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Nepal andata e ritorno, giorno 1. Di Fabrizio Silvetti

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Giorno 1
Non amiamo che ciò che conosciamo.

Piano piano, anno dopo anno è decantato il suo aspetto più appariscente.

La prima volta che ho respirato lo smog di Kathmandu mi ha assalito, ed è subentrato l'affetto per la sua capacità di sorridere di niente, per il contrasto tra spiritualità e ritualità quasi superstiziosa che ne permea i muri, per i visi degli amici.
Vivere qui sarebbe impossibile, pochi giorni bastano a sfiancare, ma il desiderio di tornare, anche solo dopo pochi mesi, si fa urgente.
Probabilmente l'aver vissuto, iniziando da qua, periodi importanti della mia vita, lo hanno reso ai miei occhi immagine di profondità e felicità.

Una sorta di transito verso l'intensità.

Camminare per le affollate e sorprendenti vie che portano al suo cuore, fatto di mercati colorati, di templi, di urla, risate, odori, è camminare contro una corrente che ti scaraventa addosso le emozioni del già vissuto.
Ed ogni volta è una nuova volta.

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