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La gita a Illingen

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I nostri gemelli di Illingen non sono tutti biondi e con gli occhi azzurri, nemmeno tutti hanno le guance arrossate e indossano sandali con le calze. Ce ne siamo accorti appena scesi dal pullman. Entrati in una piccola locanda in cerca di ristoro, cominciamo a parlare tra di noi, quando una voce marcatamente siciliana ci interrompe, la sua mano va incontro alle nostre, interessati ascoltiamo la storia della sua vita.

La sua è una storia simile a molte in paese, storie di uomini e ragazzi partiti soli trenta, quaranta anni fa, senza sapere una parola di tedesco, salutando il sole della Sicilia o le aspre colline calabresi in cerca di marchi nelle fabbriche della regione di Stoccarda, andando incontro a un destino da migranti. Ora questi ragazzi sono cresciuti, molti di loro sono già in pensione, i loro figli son ragazzi, e da tempo hanno capito come l’idea di ritornarsene laddove sono nati rimarrà un eterno miraggio. Hanno vissuto una vita di sacrifici, ma sono riusciti a costruire un futuro per le nuove generazioni.

Ci sono i siciliani, i calabresi, i turchi, i tedeschi biondi e paonazzi, nel piccolo paese di Illingen. Ci sono panetterie prodighe di buoni profumi, piccoli rivenditori di kebab, una scuola con ampio cortile, fiancheggiata dalla chiesa e dall’abitazione in cui, una notte di un’epoca passata, si fermò a pernottare il grande Napoleone in persona. Le case mostrano travi di legno ben visibili e mai regolari, circondate da pareti color pastello; hanno i tetti a punta, spioventi sino a inculcarti la curiosità di come faranno a sostituire le tegole quando si rompono, come faranno i muratori a stare in equilibrio lassù.

Le stradine sono strette, punteggiate ai lati da giardini e vasi di fiori; come nel mezzo di una fiaba dei fratelli Grimm, passeggiando ci si dimentica del nostro Duemila che brucia il tempo, si ha come la sensazione di trovarsi dentro un’oasi parallela, attuale ed eterna, che trasmette una quieta placidità. È come se strade e abitazioni portassero il sapore del pane fatto in casa, nel forno a legna, quello stesso pane che ancora gli abitanti del posto portano a cuocere negli antichi forni pubblici, piccole casette con legna e forni a disposizione di tutti.

Nei giorni della nostra gita, Illingen era in festa: musica, birra, salsicce e folclore lungo le stradine del centro. Per un week end, il piccolo paese brulicava di gente di ogni età, di famiglie con nonni e bambini, ma anche di un’insospettabile numero di giovani a bordo di taxi o treno. Lo spirito festaiolo era condiviso e contagioso, essenzialmente fondato sulla gioia dell’incontrarsi e stare assieme, senza sovrastrutture modaiole o commerciali, senza troppi problemi, senza indugi all’etichetta o alla brama di ritagliarsi fatue apparenze. Senza vanità.

Di questa gita a Illigen, ricorderemo la splendida accoglienza, l’albergo Lamm, che in tedesco significa pecora, la locanda di Vincenzo Giglio con le sue pareti bianche a forma di grotta e la sterminata collezioni di modellini di camion appesi accanto alle lucine colorate; ricorderemo tante persone, molte delle quali con piacere saluteremo durante la nostra fiera, in quello stand ogni anno preso d’assalto dai castelnovesi più golosi; ricorderemo i luoghi, ricorderemo i momenti. Ecco, i momenti: cosa c’è di più prezioso dell’assaporare la bellezza di alcuni momenti, per tenersela stretta stretta, sfumata ma sempre precisa, nei ricordi che ci accompagnano nelle nostre quotidianità lavorative, aiutandole a essere ogni giorno più vivaci, ricche, variegate?

Un caro saluto ai nostri amici tedeschi, nell’attesa che altri momenti ci trovino insieme coinvolti.