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Emergenza educativa / Il don Bosco nell’800 più avanti dei politici del Duemila?

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Non ho notato vivo interesse al mondo giovanile nel diluvio di parole dei nostri massimi leaders politici! Certo, l’Alitalia vale più dei raduni rave party o delle dipendenze schiavizzanti i nostri giovani! L’expo più della scuola in crisi o delle famiglie in difficoltà.

Siamo ancora indietro rispetto alle proposte di un Santo, Don Bosco, che ancora recentemente don Luigi Ciotti, uno dei “pretacci di strada”, come li chiama Cannavò, citava in una trasmissione TV riguardante i drammi dei giovani.

Don Bosco nel 1878 aveva scritto, in un promemoria autografo, il “Sistema Preventivo” in versione laica, termine che piace molto alla classe intellettuale dominante sui nostri schermi e sui nostri giornali. Lo aveva indirizzato al ministro Francesco Crispi, che aveva poche simpatie per la Chiesa ma nutriva grande rispetto per il prete di strada suo contemporaneo, chiamato Giovanni Bosco, che lo aveva accolto quando, esule, aveva dovuto emigrare a Torino.

Don Bosco si rivolge ai ragazzi più in difficoltà, quelli delle periferie, immigrati o in cerca di lavoro, con esperienze di furto, insomma “i discoli” dell’ottocento piemontese. Al punto “Provvedimenti”, il Santo scrive:

“1. Con i giardini di ricreazione festiva, con la musica, la ginnastica, con i salti, con la declamazione, con il teatrino [i giovani] si raccolgono con molta facilità. Con la scuola serale, poi, con la scuola domenicale e con il catechismo, si dà l’alimento morale proporzionato e indispensabile a questi poveri figli del popolo.

2. In queste adunanze fare indagini per conoscere quelli che sono fuori di padrone, e fare in modo che siano occupati ed assistiti lungo la settimana.

3. Se ne incontrano poi di quelli che sono poveri e abbandonati, né hanno come vestirsi, né come nutrirsi, né dove dormire la notte. A costoro non si può altrimenti provvedere se non con ospizi e case di preservazione, con arti e mestieri ed anche con colonie agricole”.

Quando parla di “ingerenza governativa”, don Bosco descrive i modi con i quali il Governo poteva cooperare:

“1. Somministrare giardini per i trattenimenti festivi; aiutare e fornire le scuole e i giardini del necessario suppellettile.

2. Provvedere locali per ospizi, fornirli dei necessari utensili per le arti e mestieri, cui sarebbero applicati i fanciulli ricoverandi.

3. Il Governo lascerebbe libera l’accettazione degli allievi, ma darebbe una diaria ovvero sussidio mensile per coloro che, trovandosi nelle condizioni descritte, fossero ricoverati. Ciò si farebbe constare o dai certificati dell’autorità civile, o dai fatti delle questure che assai di frequente incontrano giovanetti che appunto si trovano in questa condizione.

4. Questo sussidio giornaliero sarebbe limitato a un terzo di quanto costerebbe un giovanetto nei riformatori dello Stato… In questo modo il governo aiuterebbe, ma lascerebbe libero il concorso della privata carità dei cittadini”.

Il linguaggio è chiaramente superato ma da qui si vede la modernità di don Bosco nell’intervento concreto, immediato, con progetti possibili, proponendo luoghi di aggregazione, occasioni di lavoro seguito, “protetto”, l’istruzione e la formazione professionale, la libertà di aprire questi luoghi non solo da parte della Stato ma anche su iniziativa della Chiesa, di gente privata che rende comunque un servizio pubblico, non tralasciando di chiedere al Governo un giusto sostegno economico.

I giardini di ricreazione festiva per don Bosco sono gli oratori! Chi li ha, li considera preziosi! Tante volte li abbiamo indicanti come uno spazio aggregativo, dove fare prevenzione. Non l’unico! Il Santo stesso aveva inventato altre forme di servizio ai giovani, rispondendo alle loro urgenze. Sua, forse, la prima casa di accoglienza di stile familiare dei ragazzi di strada a Torino! Chi ama i giovani, non pecca mai di creatività educativa!