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L’ottimismo di cui abbiamo bisogno

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Ho parlato, in questo mese, a vari gruppi di genitori. In Svizzera: erano genitori immigrati anni fa con figli che parlano tedesco, frequentano ambienti giovanili più liberi di quelli tradizionali dei padri, con stili di vita alternativi, che creano tensioni non facilmente “domabili”.

A Milano ho incontrato genitori di un oratorio, dove “bulletti di periferia” hanno reso irrespirabile il clima, provocando una provvisoria “serrata”, per interrogarsi seriamente sulla gestione futura dell’oratorio.

A Ferrara i genitori si sono chiesti se era possibile ancora educare i propri figli in una città dove il cristiano è parte di una minoranza “arretrata” e “bacchettona” che rifiuta la cultura moderna, non accettando la “normalità” del divorzio, della convivenza, dell’aborto, della massima libertà sui temi giovanili della sessualità, della libertà, dei modelli di vita.

In Valtellina ho parlato invece a genitori e insegnanti, che dibattevano sul come dare un volto nuovo alla scuola, evitando il rischio di identificare informazione con educazione, progettando un cammino educativo che aiutasse i ragazzi a crescere persone mature, capaci di amare, di stare con gli altri. Nella teleconferenza con le famiglie di una parrocchia di Chioggia, uno dei problemi trattati è stato il rapporto genitori-figli sul senso delle “regole”.

In tutti gli incontri ho cercato di comunicare una carica di ottimismo e di speranza portando con me Sergio Procopio, un clown professionista, che concludeva la serata con le sue gags esilaranti, rivivendo con la gente l’episodio di Giovannino Bosco che, tra una riflessione e l’altra, intratteneva i suoi amici con le magie del saltimbanco.

Così L. Binswanger, in modo interessante, forse staccato dal reale, descrive il mondo dell’ottimista, che appare “roseo e senza nubi… poiché l’ottimista non conosce difficoltà e prende tutto alla leggera, anche il suo mondo è caratterizzato come leggero; poiché egli non vi urta contro e non si logora, esso evidentemente è liscio; poiché egli attraversa la vita con leggerezza, il suo mondo è piano; poiché egli non conosce ostacoli, il suo mondo è ampliato e ampio; poiché egli vede sempre una via d’uscita, il suo mondo è schiarito; poiché, anche in situazioni difficili, si sente come su un letto di rose, il suo mondo è morbido; poiché egli rende possibile l’impossibile, il suo mondo è plastico e malleabile; poiché egli vede in ciò che per gli altri è semplicemente possibile già qualcosa di probabile e reale, il suo mondo è in ampia misura efficace e creativo; poiché egli progetta e formula, spera, attende sempre qualcosa di gioioso, il suo mondo è prospero; poiché egli pensa solo il meglio degli uomini, il loro insieme è buono. Poiché per l’ottimista c’è sempre qualcosa che si produce o che si produrrà, anche il tempo è ampio e illimitato. Di conseguenza egli non è avaro con il suo tempo, ma ha sempre tempo, perché si vede sempre qualcosa davanti a sé”.

L’ottimismo del credente, nasce da una grande fiducia nelle persone, stimate figlie di Dio, ha per fondamento una fede, nutrita dalla preghiera, che gli permette di guardare in avanti senza angoscia o pessimismi, convinti che la storia, ogni storia, anche la più piccola, la più umile, è condotta da Dio. Che non sia questo l’ottimismo di cui abbiamo bisogno?