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“Prima che il gallo canti…

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… due volte, tu mi avrai rinnegato la terza volta”. Sono parole del profeta di Nazaret a Pietro. E quando il gallo ha cantato, Pietro ha pianto lacrime amare per avere tradito il Maestro, che aveva riconosciuto come “Figlio di Dio”. Ha pianto ricordando le memorie di giorni splendidi, passati accanto a Lui tra discorsi di pace e miracoli incredibili.

Ci sarà un gallo che canta anche per quei giovani, che hanno staccato i crocifissi dalle pareti della scuola, distruggendoli tra scherni, risa e bestemmie, filmando il tutto con il classico cellulare, che permette di rendere note le proprie gesta attraverso quei canali pruriginosi di internet, diventati una specie di discarica dei rifiuti dei violenti e dei complessati?

Se ci fosse, dubito che il gallo possa suscitare in loro il senso di colpa, che porta a riconoscere e piangere il proprio tradimento. Dovrebbero avere come Pietro delle memorie! Allora certi gesti, spesso frutto di stupidità, di incoscienza o di cattiveria inutile, non accadrebbero.

A questi giovani mi piacerebbe mostrare qualche fotografia dei miei “barabitt”, quando rivivono la Passione di Cristo, detta appunto “secondo Barabba”. Oppure rileggere quella pagina di vita dell’ebreo Charlie Chaplin, quando incontrando Igor Strawinsky, gli racconta una storia che aveva in mente di girare per il cinema. La trama aveva scandalizzato il famoso maestro, che era disposto a comporne la musica.

In breve: attorno ad una pista di ballo dove un attore sta recitando la Passione di Cristo, ci sono numerosi tavoli, ai quali sono seduti diversi gruppi di persone: chi parla di commercio, di titoli in borsa, chi di argomenti futili. Interviene un ubriaco che, sdraiato ai bordi della pista, segue il dramma e apostrofa gli indifferenti: “Non vi accorgete che una persona sta morendo in croce?”. Una signora, moglie di un pastore protestante, chiama i camerieri e li invita ad allontanare l’ubriaco perché disturba… Il film non è mai stato girato, ma rivela il rispetto di Chaplin per il Crocifisso, che pure non faceva parte della sua vita di ebreo errante, eterno vagabondo, in cerca di amore.

Forse in queste persone ai bordi della pista, possiamo riconoscere quei giovani teppistelli, che di Cristo non sanno niente, ma anche tanti adulti, incapaci di raggiungere il cuore dei giovani per raccontare e innamorarli delle storie di Dio, A volte, siamo noi adulti, talmente presi da vergogna e paura di raccontarle, tra gente che non crede più in Dio, che lo rifiuta perchè si è fatto troppo vicino, uno di noi, morto in croce! Una vera follia!

Ieri lo dicevano ebrei, greci e romani, oggi lo ripetono gli uomini colti, gli intellettuali sulle pagine dei quotidiani o in tv; purtroppo anche giovani che ignorano l’amore di Dio, con il rischio di banalizzare la propria vita, “portandola in giro, in balia del quotidiano, gioco balordo degli incontri e degli inviti” facendone una “stucchevole estranea”, come scriveva , il poeta Costantino Kavalis. Tutto questo ci rende poveri della povertà più drammatica di fronte al mistero della vita e della morte, la stessa forse dei giovani che distruggendo i Crocifissi, senza accorgersi, corrono il rischio di distruggere se stessi.

La sfida di Dio continua ad essere l’audacia del nostro tempo, la sfida che può ridare respiro al mondo: è da raccogliere, se vogliamo bene ai nostri giovani, pensando l’Infinito e l’Eterno nell’orizzonte di Dio! Purtroppo abbiamomolti analfabeti dello Spirito in giro, per cui lasciamo troppo spazio a chi vive l’oggi, magari distorcendolo, secondo gli insegnamenti del Maligno.