciò di cui si parla e magari partecipare alle serate informative che esperti come biologi, etologi e non promuovono nei territori, almeno per cercare di capire di cosa si parla; poi mi rendo conto che noi italiani tendiamo a farci una opinione solamente leggendo i titoli dei quotidiani che oramai scrivono cose molto lontane dalla realtà, ma sarebbe un buon cambio di mentalità. Detto questo, il lupo non ha avuto bisogno, come dice Max, di scendere dalle Alpi e dai Balcani, Alpi dove oltretutto non è praticamente presente ma piuttosto sarà risalito, visto che dopo lo sterminio perpetrato a danni suoi, di orsi, linci (praticamente tutti i predatori in cima alla catena alimentare); gli unici esemplari rimasti di lupo italico erano un centinaio, tutti nell’Italia centrale e meridionale. Per quanto riguarda la paura di attacchi del lupo nei confronti dell’uomo sento dire cose aberranti che non fanno altro che creare paura e terrore tra la gente che poco si informa, non c’è mai stata, e ripeto mai, in Italia, negli ultimi 100 anni, una segnalazione per attacchi di lupi nei confronti dell’uomo. Queste non sono favole come quelle coniate a doc per spaventare i bambini, basta controllare negli schedari della guardia forestale o degli altri organi preposti. Se Max si documentasse saprebbe anche che un branco di lupi nel nostro Appennino va dai 2 ai 4, 5 elementi massimo che controllano 100 km quadrati di territorio. Stiamo parlando di 30 lupi, se va bene, in tutta la nostra provincia. Il lupo è da 150 anni che si tramanda geneticamente la diffidenza e la paura verso l’uomo, ben ricordandosi ciò che gli ha fatto e quindi avvertendolo come principale pericolo in natura. Altro tema è quello dei branchi di cani randagi o di ibridi che avendo avuto a che fare con l’uomo (a volte avendo subito maltrattamenti) hanno imparato a conoscerlo e a non avere paura. E’ un tema complesso che come molti va affrontato con attenzione, chiedo però ai miei concittadini di non farsi trasportare dalle proprie paure come spesso accade a noi italiani, ma di cercare di informarsi meglio su questo come su altri argomenti, ognuno chiaramente in base alle proprie sensibilità. Viviamo in un Paese stupendo, il paese in Europa con la più grande biodiversità, un Paese che deve imparare a convivere e a valorizzare anche questi aspetti come viene fatto in altri paesi, per trasformare quelli che possono essere vissuti come dei problemi in occasioni anche per un rilancio del territorio dal punto di vista ecoturistico come per l’orso e il lupo in Abruzzo. Non cadiamo negli errori del passato, noi italiani possiamo fare di meglio.

    (Massimiliano)

    • Firma - Massimiliano
  9. Secondo due dei commenti sono cent’anni, o duecento, che non si registrano attacchi di lupi nei confronti dell’uomo e questo è un dato “storco-statistico” di sicuro rilievo e del quale va preso doverosamente atto, se non altro fino al momento in cui avessimo informazioni di segno diverso ed opposto. Tuttavia, sempre con riferimento al passato, non ricordo di aver letto di lupi che si siano accostati così tanto alle abitazioni umane da entrare financo nei cortili – come da un qualche tempo a questa parte viene segnalato – salvo probabilmente quando vi siano stati spinti dalla fame durante inverni particolarmente rigidi ed inclementi, con abbondanti e copiose nevicate (e non pare il caso di quanto succede oggigiorno). Se l’avvicinarsi alle case è divenuto effettivamente un fenomeno piuttosto frequente, e non v’è motivo di dubitarne viste le ripetute notizie in tal senso, significherebbe che questa specie selvatica ha perso l’atavica diffidenza e paura verso l’uomo “che si tramanda geneticamente da 150 anni”, e dovremmo allora capire se questo fatto può preludere ad ulteriori comportamenti “nuovi” del lupo (non è fare allarmismo, ma semplicemente voler comprendere il perché di una abitudine un tempo inusuale, o sconosciuta). In proposito non va ovviamente ignorato il pensiero di chi ritiene che gli animali che si avvicinano all’uomo sarebbero soggetti ibridi, ossia incroci lupo-cane, pur se tutti gli avvistamenti che vengono riferiti parlano di animali che hanno le sembianze di un lupo, e così appaiono pure nelle immagini fotografiche che vediamo pubblicate, almeno agli occhi dei più quando capita di ragionarne. E’ fors’anche possibile che le apparenze siano ingannevoli, vi siano cioè animali che sembrano lupi e sono invece ibridi, perché i caratteri del lupo risultano dominanti – anche se c’è chi dice che qualche segno richiamante il cane dovrebbe pur comparire – e a questo punto sono soltanto i dati genetici che possono aiutarci a risolvere il dubbio, trovar cioè risposta all’una o all’altra tesi, e visto che sentiamo non da oggi parlare di ricerche sul DNA sarebbe forse opportuno che le relative risultanze venissero quanto prima divulgate (in modo che il confronto delle opinioni possa disporre di un importante elemento).

    (P.B.)

    • Firma - P.B.