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Ospedale S. Anna / I comitati a consiglieri e assessori regionali: “Riaprite il punto nascita!”

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"Molte bugie, inganni, inesattezze, strumentalizzazioni e propaganda sono state fatte a danno dei cittadini che vivono nelle aree montane per privarle dei punti nascita". E' l'attacco di un nota diffusa oggi dai combattivi comitati "Salviamo le cicogne" e "Di.Na.Mo.".

Che proseguono: "Dopo l’appello pubblico rivolto alla Regione Emilia-Romagna perché riapra i punti nascita da essa chiusi il 4 ottobre scorso, ed in particolare quello di Castelnovo ne’ Monti, che è un tutt'uno con l’azienda Usl di Reggio Emilia ed il suo ospedale, siamo ora a scrivere una lettera aperta ai consiglieri e ai membri della giunta della Regione (vedi sotto, ndr) per ribadire la necessità di riaprire e per spiegare che quanto è stato compiuto lo scorso anno con la richiesta del parere di deroga era sbagliato nel merito e nel metodo, producendo un grave danno alla comunità".

Secondo i comitati, "a ciò si aggiungono le recenti dichiarazioni dell’assessore Venturi in risposta ad un question time, che sposta uno dei nodi focali, su cui si è basato il parere sfavorevole, alle responsabilità del comitato ministeriale, quando invece a dichiarare valori minimalisti sui tempi e sulle distanze è stato proprio il documento da lui inoltrato a detto comitato ministeriale".

"Per tutto questo - concludono - crediamo sia doveroso porre rimedio ad una situazione che grava sui cittadini procedendo ad una riapertura immediata del punto nascita del Sant’Anna di Castelnovo ne’ Monti e ad un riesame degli altri due di Pavullo e Borgotaro".

* * *

La lettera

I comitati "Salviamo le cicogne" e "Di.Na.Mo." si rivolgono ai consiglieri e ai componenti della giunta della Regione Emilia-Romagna chiedendo loro di deliberare la riapertura del punto nascita di Castelnovo ne’ Monti.

Ci sono diversi ordini di motivi che giustificano questa scelta:
1) la mancanza di un presidio
La chiusura del punto nascita (PN) di Castelnovo ne' Monti deliberata dalla Regione Emilia-Romagna lo scorso 4 ottobre 2017 elimina un importante servizio alle donne gravide e alle partorienti in un territorio esteso 800 kmq (aree interne della provincia reggiana), generando una situazione di aumentato pericolo e disagio. Le strade difficoltose da percorrere e le distanze superiori anche ai 90 minuti in condizioni favorevoli di tempo e traffico, impongono un disagio pesante e un pericolo altissimo per le partorienti, situazioni che il sistema sanitario sembra escludere dalla propria competenza ma che l’Oms stabilisce appartenere al momento del parto. In prossimità del parto le donne devono fare riferimento all’ospedale designato in pianura sia per i controlli di routine sia per le visite urgenti. Per tutte resta il timore che il parto possa essere precipitoso o presentare situazioni di emergenza tali da non riuscire a raggiungere in tempo il PN distante. Da una situazione antica di assistenza locale coperta da una rete di ostetriche si è passati all’ospedalizzazione nel PN del Sant’Anna per poi trovarsi senza più nessuno di questi presidi, con parti separati dal conforto famigliare e organizzati con la cultura del trasporto, assimilabile ai sistemi logistici industriali;
2) l’esperienza di questi mesi
Notevoli sono stati i disagi per le donne, più volte riportati ma spesso sottaciuti. Alla cronaca sono comunque arrivati alcuni casi eclatanti che sarebbero stati gestiti diversamente con i PN aperti e probabilmente con esiti diversi. Si segnalano almeno tre casi emblematici avvenuti dopo la chiusura dei PN di montagna in Regione Emilia-Romagna:
- il parto in ambulanza lungo la percorrenza verso l’ospedale di Modena, a riprova che non basta considerare la sicurezza del solo reparto ospedaliero;
- il bambino morto dopo il distacco della placenta di una donna di Pavullo, che
evidenzia quanto l’emergenza operativa faccia la differenza fra la vita e la morte;
- le quasi due ore di freddo e disagio passate in ambulanza da una donna gravida dolorante ma non in fase di parto, frutto di mancanza di diagnosi specialistica, perché col PN è stato soppresso anche il servizio h24 di ginecologia, oltre all’indisponibilità dell’elisoccorso per avaria del mezzo. E’ comunque da sottolineare che l’elisoccorso non può operare in fase di travaglio, quindi la credenza comune che l’elisoccorso possa risolvere il problema delle distanze è totalmente infondata;
3) una cattiva gestione del parere ministeriale per il mantenimento in deroga
La Regione Emilia-Romagna ha innanzitutto accompagnato la richiesta del parere di deroga al comitato percorso Nascite nazionale (CPNn) con un proprio parere negativo per tutti i punti nascita di montagna e positivo per tutti quelli di pianura, espresso attraverso il comitato percorso nascita regionale (CPNr). E ciò non ha aiutato. La restituzione di un parere fotocopia di quello regionale da parte del CPNn, quando al governo della Regione e al governo dello Stato italiano c’era la stessa coalizione politica, suggerisce una intesa politica sottostante ad una volontà precisa, che andiamo a dimostrare:
a. il motivo per tenere aperto in deroga un PN con meno di 500 parti è costituito dalle “condizioni orogeografiche difficili” (citate nel titolo del protocollo di valutazione). Ciò nonostante sono stati chiusi tutti i PN di montagna al servizio di territori con evidenti condizioni orogeografiche difficili e sono rimasti aperti tutti i PN di pianura che quelle condizioni non le hanno. Questo contraddice l’affermazione scritta nel parere del CPNn quando scrive: “Si sottolinea che la valutazione complessiva è stata effettuata considerando essenzialmente, anche se non esclusivamente, i criteri di disagio orografico definiti nel protocollo…”. E’ avvenuto l’esatto contrario;
b. sono stati arbitrariamente travisati i concetti di sicurezza che l’accordo Stato-Regioni introduceva: la logica che guidava la chiusura dei PN sotto i 1000 parti era la riduzione dei tagli cesarei riportandoli ad una media europea, in quanto ritenuti meno sicuri per donna e bambino e più costosi. Di questo non si parla più nel parere di deroga e il concetto di sicurezza viene riportato nel seguente modo “… rischio collegato alla ridotta capacità di affrontare condizioni complesse e situazioni di emergenza derivante dai volumi di casistica assai bassi”. Ci torneremo in seguito su questo aspetto per quanto riguarda lo specifico del Sant’Anna, ma è giusto rilevare a questo punto che per le partorienti di Scandiano a 12 km di strada da Reggio e a 14 km da Sassuolo può avere un senso mandarle in strutture iper-specializzate, ma per le donne di montagna è maggiore il rischio di dover partorire in emergenza
lungo la strada statale, per di più su proprio mezzo e senza assistenza;
c. per quanto riguarda il Sant’Anna il parere del CPNn riporta testualmente: “La valutazione georeferenziata delle distanze verso i PN di ospedali alternativi e limitrofi evidenzia che per un solo comune, Ventasso, nato dall’unione di 4 comuni – ed un numero esiguo di donne – circa 20 all’anno – le distanze aumentano in modo significativo, anche in termini di tempi di percorrenza". Senza soffermarsi sul giudizio spietato quando si considera “esiguo” il numero di donne, è importante rilevare che è completamente fuorviante il sistema di misurazione delle distanze inviato dalla Regione, poiché le calcola da sede comunale a PN più vicino, mentre invece le estensioni territoriali dei comuni superano sempre gli 80-90 minuti per i centri abitativi a ridosso del crinale (Civago, Febbio, Ligonchio, Collagna, Succiso, …), in condizioni ottimali di traffico e di tempo atmosferico. In questo modo, il principale motivo per dare parere favorevole alla deroga è stato minimizzato fino a renderlo insignificante;
d. l’unica logica evidente nell’esito del parere alla deroga è l’indice di numerosità del bacino di utenza che indica la potenzialità di parti rispetto al numero di 500 minimo richiesto. Questo valore è richiesto nel protocollo del parere di deroga ma non è indicato come dirimente. Nello specifico di Scandiano appare poi addirittura in contraddizione con l’intenzione dell’amministrazione pubblica di polarizzare sul Mire la natalità;
e. è invece dirimente la conformità agli standard richiesti. Nel parere c’è scritto. “Il CPNn considera elemento irrinunciabile e prioritario la presenza di tutti gli standard operativi, tecnologici e di sicurezza relativi al I livello di assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica definiti dall’accordo stesso, relativamente alla presenza in guardia attiva h24 di anestesista…”. Nello specifico del Sant’Anna il CPNn addebita la seguente mancanza: “Inoltre il PN non assicura livelli organizzativi coerenti con gli standard raccomandati dall’accordo Stato-Regioni; manca, infatti, la guardia h24 di pediatri, la guardia ginecologica e quella anestesiologica è garantita h24 soltanto con il supporto di ginecologi ed anestesisti provenienti dal PN di Reggio Emilia”. Senza entrare nel merito del “soltanto con… provenienti dal PN di Reggio Emilia”, si rileva che questa mancanza da sola vale il parere negativo. Forse non è stato considerata dal CPNn la disponibilità espressa dall’assessore Venturi, con lettera di accompagnamento alla richiesta di parere di deroga del 25/7/2017, che scrive testualmente: “Come indicato in delibera, per i punti nascita per i quali la procedura di richiesta di deroga avrà esito positivo, verrà garantito l’adeguamento degli standard operativi, tecnologici e di sicurezza previsti dall’Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010, qualora gli stessi non siano già idonei”. Comunque, sia che si tratti di errore del CPNn nel considerare negativo il vincolo degli standard operativi sia che si tratti di errore di Venturi nel non aver comunicato la disponibilità all’adeguamento nei modi dovuti dal protocollo metodologico, questo elemento di giudizio è sbagliato e pregiudica il parere favorevole, quindi va rigettato;
4) la particolarità del Sant’Anna
In data 1 luglio 2017 l’Ospedale Sant’Anna è stato incorporato nell’Azienda Usl di Reggio Emilia assieme all’Ospedale di Reggio Emilia, costituendo un unicum in termini di personale, strutture, servizi. La valutazione del CPNn si riferisce invece allo stato delle cose al 2016. A questo punto sorgono ulteriori problemi di diritto:
a. poteva l’assessore Venturi ritenere il PN di Castelnovo ne' Monti un PN sotto i 500 parti essendo invece una sede distaccata della stessa azienda?
b. si possono considerare non raggiunti i 500 parti annui per il personale
sanitario dato che è lo stesso di Reggio e può essere turnato a rotazione?
c. è stato corretto richiedere in data postuma all'1 luglio, ovvero il 25 luglio, il
parere di deroga alla presenza di una situazione completamente modificata
per il Sant’Anna, tale da poter essere considerata superiore ai 1000 parti?
5) le possibili strade per riaprire il PN
La più giusta e la più breve è una delibera immediata della Regione Emilia-Romagna per riaprire il PN di Castelnovo ne' Monti in virtù delle numerose incongruenze nel parere consultivo espresso dal CPNn e per i dubbi di diritto nell’applicare il criterio dei 500 parti ad una struttura che ha modificato la sua ragione sociale e la sua struttura operativa. In subordine può essere chiesto il riesame del parere sulla base di quanto detto sopra, in considerazione anche del fatto che il CPNn è stato costituito il 12/4/2011, ha una durata di tre anni e non può essere rinnovato più di una volta. Poichè il CPNn è già stato rinnovato il 19/12/2014, al momento attuale è quindi scaduto e non rinnovabile. Il CPNn deve ora essere rinominato con decreto del ministro della salute Giulia Grillo, la quale è espressione di una diversa maggioranza parlamentare;
6) tutte le ulteriori ipotesi
Tavolo di lavoro aree interne, progetti pilota sperimentali, modifica dell’accordo Stato-Regioni sono ipotesi anch’esse auspicabili ma non sono alternative alla richiesta di delibera di riapertura del PN di Castelnovo e se fatte con onestà intellettuale dovrebbero essere accompagnate da una richiesta di moratoria alla chiusura dei PN. Chi le interpreta come unica e lunga strada possibile è in malafede e ha girato le spalle ai cittadini. La situazione difficile generata da errori o calcoli della politica nel merito e nel metodo, può trovare immediata soluzione da parte della Regione; confidiamo quindi che la Regione Emilia-Romagna adotti questa decisione in favore delle donne, della comunità e dei territori della montagna. La presente lettera è un approfondimento sulla problematica dei PN chiusi e costituisce una integrazione all’appello pubblico alla Regione presentato l’8 giugno 2018.