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Alex Langer dieci anni dopo

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“Cosa ci può realmente motivare?
Cambiare il mondo o salvaguardarlo?
Solidarietà come autocompiacimento?
Abbandonare la radicalità?
Etica della rivoluzione?
Conseguenze della rivoluzione nonviolenta all'est
Navigare a vista?
Esiste da qualche parte una linea di demarcazione tra amici e nemici?
A chi ci si può affidare?
Esiste un'ascesi che uno aiuta e uno forgia?
Negare se stessi - credibile o pericoloso (disumano, burocratico, ipocrita)?
Cosa ti dice il sud del mondo? Solo cattiva coscienza?
Perché cercare la salvezza altrove (perché poi dover andare lontano...)?
Vivresti effettivamente come sostiene si dovrebbe vivere?
Passeresti il tuo tempo con coloro ai quali rivolgi la tua solidarietà?
Professionalità. Potresti vivere anche senza politica?
Ti sei davvero domandato cosa ti procura e ti ha procurato?
Altruismo/egoismo?
Quali costanti?
Quali sintesi (p. es. giustizia, pace, salvaguardia del creato)?
Cosa faresti diversamente?
Potenzialità della disobbedienza civile...
Tu che ormai fai "il militante" da oltre 25 anni e che hai attraversato le esperienze del pacifismo, della sinistra cristiana, del '68 (già "da grande"), dell'estremismo degli anni '70, del sindacato, della solidarietà con il Cile e con l'America Latina, col Portogallo, con la Palestina, della nuova sinistra, del localismo, del terzomondismo e dell'ecologia - da dove prendi le energie per "fare" ancora?” (1)

E’ difficile capire chi era Alex Langer, come è difficile poter riassumere in poco spazio le mille attività che si nascondono dietro quella “militanza”, insegnante, traduttore, giornalista, i mille dubbi che si nascondono dietro quelle domande. Alla luce delle sue parole, delle sue idee e del suo modo di agire sorprende sapere che fu anche un uomo politico, nel senso convenzionale (formale) del termine.
Alexander Langer era ben lontano dall’immagine e dalla sostanza dei politici in genere. A parte la portata intellettuale e l’attitudine morale su cui si basava la sua attività, a parte aver portato nel Parlamento Europeo tematiche allora rivoluzionarie, parlando per primo di stili di vita, consumo critico, commercio equo, finanza etica, chi lo conosceva o chi l’ha semplicemente incontrato parla di un uomo che preferiva frequentare più piccoli gruppi che non i grandi convegni che, dal suo punto di vista, si riducevano a parate di interventi su grandi temi e problematiche esterne che quasi costringevano a un'unica visione. Incontrare piccoli gruppi, che fossero parrocchie, giovani, voleva dire potere creare piccoli legami riguardo l’aspettativa e l’esigenza delle persone che aveva di fronte, e rispondere, o cercare di rispondere a domande concrete.
Come abbiamo detto Langer fu anche un politico. Dal 1978, quando venne eletto consigliere regionale nella lista Nuova Sinistra nel Sud Tirolo, durante tutti gli anni ’80, quando promosse in Italia e in Europa il movimento politico dei Verdi, e soprattutto all’interno del Parlamento Europeo, di cui divenne deputato nel 1989, che ha rappresentato in varie occasioni (2), che ha approvato diversi suoi rapporti (3) e presso il quale svolse innumerevoli incarichi (4). Ma anche in queste occasioni nel suo modo di lavorare si scorge qualcosa di raro. Nel 1991, a Tirana, inviato dal Parlamento europeo come osservatore in occasione delle prime elezioni libere dell'Albania, passava il giorno girando fra i seggi elettorali, mentre la notte cercava di compilare infiniti elenchi delle famiglie, che non avevano notizie dei propri cari scappati in Italia, tra cui molti bambini, che al ritorno sarebbe andato lui a cercare, di persona, recuperando indirizzi e telefoni (5).
Soprattutto durante la guerra in Bosnia, aveva lavorato nel tentativo di gettare ponti tra le varie etnie, spendendosi in prima persona. Era a Sarajevo pochi giorni prima della guerra, a Verona, all'inizio del '93 nel “Forum di Verona per la pace e la riconciliazione nell’ex-Jugoslavia”, la più importante rete di collegamento tra le forze non nazionalistiche provenienti da Belgrado, Zagabria, Sarajevo, Skopje e tante altre città. E poi ancora alla testa delle carovane di aiuto nei campi profughi. La guerra in ex-Jugoslavia rappresenterà per Langer il fallimento delle politiche di pace che aveva sempre sostenuto, lui pacifista integrale, e arriverà con grande tormento, a sostenere al Parlamento Europeo la necessità di un intervento militare nella regione.

“Ricordo una notte a discutere di questo, con lui che voleva, quasi supplicava, che riuscissi a convincerlo del contrario, che anche lì, dove tutto sembrava prendere fuoco, c'era ancora spazio per la nonviolenza e le politiche di pace...” (6).

Questi sono solo alcuni aspetti del mondo di Alexander Langer che da soli non possono esaurire la complessità del suo agire. Alex viveva la sua dimensione privata in modo molto simile a quella pubblica. A questo proposito è simbolico il suo “indirizzario”, 10 mila nomi schedati con cura quasi maniacale che diventò un oggetto quasi mitico fra i suoi collaboratori, così ne parla Edi Rabini, suo stretto collaboratore:

“Al suo indirizzario dedicava tantissimo tempo e l’aveva custodito negli anni come una delle cose più preziose. Aveva continuato ad accrescerlo senza interruzioni. Mentre io aggiorno la mia agenda ogni anno cancellando quegli indirizzi che non mi sembrano utili in un certo periodo della vita, Alex aveva deciso di mantenere con grande gelosia, con grande affetto, con una memoria straordinaria, tutti gli indirizzi delle persone che via via aveva incontrato. Per lui erano persone vive che amava ricordare e di cui, spesso, continuava a sapere anche cose personali, il loro modo di pensare, cosa stavano facendo, cosa avevano fatto, quali responsabilità si erano assunte. Gli piaceva pensare di aver fatto un pezzo di strada insieme e che poi si erano prese direzioni diverse. Cercava spesso, non so nemmeno con quante persone, di mantenere vivo il rapporto, anche solo ricordando un compleanno, e attraverso quello un episodio di vita in comune. Contemporaneamente continuava a pensare, anche, in quali reti di rapporti avrebbero voluto essere utilmente inserite, ma senza mai alcun progetto di unificazione delle persone in un’organizzazione o un partito. Alex apprezzava molto le persone che pur lavorando in maniera solidale erano capaci di mantenere una propria autonomia individuale, una propria identità personale e proprio per questo era capace di vedere, di riconoscere la bellezza delle strade diverse prese dagli altri. E infatti ciò che lo addolorava, fino a non riuscire a sopportarlo fisicamente, non era che nei rapporti privati o in quelli pubblici le strade si separassero, ma che da una differenza di idee nascesse un’incompatibilità, un’incomunicabilità sul piano personale. Questo lo feriva tremendamente” (6).

Uno sguardo sul mondo così privo di compromessi (seppur pieno di speranza) e un livello di partecipazione così intenso, poteva facilmente portare ad uno sfinimento, anche emotivo. E conoscere la storia di Alex Langer non può che far sorgere dolorosi interrogativi, ma più che con gli angosciosi messaggi che lasciò quel 3 luglio di dieci anni fa, è un suo intervento al Convegno giovanile di Assisi a farcelo ricordare:

“Voi sapete il motto che il barone De Coubertin ha riattivato per le moderne Olimpiadi, prendendolo dall'antichità: il motto del citius, più veloce, altius, più alto, fortius, più forte, più possente. Citius altius e fortius era un motto giocoso di per sé, era un motto appunto per le Olimpiadi che erano certo competitive, ma erano in qualche modo un gioco. Oggi queste tre parole potrebbero essere assunte bene come quinta essenza della nostra civiltà e della competizione della nostra civiltà: sforzatevi di essere più veloci, di arrivare più in alto e di essere più forti. Questo è un po' il messaggio cardine che oggi ci viene dato. Io vi propongo il contrario, io vi propongo il lentius, profundius e soavius, cioè di capovolgere ognuno di questi termini, più lenti invece che più veloci, più in profondità, invece che più in alto e più dolcemente o più soavemente invece che più forte, con più energia, con più muscoli, insomma più roboanti. Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale, però forse si ha il fiato più lungo” (7).

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(1) Queste sono una serie di domande, trovate nel suo computer e datate 4 marzo 1990, G. Tedesco in “Alexander Langer : un utopia concreta” Edizioni dal basso, 2003.

(2) Alla Conferenza di Helsinki II per la Cooperazione e Sicurezza in Europa (luglio 1992), a Sarajevo (1991-1993), alla Conferenza per la stabilità in Europa (Parigi 1994).

(3) Sull'apertura all'Albania (febbraio 1991), sulla riconversione civile della base missilistica di Comiso (aprile 1992), sulla valutazione politica accordo di transito con l'Austria (1992) e dell'accordo di cooperazione con la Slovenia (1993), sulle relazioni est-ovest e la politica di sicurezza (1993), sulla promozione del commercio equo e solidale (gennaio 1994), sul futuro delle relazioni tra Unione Europea e l'Albania (1994), sull'istituzione di un Tribunale internazionale per i crimini contro l'umanità nell'ex-Jugoslavia (1994).

(4) Presidente della Delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con Albania, Bulgaria e Romania, membro delle Commissioni Disarmo e sicurezza, Sviluppo e cooperazione, petizioni, regolamento.

(5) “Molte morti non trovano un perché” editoriale di Famiglia Cristiana del 1.8.1995.

(6) Alfio Nicontra , in www.alexanderlanger.org

(7) Convegno giovanile di Assisi, 1994.