Home Cronaca La “Piccola storia” di Dilva Attolini

La “Piccola storia” di Dilva Attolini

6
0

Anna era arrivata nella sua città Reggio Emilia, poi aveva proseguito per la più lontana Bologna, affiancata e intravista dalla tangenziale. Era uscita a Interporto e per fortuna aveva ritrovato la campagna, e un piccolo paese con il campanile.

Era una triste occasione. Le era rimasto il dolore nel cuore.

Poi, della giornata, negli occhi di Anna, le si erano appiccicati dentro il traffico, il caos, le muraglie di pannelli antirumore e il fiume di auto e camion.

Aveva ripensato immediatamente alla battaglia per salvare il Punto Nascite tra le montagne del suo paese, e alla paura che l’assaliva nel profondo per un inevitabile declino.

Voleva vivere in montagna, voleva stare da quelle parti, voleva abitare in Appennino, voleva stare sulle strade giuste, voleva un vivere più lento, per i suoi figli e nipoti. Voleva che i suoi discendenti nascessero circondati dal verde dei monti.

Aveva provato una rabbia immensa verso i politici. Il caos era anche una loro creazione e continuavano a farlo.

Dal suo paese era arrivata a Reggio Emilia verso le tre e mezza del pomeriggio. Pensava che  a quell’ora molti fossero a lavorare negli uffici e nelle fabbriche, invece il traffico era intenso, si procedeva a passo d’uomo. Mezz’ora per arrivare dal paese alle porte di Reggio, mezz’ora per attraversare la città.

Era rientrata a Reggio da Bologna alle sette e mezza, verso sera, e non era cambiato niente, stessa marea di auto.

Non poteva che riflettere con grande tristezza.

Come una mente impazzita continuava a collegare tutti i pensieri sul futuro dell’ospedale all’ombra della Pietra che, per caso, aveva un nome molto simile al suo.  Ma cosa pensano coloro che studiano e stendono i piani regolatori?

Si rendeva conto che continuavano a progettare un futuro di accentramento urbano, alveari circondati da formiche, come molti montanari sostenevano. Questa forma di irrazionalità agiva proprio nelle sfere più alte della programmazione e del governo,  il luogo della conoscenza e della cultura.

Ora stavano progettando il MIRE, Maternità Infanzia Reggio Emilia, punto nascita bellissimo e all’avanguardia, ma lontano dagli abitanti della periferia. In un futuro non lontano, tutte le donne della Provincia, dai monti al Po, dovranno partorire a Reggio Emilia???

Perché? Se così fosse, Anna arrovellava strani pensieri. Forse lo fanno per l’eccellenza, ma anche per il loro onore, per far vedere che hanno grandi idee, per glorificarsi. I disagi li lasciano alla gente comune. A loro basta il racconto del mondo di un progetto bellissimo per la città ma troppo lontano dal resto del territorio. Era ritornata al suo paese sicura della necessità di continuare a lottare. Ciò che si perde, non si recupera più.

Dilva Attolini