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“Troppe leggi”

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Sono tornato a casa da due riunioni sugli ultimi decreti legge riguardanti, uno, aspetti economici e, l’altro, quello scolastico che, aggiungendosi ad altri precedenti, si correggono, si interpretano, si annullano. Soffocato dalle nuove norme, mi sono sentito novello Gulliver, versione 2008. Come il medico protagonista del romanzo di Jonathan Swift, mi sono trovato naufrago nella mitica isola di Lilliput, imprigionato da mille piccoli funi con le quali i lillipuziani lo tenevano steso a terra.

Quelle funicelle sono le tante e tante leggi, che regolano il nostro vivere “disumano”, rintronati, per dirla in linguaggio sportivo, come il pugile a terra sul ring dopo il k.o. dei divieti e dei permessi, delle concessioni e delle carte bollate, delle furbesche interpretazioni a ruota dei dettati dei legislatori.

Chi ci libererà da questo cumulo di leggi, che imprigionano persone, famiglie, associazioni nel complesso di Gulliver? Vorrei rivolgermi ai politici che contano, che si aspettano di essere votati da noi, uomini del popolo, sperando che l’appello giunga anche al loro corteo di funzionari, dirigenti, consiglieri, burocrati, che siedono nei vari uffici ministeriali, regionali, provinciali, comunali: aiutateci a vivere da uomini in piedi e non sdraiati o in ginocchio come i cani ammaestrati davanti ai loro addestratori. Aiutateci a scoprire la libertà di cui si vantava Bernanos, al quale il torrente di parole dei politici o degli amministratori delle cose pubbliche non sono riuscite a fargli saltare tutti i cerchi che gli venivano presentati nell’arena del Circo.

Mi piacerebbe potere esclamare, a fronte alta, con lui: “Io non sono ammaestrato. Sto soltanto in piedi. Sono un uomo in piedi! Non pretendo di parlare a nome degli elettori. Gli elettori sono ammaestrati per il Circo! Oh, ci sono molti Circhi! Ieri il più grande Circo di Francia portava un nome, oggi ne porta un altro. Pazienza. Gli elettori sono ammaestrati per il Circo. Però c’è sempre un uomo in ogni elettore, non credete? Ebbene, a nome di quest’uomo io parlo, o perlomeno parlo a nome di tutto ciò che è restato di quest’uomo”.

Io credo a Bernanos ed è a nome di questi uomini che invoco un numero minore di leggi! Sono troppe quelle nate dalla paura e dalla sfiducia nell’uomo di quelle animate da vero desiderio di libertà e di giustizia.

Oggi, per legge, è perfino difficile fare la carità, accogliere un povero, aprire una comunità o una cooperativa di lavoro. Per legge si rende duro l’aprire il baretto dell’Ooatorio, organizzare una cena alla sagra parrocchiale, far recitare dei ragazzini o una compagnia amatoriale… Sono alcuni esempi di tante iniziative che per legge sono rese complicate e laboriose, vere fatiche di Sisifo: aprire una fabbrica per dare lavoro ai giovani, un negozio del commercio equo solidale, corsi di formazione… Si deve entrare spesso in un sistema-labirinto così complicato da assorbire energie e risorse che potrebbero essere destinate alle persone. Non parliamo di sanità e, per amore di patria, stendiamo un velo di silenzio sulle code delle persone anziane nei vari uffici…

Forse appartengo alla categoria degli ingenui che ritengono una barbarie questo insieme di codici e di decreti che minacciano più che liberare il vivere civile: lo si fa per garantirsi dagli imbrogli ma si penalizzano gli onesti.

Forse un’uscita di sicurezza esiste per liberarsi dal complesso di Gulliver! E’ un libro antico di quattro autori, iscritti a nessun apparato statale. Si chiama Vangelo! Il Protagonista dice che due sono le leggi fondamentali per la convivenza fraterna e solidale: amare Dio e amare gli altri come noi stessi. Da lì potrebbero scaturire altre leggi, che tengono conto delle persone più che delle cose, una giustizia, che non è di pochi ma di tutti, il benessere del cuore e della mente che sono i frutti maturi dell’amore.

Un mondo che si organizza apertamente per fare a meno del Vangelo, per instaurare una giustizia senza Cristo, una giustizia senza amore, per far funzionare il Sistema ha bisogno di leggi e leggine con la conseguenza che la giustizia senza Dio diventa presto “una bestia arrabbiata” in una terra desolata quanto mai.

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