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Confederazione Agricoltori: “E’ allarme recessione”

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Anche per l’agricoltura è ormai recessione. Dopo i positivi risultati ottenuti, in termini produttivi durante, il 2004 (dovuti principalmente ad una ripresa in seguito alla disastrosa annata del 2003), si prospetta, infatti, un 2005 in “rosso”. La produzione, secondo le ultime stime, dovrebbe scendere del 2,2 per cento; i redditi degli agricoltori sono destinati ancora a calare (l’anno scorso sono diminuiti del 5 per cento); i costi continueranno ad aumentare, mentre i prezzi si prevedono in netta discesa.

A denunciarlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori, per la quale si rende sempre più necessaria una svolta nella politica agricola e per questo ha avviato una serie di iniziative sul territorio a sostegno degli imprenditori agricoli che vivono un momento di grave emergenza e di grande incertezza.

Il calo produttivo previsto è un minimo storico, inferiore solo al 3 per cento raggiunto nel 2003 a causa delle avversità climatiche. Tale riduzione è riconducibile principalmente alla flessione delle produzioni vegetali (meno 3,4 per cento).

Per quanto riguarda i singoli settori, c’è da rilevare che il grano duro è il prodotto che registra la contrazione più significativa. In seguito all’entrata in vigore della riforma della Pac, che ha istituito il pagamento unico disaccoppiato e abbassato il pagamento specifico al grano duro in Italia, si è verificato un calo degli investimenti del 28 per cento, rispetto ai livelli del 2004, che a loro volta dovrebbero tradursi in una diminuzione del 35 per cento dei raccolti, che in alcune regioni può superare il 40 per cento.

Dopo il grado duro è il mais la coltura per cui si prevede un consistente calo produttivo. Situazione difficile anche per la frutta e gli agrumi che dovrebbero registrare forti scostamenti dai livelli produttivi del 2004. Comunque, per tutto il comparto dell’ortofrutta, attualmente in profondo stato di crisi, sarà un “anno nero” che andrà ad aggravare i già magri bilanci delle imprese agricole e a ridurre ulteriormente i redditi dei produttori.

Si sottolinea, inoltre, che la produzione animale, nonostante la stabilità che dovrebbe caratterizzare il 2005, presenta dinamiche disomogenee al suo interno: contrazione per la carne bovina e quella suina a causa della minore richiesta da parte dell’industria di trasformazione ed aumento della produzione ovicola e di latte.

A rendere più complesso il quadro dell’agricoltura italiana è il costante calo dei consumi dei prodotti agroalimentari che negli ultimi cinque anni hanno avuto una flessione del 10 per cento (-2,6 per cento annuo). E anche per il 2005 questa tendenza, già peraltro confermata dall’andamento del primo semestre (-1,2 per cento), dovrebbe confermarsi. Ed è probabile a fine anno un calo intorno al 2 per cento.

Sul fronte dei prezzi praticati sui campi si dovrebbe registrare un ulteriore discesa. Sta di fatto che negli ultimi dodici mesi (da giugno 2004 a giugno 2005) si è avuta una contrazione superiore al 10 per cento. Calo al quale si è contrapposto un aumento generalizzato dei costi produttivi e del lavoro e degli oneri contributivi e dell’indebitamento bancario. Solo alcune cifre per capire la complessità del problema: più 15 per cento in sei mesi i carburanti; più 4,5 per cento i concimi.

Dunque, uno scenario sempre più preoccupante, davanti al quale la Cia è intenzionata a promuovere tutte le azioni necessarie per sollecitare gli interventi e le politiche indispensabili per mutare rotta. Da qui un serrato confronto non solo a livello di Governo (Dpef, Finanziaria per il 2006, Conferenza nazionale per un patto per l’agricoltura), ma anche con le Regioni, in modo da sviluppare un’azione fortemente incisiva in difesa dei redditi dei produttori agricoli. Un’azione sull’intero territorio nazionale per cercare di ridare quelle certezze che purtroppo continuano a mancare.

La Cia sollecita, quindi, risposte certe su temi da tempo sul tappeto: occorre una riduzione degli oneri previdenziali e dei costi energetici, una soluzione alla questione immigrati e maggiori risorse al decreto crisi di mercato.