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Aaa cinghiali aratori al lavoro La ricetta della Cia

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Cinghiali aratori al lavoro in Appennino. Loro mangiano, ma fanno danni all’agricoltura. La denuncia è della Coldiretti che, in una nota, dice “Fare agricoltura in montagna è di per sé difficile e se alle difficoltà territoriali si aggiungono le difficoltà arrecate dalla forte presenza di animali selvatici la situazione diventa insostenibile. La densità degli ungulati, in particolar modo di cinghiali, nelle zone montane procura ogni giorno gravi danni alle aziende agricole”.

Le segnalazioni alla Coldiretti arrivano in particolar modo dai comuni di Villa Minozzo, Toano, Castelnovo ne’ Monti, Ramiseto, Carpineti, Baiso, Casina, Canossa e Viano. I cinghiali sarebbero essere avvistati in branchi di oltre 40 esemplari: si muovono attraverso gli appezzamenti coltivati rovesciando zolle di terra e compromettendo in modo irreparabile la produzione di foraggio.

Di qui l’allarme delle aziende.

“Il settore agricolo per anni ha tollerato, in particolare in montagna, la presenza di animali selvatici le cui conseguenze sono rimaste, fino ad oggi, intorno ad un livello di sopportabilità – commenta il direttore della Coldiretti reggiana Gianfranco Drigo -. Ora la presenza di ungulati, in particolare caprioli e cinghiali, è esplosa tanto da arrecare danni e devastazioni talmente pesanti da acuire lo stato di grave difficoltà del settore zootecnico montano già provato dall’andamento di mercato del Parmigiano Reggiano e dall’aumento dei costi di produzione”.

Ma quali sono i danni? Il fieno maggengo ha sempre rappresentato il piatto più ricco e sostanzioso per le vacche che producono latte per Parmigiano Reggiano. Infatti le aziende di montagna, da giugno a settembre, alimentano il bestiame con parte di foraggio fresco direttamente da loro coltivato. “Quest’anno – è la denuncia sicuramente forte della Coldiretti - per le vacche montane non ci sarà foraggio ‘fatto in casa’ ma solo acquisto. Le vere e proprie razzie di questi ultimi giorni da parte dei cinghiali, che grufolando hanno devastato completamente le produzioni foraggiere, obbligano le aziende ad acquistare il prodotto sul mercato con ulteriore aggravio dei costi di produzione”.

Quali i numeri? “Si pensi che per un’azienda con 20 ettari di coltivazione danneggiata è costretta a spendere oltre 4.000 euro per l’acquisto del quantitativo di foraggio necessario a colmare la perdita. Il danno non si limita solamente alla perdita del prodotto ma anche all’impegno necessario al ripristino del cotico erboso compromesso dal passaggio dei selvatici. Le difficoltà vengono inoltre aggravate dalla presenza di caprioli ed ultimamente anche di cervi la cui presenza sta mettendo a dura prova la convivenza tra agricoltori e animali selvatici e la stessa esistenza di aziende vitali e con giovani in territorio montano”.

Le aziende agricole della nostra zona montana, vocate prevalentemente alla produzione di latte per Parmigiano Reggiano, già in seria difficoltà, vivono questi danni da cinghiali come una vera e propria calamità che rischia farle chiudere.

È necessario che le istituzioni, a qualsiasi livello interessate, attuino azioni più incisive per il contenimento della fauna selvatica – commenta la Coldiretti -, che le stesse organizzazioni dei cacciatori superino le differenze che ne sta contraddistinguendo il loro operato affinché si possa pensare ad un settore agricolo montano ancora come un reale valore aggiunto sociale, ambientale ed economico.

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Sempre sul problema danni da ungulati, si registra anche l'intervento della Confederazione italiana agricoltori (Cia)

CASTELNOVO MONTI (5 aprile 2008) - "Quello che stiamo assistendo in questi giorni sul territorio provinciale, in particolare Appennino, collina e montagna, è una recrudescenza dei danni causati da questi ungulati". A sottolinearlo è, infatti, la Cia di Reggio Emilia per voce del responsabile di zona Claudio Gaspari.

"Le problematiche sono note da tempo - prosegue Gaspari -. Oltre a segnalare i danni diretti che questi ungulati arrecano alle produzioni agricole con tutte le conseguenze del caso, dal mancato approvvigionamento dei foraggi, ai problemi di carattere ambientale e sanitario, come Cia evidenziamo l’esigenza di affrontare una volta per tutte questo problema".

"Partendo dalla prossima approvazione del Piano provinciale faunistico venatorio - aggiunge una nota della medesima Cia - di competenza dell’Amministrazione provinciale, al quale le associazioni hanno contribuito con una serie di osservazioni, volte, su questa specifica problematica, a cercare di riportare la situazione sotto controllo, non sempre si è riusciti a raccogliere quanto proposto".

Alla luce di questo, la Cia provinciale ritiene che alcune proposte debbano essere prese in seria considerazione dall’Amministrazione provinciale ed inseriti nel Piano faunistico, in quanto il rischio reale è quello di perdere il controllo della situazione da parte degli Atc e della Provincia stessa. Ecco le proposte dell'associazione agricola:

- Il concetto di eradicazione del cinghiale nei territori di collina deve essere presente nell’Atc3 collina.

- Nei territori montani la presenza minima dei cinghiali non deve superare i 5 capi ogni 200 ettari.

- Censimento degli ungulati effettuato da personale non direttamente coinvolto nelle pratiche venatorie o da interessi specifici, al fine di evitare strumentalizzazioni dei dati e interessi particolari.

- Adozione di tutti i sistemi di metodo di abbattimento e cattura ritenuti utili ed efficaci per garantire le radicazioni o il raggiungimento della densità prevista ove consentita.

- Prelievo e caccia di selezione piani di controllo selettivi nelle zone di protezione (Parco nazionale e zona ripopolamento cattura, ecc.), nonché estensione dei prelievi anche nelle aziende faunistico-venatorie a cura di Polizia municipale, Polizia provinciale e Corpo forestale dello Stato.

- Istituzione di verifiche periodiche dei risultati ottenuti come capi abbattuti rispetto agli obiettivi assegnati, con sostituzione dei componenti o della squadra incaricata dell’abbattimento, qualora non siano raggiunti gli obiettivi minimi assegnati.

- Unificazione delle procedure di indennizzo dei danni fra i diversi enti (Atc, Provincia, Ente Parco, AFV) con la costituzione di uno sportello unico per i danni e l’adozione di modalità comuni di valutazione e liquidazione dei danni, nel rispetto dei tempi previsti dalla legge 241/90.

- Adozione di un prontuario con l’introduzione di parametri tecnico-economici diversificati per coltura, per la valutazione e liquidazione dei danni, sia diretti che indotti alle colture, quali la perdita della qualità del prodotto e/o dei suoi derivati, (ad esempio: formaggio Parmigiano Reggiano).

- Proposta che si ritiene fondamentale “rotazione delle squadre di caccia mensile sul territorio” durante il periodo di apertura della caccia, al fine di evitare la nascita di piccole riserve autogestite.

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