Home Cronaca Vetto, quei platani col cuore di ferro erano “appena nati”

Vetto, quei platani col cuore di ferro erano “appena nati”

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VETTO (4 aprile 2009) - Ci sono iniziative, che, a pensarle commuovono ancora a distanza di anni. Accade a Vetto dove, un recente restauro conservativo, ha mantenuto, nei rinnovati giardini, i platani ottuagenari, incuranti delle problematiche legate al loro fogliame nei mesi d’autunno, ma guardando alla loro maestosità, alla loro ombra estiva e, soprattutto ci piace pensare, al loro significato. Infatti, se li osservate da vicino, ad altezza d’uomo hanno una protuberanza che, con due occhiali speciali capaci di scrutare nella nostalgia del legno, può svelare il suo contenuto. Molti platani al loro interno conservano (o meglio hanno inglobato) una targa di ferro. Su quella targa, che venne inchiodata su di loro quasi novant’anni fa, il nome di un caduto vettese nella prima guerra mondiale.

Ci sale alla mente questo pensiero, proprio ora che, manco, un giovane difficilmente capisce perché poteva succedere di morire sotto una slavina della Valca Monica, come Fiori Florindo, o nei campi di prigionia austriaci, come Pagani Ancesto, entrambi avi di chi scrive.
Proprio ora, ci torna alla mente la magnificità di questo giardino, dove se chiedi a qualche giovane ammiratore del Grande Fratello chi era Cadorna (primo conflitto) o l’alpino e generale montecchiese Luigi Reverberi (secondo conflitto), in pochi ti sanno rispondere.
Ebbene, ciò che commuove oggi è una cartolina che abbiamo visto qualche giorno fa su E-bay, il grande sito on-line per la vendita di qualsiasi bene. E’ una cartolina, in vendita per una ventina di euro, del municipio di Vetto, quando ancora questo edificio conservava lo splendido stile imperiale cancellato, a metà del Novecento, da una triste ventata di stile alpino e quando da poco si era inaugurato il monumento ai caduti demolito sul finire degli anni Ottanta.

In questa particolare immagine siamo negli anni Venti ed è possibile ammirare i platani a poche settimane o giorni dalla loro piantumazione, quando si rese necessario ‘tutelarli’ con apposite asticelle di legno.
Ora questi alberi monumentali, con la caratteristica scorza che si sfaglia lasciando in evidenza il tronco bianchissimo, sono ancora lì a sfidare il tempo e a rincorrere, anche, i 500 anni di vita. A perenne ricordo di coloro i quali sono andati avanti: ben 93 di Vetto nella prima guerra mondiale. Così, si può leggere, sul sito gli Albi della memoria, ben curato dall’Istoreco e dove invitiamo le nuove generazioni a sbirciare tra i nostri cognomi, a ricordo di chi non ha fatto ritorno a casa perché perito in guerra, dall’Africa di fine Ottocento, alla Germania degli anni Quaranta del Novecento.

(Gabriele Arlotti)