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Pellegrinaggio a S. Pellegrino in Alpe – Vent’anni con Beppe Regnani

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Il pellegrinaggio uscito dalla civiltà contadina è in gran voga tra le scelte dei cittadini. C’è chi va per la via Francigena, chi a Santiago di Compostela o a Canterbury attraversando la Francia o la Svizzera e sono seguiti dalla radiocronaca.

Cento ragazzi di Castelnovo ne' Monti vanno in pellegrinaggio sino a Loreto in 15 tappe dove raggiungono il Papa il 2 settembre.

Vent’anni fa il Prof. Giuseppe Regnani (Beppe per tutti) è partito con il primo gruppo a piedi da Castelnovo a San Pellegrino in Alpe, rinnovando l’antica ricorrenza che ormai si ripeteva prendendo l’auto o la corriera. Così ha dato freschezza ad una manifestazione di fede facendo imparare la montagna ai montanari, lui che era salito da Scandiano per insegnar la matematica. Accompagnando giovani e anziani lungo i percorsi dentro a un territorio che si guarda vagamente, passando in macchina, in moto o in bici, sempre di corsa senz’incontrarlo mai.

Il cammino in gruppo per San Pellegrino è cominciato quand’era curato don Gianni Manfredini e ha raggiunto la ventesima edizione celebrata dal Parroco don Geli. Anche lui è venuto dalla bassa e non perde l’occasione di apprezzare paesaggi e compaesani che rendono ricchi i tanti passi camminati durante un giorno e mezzo.
Partendo di buon'ora dalla Pieve per scendere fino al Secchia e risalire per Sologno dove si prende fiato dopo il primo strappo e i locali osservano un gruppo di cittadini che cammina spinto dal bisogno spirituale.

“Troneggia” quando la fila indiana procede oltre il “Castello” e in mezzo ai castagneti. Il percorso offre una tregua sul Lavello, dove si scova Pighini in romitaggio, poi sale al Passo Cisa e all’ultima fonte si sosta per lo spuntino di metà giornata. La comitiva è diventata un bell’abbraccio che aggrega qualcun altro e ritrova Pietro Ferrari disperso in mezzo ai faggi perché la squadra accompagna sempre gli ultimi e porta tutte le signore in cima al Cusna.

Sotto la croce si apprezza il panorama vasto, si ringrazia per esserci con gli altri dopo aver superato un dislivello di 1700 metri, ma il vento spinge a riprendere alla svelta seguendo la dorsale fino alla Lama Lite dove s’arriva a fine pomeriggio.

Dopo 35 chilometri di saliscendi merita molte stelle il “Cesare Battisti”, rifugio appena ampliato e sempre aperto anche quando vive il dramma della morte di uno degli animatori. Il giovane Cristian Artioli caduto durante l’escursione al Monte Bianco viene ricordato da chi l’ha conosciuto, da quelli che l’avrebbero incontrato. I ragazzi del rifugio allentano il dolore dandosi da fare per ristorare quaranta pellegrini e anche un bel gruppo di danesi arrivati da una terra piatta per muoversi lungo l’Appennino a fare scorpacciate di montagne allungate dolcemente in ogni direzione.

La comitiva del pellegrinaggio cambia ogni anno la sua composizione, ma funziona sempre con la regia di Beppe e le capacità di Mauro Cervi, Rino Paoli, Rino Sironi che fanno squadra portando su l’insieme e il morale, muovendo al canto dei vecchi anche i bambini. La stufa raduna alla preghiera della sera e il “brindisino” si ripete col coretto di Beppe, che però si astiene avendo fatto voto di attendere il traguardo di quest’anno.

Dopo la grande cena e i canti, a qualcuno resta la voglia di andare fino al Passone sotto un cielo che brilla. Poi si dorme sodo o si resta ad ascoltare stando nel letto a castello, ribattezzato “conigliera” da Sergio Tamagnini.
Al mattino i pellegrini prendono tre direzioni che convergono al Passo delle Forbici: la rampata al Monte Prado per i più svelti, la discesa verso la Segheria dell’Abetina, oppure la traversata delle mirtillaie nella Valle dei Porci.

I tre gruppi arrivano al tempietto, riparo dei viandanti, e fanno cerchio per la preghiera nello spiazzo dov’è stato eretto il cippo dei morti ammazzati nella guerra, russi e italiani lungo la Linea gotica.

Uscendo dal bosco di faggio al Passo della Comunella il percorso riprende con lo 00 e la prospettiva spazia sulle valli del Dolo, del Serchio, dal Cusna al Cimone e verso le Apuane. Ogni colle allunga la fila e il saliscendi verso l’Alpicella sembra allontanare il promontorio col Santuario, poi il bosco scende fino al Passo alle Radici per l’ultimo tratto della strada.

Con mezza giornata di cammino giungono al termine dei 15 km i gruppi mescolati e amalgamati. Recitano il rosario lungo le stazioni fino alla curva quando compare il borgo con l’ospizio: i Santi Pellegrino e Bianco fanno sparire ogni doloretto, Edna e Adriana confessano la gioia per esserci arrivate.

La celebrazione conclusiva della Messa è un bel raduno di intenzioni tra persone che si sono conosciute meglio, pregando in modo semplice, aiutati dalla natura splendida e dall’entusiasmo. Don Margini riecheggia le attese portate su al Santuario da generazioni di gente contadina e viene in mente un parroco di allora, il mitico Don Zanni, che arrivava assieme ai felinesi andando per carraie, sostando in ogni borgo e tenendosi discosti dalle cime avendo sulle spalle le fatiche del raccolto e davanti lo stesso mezzo di ritorno.

Beppe saluta i suoi pellegrini e rende grazie per i seicento che hanno pestato sassi assieme nell’arco dei vent’anni e li ricorda idealmente nel rosario di ciottoli legati con la corda.

Appena fuori l’Ospitale la squadra con Marta e con Patrizia presenta un ricco conviviale. Il gruppo si è allargato con nuovi arrivi, ci sono anche gli amici di Scandiano e Beppe viene festeggiato, riceve abbracci, omaggi e la sorpresa in rima della signora Croci.

Finalmente prende parte al “brindisino” contornato da sorrisi, affetto vero e i piccoli Filippo e Francesco sono catturati dai grandi con il canto spiritoso del “gal l’è mort” in ogni versione di lingua fino a quella del dialetto.

Si sale in autobus con la voglia del pellegrinaggio dell’anno prossimo e c’è anche chi si appresta a fare come un tempo: raffredda i piedi per ritornare il giorno dopo.

(Enrico Bussi)

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- Pellegrini a S. Pellegrino (3 agosto 2007).