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IL DIBATTITO / La parola della Chiesa come limite naturale alle follie della scienza

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Del compito urgente della Chiesa di contrastare lo smisurato orgoglio titanico della scienza contemporanea, ha parlato giovedì scorso lo storico Ernesto Galli della Loggia, all’annuale assemblea della Congregazione presbiterale di Felina.

Galli della Loggia ha ripercorso con tratti rapidi i fatti storici recenti che stanno determinando un crescente conflitto culturale fra la Chiesa e la prospettiva scientista. Dove per scientismo si intente l’atteggiamento intellettuale che attribuisce alle scienze fisiche e sperimentali e ai loro metodi la capacità di soddisfare tutti i problemi e i bisogni dell’uomo.

Dopo il 1989 abbiamo assistito al crollo delle ideologie liberale e comunista. Si trattava di due “eresie cristiane”, cioè di sistemi di pensiero che, pur contrastando anche violentemente il cristianesimo, contenevano una tensione umanistica, un legame con la tradizione e il rispetto di alcune istituzioni fondamentali, come la famiglia.

Ma nel mondo globalizzato di oggi, la scienza, e la tecnologia che ne deriva, è la nuova ideologia universale, l’ideologia della modernità che mena vanto per il fatto di non predicare valori, ma solo esprimere giudizi sulle relazioni funzionali fra i fenomeni: con l’ assurda pretesa di affermare che un esperimento tecnicamente possibile è per ciò stesso anche eticamente accettabile! Il guaio è che la scienza attuale non si limita più a cercare le leggi dei fenomeni naturali, ma ha la pretesa di modificarli, fino a stravolgerli.

Quanto appare inopportuno e privo di senso storico il riferimento a Galileo Galilei, quale loro padre nobile, sulla bocca degli scienziati contemporanei! Galileo non si sarebbe mai neppure sognato di scombinare a capriccio le leggi della natura, di creare chimere uomo-bestia, di manipolare geni o di comporre molecole per armi chimiche. Già a partire dalla fine dell’800, comparvero scritti di scienziati che manifestavano questa ambizione creatrice, nella certezza che ben presto si sarebbero svelati gli ultimi segreti della natura e che l’uomo avrebbe intrapreso “magnifiche sorti e progressive” di pace e benessere universale. Ma oggi quei sogni rischiano di diventare incubi, perché la tecnologia realmente mette in mano ad una scienza senza morale ogni possibilità di manipolazione delle leggi naturali.

Ecco, secondo Galli della Loggia, l’origine degli attacchi feroci alla Chiesa, al Papa, ai Vescovi italiani e alla loro credibilità: perché la Chiesa cattolica è l’unica istituzione che, dall’alto del suo Magistero e della sua tradizione bimillenaria, ha l’autorevolezza per porre dei limiti morali a questa potenziale dittatura scientista. Si tratta, come ha più volte ammonito il Cardinal Ruini e recentemente il suo successore Bagnasco, di difendere e promuovere valori non negoziabili, perchè stanno alla radice della nostra identità di uomini, valori che determineranno sempre più non solo la qualità della vita, ma il suo stesso senso profondo.

In questa azione urgente di difesa dell’uomo e della sua dignità primigenia, Galli della Loggia propone un patto fra Chiesa e cultura liberale, contro il tentativo statalista di stabilire i principi morali sulla base di maggioranze democratiche. Non è il Parlamento italiano, né quello europeo, né l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che deve decidere a maggioranza quanti sono i sessi, o se si possa ibernare un essere umano o se per educare un bambino siano meglio due uomini o due donne rispetto al papà e alla mamma. Non è la scienza che deve imporre i temi del dibattito culturale e politico, via via secondo i “favolosi” avanzamenti delle sue scoperte. Né la maggioranza politica può diventare una dittatura morale, che cambia i riferimenti etici secondo i giochi di potere e le convenienze economiche delle multinazionali che finanziano i centri di ricerca.

I padri cattolici della Costituzione Italiana lottarono aspramente per difendere il principio secondo il quale la Repubblica non assegna i diritti fondamentali, la dignità e la libertà ad ogni persona, ma semplicemente li “riconosce”, perché appartengono all’uomo prima e oltre il giudizio di qualsiasi istituzione.

In conclusione, Galli della Loggia ha sollecitato i numerosi sacerdoti presenti a rientrare in modo più assiduo e incisivo nell’agone culturale e a rivalutare lo studio della storia moderna e contemporanea, per uscire dal ghetto minoritario in cui la cultura cattolica si è rinserrata e così rifondare e diffondere i principi inalienabili della morale naturale, non solo per il futuro della Chiesa, ma del mondo intero.

5 COMMENTS

  1. La Religione è un’Ideologia
    Appare assai strano che la Chiesa si preoccupi così tanto di una “deriva scientista” del mondo quando il problema maggiore delle democrazie occidentali oggi è contrastare quel fondamentalismo religioso che ci vorrebbe addirittura “creazionisti” limitando l’insegnamento del metodo scientifico nelle scuole.

    Detto ciò penso che sia giusto riflettere seriamente sui limiti etici dell’agire umano e pensare delle regole condivise; dubito però che la Chiesa possa arrogarsi il diritto di stabilire questo “limite naturale”. In una società democratica non si può scrivere una legge sulla base di credenze e tradizione, promuovendo la presunta parola di Dio al grado di legge; si deve aprire un dibattito che coinvolga tutti.

    Per concludere vorrei ricordare che ci sono due possibili atteggiamenti nei confronti della vita: il primo è quello di avere delle domande e cercare le risposte, il secondo è quello di avere già le risposte ed essere alla ricerca di domande.

    Sono due atteggiamenti che incontriamo spesso: da un lato persone aperte al nuovo, curiose, pronte a rimettere in questione le proprie idee di fronte a fatti nuovi, controllati e verificati. Dall’altro persone che si ritengono portatrici di verità e che cercano solo conferme alle proprie idee, respingendo tutto ciò che le contraddice. Lo scienziato appartiene alla prima categoria.

    (Luca Correggi)

  2. Chiesa in dissonanza con parte dei credenti
    All’estensore del commento precedente: bravo! Mi trovi in accordo su molte delle tue considerazioni, e lo dico da credente. E forse il problema è proprio questo: che in alcune posizioni della Chiesa di oggi (quelle più rigide) non si riconosce, almeno non completamente, neanche parte dei credenti.

    (Commento firmato)

  3. Anche il cattolicesimo un’ideologia? No davvero: ecco i fatti
    Rispondo agli estensori dei due commenti. A mio parere, il rischio più grave che corrono attualmente le democrazie occidentali, oltre alla dittatura scientista e tecnologica avulsa da ogni riferimento etico, è il fondamentalismo laicista che nega ogni riferimento a Dio e finge di non vedere il grande sforzo di apertura, dialogo e valorizzazione nei confronti della ragione umana che la Chiesa cattolica, unica fra tutte le religioni del mondo, ha da sempre praticato (anche se non in tutti i suoi uomini).
    Nei documenti ufficiali della Chiesa c’è una chiara condanna del fideismo (cioè della fede cieca, chiusa ai dettami della ragione umana; quella che secondo il primo commentatore porterebbe ad “avere già le risposte ed essere alla ricerca di domande”), come ha ben chiarito anche il famoso discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona, il cui scopo, al di là delle polemiche idiote montate ad arte dai giornali, era proprio quello di dimostrare che Dio non può e non vuole andare contro la ragione umana (cosa che invece, nella pratica, affermano i terroristi islamici e gli imam che li indottrinano, anche nelle moschee italiane pagate coi nostri soldi).
    Il rischio di chi si lascia guidare nei propri giudizi da una storiografia manipolata da atei anticristiani (si pensi a certi manuali di storia che circolano nelle scuole superiori o ai programmi di filosofia dei licei che si dilungano su Galileo e sorvolano allegramente su Sant’Agostino, Sant’Anselmo e San Tommaso) è quello di non conoscere i fatti reali della storia e di pensare per stereotipi.
    Per fortuna che contro i fatti non valgono gli argomenti; e i fatti più eclatanti a favore della Chiesa sono semplicemente gli insegnamenti e la vita degli ultimi tre Papi, uomini moderni e uomini di cultura, oltre che uomini religiosi. Come Pontefice, Paolo VI aveva un grande desiderio: parlare all’uomo moderno che si trova lontano dalla Chiesa. Paolo VI si incontra con gli artisti nella basilica di San Pietro nel 1964, un evento fino ad allora inedito; inaugura la galleria di arte moderna nei musei vaticani, un gesto audace; riceve i membri dell’Accademia delle Scienze; è il primo Pontefice che si presenta all’assemblea delle Nazioni Unite e si presenta come esperto in umanità, ovvero come portavoce della saggezza bimillenaria della Chiesa, esperta di umanità; è il primo Pontefice dei tempi moderni che attraversa i confini dell’Italia e apre il cammino ai viaggi internazionali (quanti capi religiosi di altre confessioni hanno aperto altrettante frontiere ed effettuato altrettanti viaggi e discorsi di così vasto respiro ecumenico, interreligioso e interculturale?!?). Sulla base della grande tradizione classica, elaborata nei seminari e nelle facoltà della Chiesa, Paolo VI desidera entrare in dialogo con la cultura moderna. In questo senso si colloca il suo discorso di chiusura dell’ultima sessione del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965), un discorso memorabile, quando dice: “Mai come in questa occasione la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la società circostante, di coglierla e di ripercorrerla nella sua rapida e continua evoluzione”. Se vi sembrano parole e atteggiamenti di intolleranza questi…
    Se Paolo VI è il primo uomo moderno che è arrivato alla Cattedra di Pietro, Karol Wojtyla è, in compenso, il primo intellettuale moderno – filosofo, poeta, teologo, professore di etica – che è arrivato al papato. La parola che meglio definisce Giovanni Paolo II – e ancor prima l’uomo Karol Wojtyla – è quella di ‘filosofo’, un filosofo originale, creativo.
    Lo stesso Joseph Ratzinger ha scritto che la prima volta che aveva sentito parlare di Karol Wojtyla è stato attraverso il suo amico filosofo Joseph Pieper, che aveva conosciuto il porporato polacco in un congresso di filosofia in Italia. Pieper diceva, entusiasta, che finalmente aveva incontrato un autentico filosofo, uno capace di porre le domande essenziali con una freschezza e con un intuito geniale, senza intrecciarsi in teorie accademiche, animato anzitutto dalla passione per la conoscenza e dalla volontà di conoscere la verità. E Pieper diceva a Joseph Ratzinger: ‘Segnati questo nome perché farà parlare di sé’. Era l’anno 1975. È stato detto che, essendo stato attore, Karol Wojtyla aveva facilità nel comunicare con la gente, ma credo che sia il contrario: essendo un uomo creativo e un grande comunicatore, ha voluto fare l’attore. In questo senso ci troviamo di fronte ad un attore non nel senso moderno della parola, ma nel suo senso originario: un attore che agisce, un uomo d’azione.
    Per questo, i gesti che inventava risultavano spontanei, non erano una strategia di comunicazione. Nel suo rapporto con la cultura, Karol Wojtyla si muove contemporaneamente come su due piani: mantiene il contatto, come arcivescovo di Cracovia, con artisti, intellettuali, fisici, scienziati. E questa è l’esperienza che ha voluto riportare a Roma, nella Santa Sede, quanto è stato eletto Papa, e che ha plasmato nel creare il Pontificio Consiglio della cultura, 25 anni or sono: come un ponte e un cammino di dialogo, perché la Santa Sede possa far arrivare la sua voce al mondo della cultura, e questo possa a sua volta far giungere la sua voce alla Chiesa.
    Con Joseph Ratzinger, arriva per la prima volta al papato un teologo nel senso stretto del termine, che ha coltivato questa disciplina nell’università, nei suoi anni di gioventù, e poi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
    Ma è difficile catalogare Joseph Ratzinger in quanto teologo: “Non è un dogmatico, non è un biblista, né un liturgista; è un teologo aperto a tutte le dimensioni della rivelazione. In questo senso, Joseph Ratzinger è soprattutto un intellettuale, nel senso più nobile della parola, perché è uomo di pensiero e come teologo e pensatore è intervenuto in molteplici fori, affrontando discussioni corpo a corpo con gli interlocutori più diversi.
    Tratto caratteristico dell’attuale Papa è l’onestà intellettuale”. Non è “l’uomo di ferro”, come lo si vuole presentare, ma un uomo che ascolta e che prende sul serio la posizione del suo interlocutore.
    Pochi sanno che le conferenze episcopali, al termine della loro visita ‘ad limina’ ai vari dicasteri vaticani, stilano una sorta di valutazione. Fino a due anni fa, quasi sistematicamente l’incontro che risultava maggiormente apprezzato dai vescovi era quello con il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per la qualità umana dell’accoglienza, per la profondità del dialogo e per l’attenzione con la quale il cardinale Joseph Ratzinger ascoltava le domande e offriva le risposte chiarificatrici.
    Intellettuale illustre e trasparente, apprezza il dibattito. Abbiamo una dimostrazione preziosa di questo nel suo libro ‘Gesù di Nazaret’, nel quale egli instaura un dibattito attraverso il tempo con il rabbino Jacob Neusner, il quale a sua volta entra in dialogo e in discussione con Gesù di Nazaret. A ben delineare lo stile del Papa è il cardinale Paul Poupard, che lo descrive come “benedettino nella sua spiritualità e agostiniano nel suo pensiero”. Che il Papa Benedetto sia benedettino è evidente, a partire dal suo nome. San Benedetto, il patriarca d’occidente, è una figura di riferimento e il Papa ha fatto del motto benedettino ‘ora et labora’ un programma di vita. Sant’Agostino, d’altra parte, che è stato oggetto della sua tesi, è il suo autore preferito. È il Padre della Chiesa più citato nei discorsi del Papa.
    Per approfondire il pensiero di Ratzinger, occorre sapere che San Benedetto e i monaci benedettini, piuttosto che rallegrarsi per la caduta dell’Impero romano, trasmettono il patrimonio intellettuale della stessa Roma che aveva perseguitato la Chiesa!
    In sintonia con questa spiritualità benedettina, Joseph Ratzinger sottolinea la necessità di riconciliarsi con l’eredità dell’Illuminismo, che ha fortemente perseguitato la Chiesa ed ha cercato di emarginarla.
    In questo senso si spiega il forte discorso del cardinale Ratzinger a Subiaco, alla vigilia della morte di Giovanni Paolo II. Allora aveva affermato che “l’Illuminismo, nonostante tutto, continua ad essere un fenomeno di origine cristiana, e che il Concilio Vaticano II, in particolare nella ‘Gaudium et Spes’ (cfr. il celebre GS 36: “La legittima autonomia delle realtà terrene”), ha posto in rilievo la profonda corrispondenza tra Cristianesimo e Illuminismo cercando di arrivare ad una vera conciliazione tra Chiesa e modernità.
    Ciò è possibile perché il Papa è convinto che l’elemento essenziale della cultura è il Logos, la scommessa sulla ragione, una ragione aperta ad ogni sua dimensione, che è ciò che consente il contatto e l’incontro fra tutte le culture.
    La visione del Papa sulla cultura e l’incontro tra Chiesa e cultura, si riflette anche nel discorso di apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato latinoamericano ad Aparecida (Brasile), dello scorso 13 maggio. Nel suo discorso, il Santo Padre si interrogava sull’incontro tra la fede portata dai missionari e le culture delle popolazioni americane.
    ”L’annuncio di Gesù e del suo Vangelo – affermava il Papa – non comportò, in nessun momento, un’alienazione delle culture precolombiane, né fu un’imposizione di una cultura straniera, perché le autentiche culture non sono chiuse in se stesse […] sperano di raggiungere l’universalità nell’incontro e nel dialogo con altre forme di vita”. In questo contesto il Papa ha voluto così affermare che “Cristo, essendo realmente il Logos incarnato, ‘l’amore fino alla fine’, non è estraneo ad alcuna cultura né ad alcuna persona”.
    Chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui spero possa constatare da sé l’infondatezza della tesi (a mio modesto parere precostituita, grezza e superficiale) che associa la Chiesa cattolica al fondamentalismo religioso. Senza contare che numerosi fra i più grandi scienziati erano (e sono rimasti fino alla morte) profondamente convinti della ragionevolezza e della bontà della Rivelazione cristiana: dallo stesso Galilei a Pascal (“Se la ragione non arriva a riconoscere ciò che la sorpassa, essa non è che debolezza”), a Plank (“Chi non si meraviglia più di nulla ha perduto l’arte del ragionare e del riflettere”) ad Einstein (“Chi non ammette l’insondabile mistero non può essere neanche uno scienziato”). E poi ancora Lazzaro Spallanzani, Nicolò Copernico, Alexis Carrell, ecc…
    In merito all’accusa di “creazionismo” in opposizione al darwinismo, occorrerebbe leggere l’intervento del 23 agosto 2006 del card. Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, dal titolo: “Ragione ed evoluzione”.
    Ne riporto un breve sunto.
    “L’interrogativo centrale a cui trovare una risposta – precisava Schönborn – è in fondo il tema di tutto il dibattito intorno all’evoluzione: il mondo nel quale viviamo, la nostra vita in questo mondo, ha un senso? Senso ha solamente qualcosa dotato di finalità”, rispondeva il cardinale citando a supporto una frase con la quale l’allora cardinale Ratzinger sosteneva che l’origine del processo evolutivo “va comunque vista nel Logos e pertanto ad esso è immanente la ragione”.
    Anziché considerare la ragione come “l’anello di congiunzione” tra scienza e religione, il dibattito odierno si riduce ad un conflitto tra scienza e religione, tra l’affermazione della mera casualità e l’esistenza di un fine.
    Fin dall’inizio della sua formulazione “il darwinismo divenne – ha proseguito il cardinale austriaco – la storia alternativa alla creazione, che non necessitava più di un Creatore”. Tra le due teorie viene in genere considerata più vera quella scientifica, che tuttavia presenta ancora molte questioni aperte. Dopo aver precisato che la Chiesa non sostiene la posizione creazionista, Schönborn ha smentito che essa vada considerata come l’alternativa alla storia darwiniana, perché la vera alternativa è “l’intreccio tra l’agire proprio delle creature e lo spirito creatore divino, che lo supporta e lo rende possibile”.
    Proseguendo la sua relazione, il cardinale di Vienna ha individuato nell’economia, nella pedagogia e nella bioetica “tre campi nei quali emerge in modo particolarmente chiaro come una concezione della vita basata esclusivamente sulla scala di Darwin produca oggi direttamente conseguenze problematiche”. Concludendo il suo intervento il porporato si è domandato: “Che evoluzione sarebbe se la resurrezione e la vita eterna non ne fossero il fine ultimo? Per quanto possa apparire in alcuni passi priva di finalità e orientamento – ha proseguito – a partire dalla Pasqua il lungo cammino ha avuto un senso. Non il cammino è il fine, bensì la resurrezione è il senso del cammino”.

    (Don Carlo Castellini, parroco di Vetto)

  4. Mamma mia, che confusione (e che tristezza)
    A differenza degli scienziati che parlano attraverso concetti esatti (atomi, numeri… ), i quali sono ridefiniti dalla stessa scienza, gli idealisti e i teologi parlano attraverso concetti assai vaghi e indefiniti, ma considerati esatti e con una specie di rigore geometrico. Secondo me questa è la vera definizione di ideologia, geometrizzare con una rete rigida la realtà (o un aspetto di essa) rifiutando di volerne capire la complessità e la contraddittorietà dei nostri modelli, ma allontanandone le anomalie, rafforzando la nostra fede e convinzione. E in generale si individua il nemico di turno su cui proiettare le antinomie, le cause del negativo, perchè solo così le ideologie sopravvivono.
    Religione e scienza sono inconciliabili, non è cattiveria, non è voler giocare alla lotta, per giudizi prevenuti. La scienza non è solo tecnica o creazione di risultati e teorie che ci fanno conoscere le cose e la realtà. La scienza è una concezione della verità, un modello di verità sulla realtà, che lo stesso scienziato sa essere provvisoria, ma è pur sempre un’idea di verità.
    Popper ha provato a distruggere questo aspetto della scienza, ma non vi è affatto riuscito, anche se gli scienziati continuano a fraintenderlo e a lodarlo (invece che rimuoverlo dal suo altare improprio). Quindi la versione di Vertò della scienza va a contrastare con quella mistica-religiosa della religione… dopo Freud, Darwin, Einstein (ha a che fare col concetto di estetica, di bello, buono, divino), dopo la sociologia (che ci mostra come le condizioni vincolino i comportamenti, la morale, l’etica) la concezione mistico religiosa o è sconvolta, ditrutta, o sempre più vaga, vana, inconsistente.
    Chi parla di comunismo come ideologia proprio non ha capito niente (o non lo vuole capire perchè è strategico); molti sono diventati comunisti sapendo benissimo il fallimento storico dei regimi staliniani; non per costruire la dittatura del proletariato, ma per la straordinaria genialità di Marx, che ha intravisto nell’avvento del capitalismo moderno (si parla sempre del 700 o 800) una colossale trasformazione del “modo di essere uomo” e come tale trasformazione rende uomo come mera merce, alienato e spossessato da se stesso; di come tale sistema rende tutto mercificato (nell’entusiasmo di tutti), pure i partititi che tenderanno ad essere sempre più uguali e inconsistenti culturalmente. Marx non è un profeta, il suo pensiero è contradittorio, con i limiti del tempo, e tale pensiero sfocia in una dottrina ideologica e utopistica. Questi sono i limiti dell’essere umano e della storia, mi pare che lo stesso si possa dire del cristianesimo. Certo io so discernere il cristianesimo dalla sua “realizzazione storica”. Pasolini si riteneva nonostante tutto un marxista, io non posso non dirmi tale, non posso dispensarmi dalla verità.
    Quindi questo pensare che il cristianesimo non è un’ideologia mentre il marxismo sì è solo perchè voi fate un lavoro di elaborazione di riaggiustamento continuo del vostro paradigma, mentre volgarizzate ciò che vi è di contrastante. Il fatto che avete bisogno di un nuovo nemico dimostra ancore di più il carattere ideologico e acritico della vostra cultura. Il nemico sarebbe la scienza, o meglio lo scientismo, ma sarete proprio voi a generarlo, per un fenomeno di induzione, davanti a questa voglia della chiesa e dei pensatori idealisti e di tutto il potere dello stato, sulla scienza e sulla cultura scientifica (che non è solo tecnica, ma da essa stessa un’idea di verità, che contrasta in modo lacerante con l’idea di verità mistica e religiosa) ci sarà in forma ovviamente sprovveduta una specie di difesa, di barricarsi, di patteggiare posizioni radicali, di fare la “scienza” una specie di pseudoreligione, di tabù intoccabile.
    COme dire molti sono diventati estremisti di sinistra non sentendo i discorsi di Berlinguer o di Occhetto, ma ascoltando i discorsi di una certa Dc. Il vostro limite è che ragionate con l’ottica del potere su cui siete collocati, dall’alto; avete tutto, e niente che vi contrasti realmente, quindi giocate questa partita, cercate di esserlo sempre di più, rinsaldando la vostra autolegittimazione, autoreferenzialità: chi vi può attaccare? Vi siete anche purificati e ripuliti il passato… Se lo sapeva Gorbaciov che esisteva un simile metodo, che il passato si può ripulire e purificare e che non è quello che è, avrebbe purificato il suo dalle pecche dello stalinismo.
    Chi vi può accusare? La teoria (perfezionabile ma assolutamete non scalzabile) di Darwin è in modo lacerante inconciliabile con ogni idea di uomo-creatura di Dio con anima divina; il grande Wojtyla capendo che la chiesa aveva bisogno di strategie politiche moderne, oltre ad aver lavato la macchia “Galileo” e sapendo che una battaglia diretta sul Darwin era impossibile, lo ha legittimato, accettato apparentemente. La scienza va cotta e corrosa a fuoco lento, usiamo i metodi più opportuni; intanto ha bisogno della chiesa per dire ciò che è giusto e no, ridotto a produzione di risultati neccessariamente subordinati all’etica (occupata in toto dal cristianesimo). Una squadra di intellettuali (Galli della Loggia, ma molti altri, quasi tutti) che cantano quaeta canzone e si muovono come crociati alla conquista di un castello ormai vuoto o in soccorso del vincitore. Cosa vi manca, cos’è che vi dà fastidio? L’eco delle vostre grida trionfanti su un castello ormai vuoto? Voi conquisterete tutto il vuoto che vorrete, siete giunti al vostro tronfo finale, incontrasato, nno potrete fare altro… Non ci potrebbe essere vero cristianesimo che non sfoci nel marxismo (nel senso di sopra), ma ciò non può più essere e non lo sarà (io per primo mi rifiuto), quindi la vostra sarà la celebrazione del vostro potere, della vostra egomonia incontrastata, quanto della vostra inconsistenza. Vi ho scritto questa mia sapendo che vi resterà irritante e pressochè incomprensibile e che non vi migliorerà criricamente, e poi ormai sarebbe solo inutile e doloroso.
    Cordiali saluti.

    (Sergio Buschi)