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Camminando a piedi con gioia verso Loreto!

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Non pochi chilometri ma 340, partendo dall’Appennino reggiano fino a Loreto. Non solo giovani, ma anche adulti, famiglie, ragazze e ragazzi seguiti dall’Unitalsi: un contagio che ha coinvolto un po’ tutti in montagna perché è un percorso a tappe verso il celeberrimo sntuario della Madonna, che ha una sua storia legata a questi ragazzi e giovani, che, per incontrare il Papa, percorreranno la stessa strada, o quasi, di un loro concittadino adolescente, Marchino di Castelnovo ne' Monti.

Questi, il 25 aprile 1596, andò pellegrino a piedi Loreto: sordomuto, senza un pezzo di lingua, intendeva chiedere alla Madonna un miracolo, che avvenne solo al ritorno, a Reggio Emilia. Fermatosi infatti davanti alla santella del Convento dei Servi di Maria, rivolgendsi alla Madonna: in un istante, dopo avere chiesto il perdono dei peccati, pronunciò le prime parole della sua vita. Gesù, Maria… Da quel momento incominciò a parlare con grande meraviglia della gente di Reggio Emilia e del paese, che conoscevano il ragazzo quindicenne, garzone del macellaio, sordomuto fin dalla nascita.

A distanza di oltre cinque secoli, i giovani si avventurano nello stesso pellegrinaggio con grande gioia: cammineranno insieme e insieme pregheranno, cantando la loro fede nel Signore Gesù, la loro tenera devozione a Maria, passando di paese in paese, sostando in città, dove si alterneranno in serate di canti, di preghiera e di spettacolo per la gente che li ospiterà.

Sarà la gioia il barometro del loro camminare insieme. Non può essere che così: il cristiano è un seminatore di gioia, è per questo che affronta fatiche che, agli occhi di tanti, sembrano intuli, assurde: “La gioia, scrive Bernanos, è una delle potenze irresistibili del mondo: essa placa, disarma, conquista; l’anima allegra è apostolo; attira a Dio gli uomini manifestando loro ciò che in lei produce la presenza di Dio”.

Lo scrittore Nietzsche non ha capito molto del cristianesimo; ne ha capito abbastanza per dire, giustamente, che se uno è cristiano dovrebbe essere “un campione di gioia”. “Bisognerebbe che [i cristiani] mi cantassero dei canti migliori per insegnarmi a credere nel Salvatore; bisognerebbe che i discepoli avessero un’aria libera… Se la vostra fede vi rende felici, mostratevi tali”.

E tali lo saranno questi ragazzi e giovani, che si stanno preparando al pellegrinaggio nei campi estivi dell’oratorio, nelle settimane comunitarie, nella preghiera che rende i loro volti gioiosi. Non dovranno andare per le strade con gli occhi bassi, da sgangherati, da “eroi linfatici”, da “teneri bebè”, da “vergini sbiadite”, “vasi di noia”, “ombre di ombre”, come chiama Mounier i giovani cristiani, tutto acqua e sapone, cresciuti in certe serre borghesi.

Santa Teresa d’Avila pregava spesso di essere liberata “dalle sciocche devozioni dei santi della faccia triste”. Qualsiasi virtù che non canti è una virtù tradita. Sono certo che i giovani della montagna canteranno, arrivando a Loreto e con loro i tanti giovani che arriveranno da tutta Italia, a piedi, in bici, in treno o in pullman per incontrare il Papa che, a giudicare dal sorriso, appare un entusiasta testimone di una persona che “vive in Cristo”. E’ proprio il senso etimologico della parola entusiasta: en Theòs, immerso in Dio, afferrato da Lui. Perdere entusiasmo vuol dire perdere Dio, spegnersi a venti, trent’anni, pur campando fino a novanta! Incontrando un Papa entusiasta, i giovani, anche quelli in ricerca, più facilmente si avvicineranno a Cristo. E’ una provocazione affascinante!