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In Appennino c’era una volta il maiale

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C'era una volta il mondo dei suini, anche e soprattutto in Appennino. Ricordate? A fianco ad ogni caseificio sorgevano porcilaie dove il prezioso siero, residuato dalla lavorazione del formaggio, alimentava i suini destinati a produrre i prosciutti più buoni del mondo.

Parmigiano Reggiano, e anche suini, portarono così maggiore benessere in montagna. Addirittura in alcuni casi attorno ai paesi svilupparono veri e propri paesi e, pure, benessere e case per vacanze estive. Ma... ai nuovi signori e ai villeggianti il 'puzzo' (o 'profumo dei soldi', punti di vista) dei maiali ora non piaceva più: altri gli stili di vita.

Addirittura una politica regionale proibizionista ha determinato il netto abbandono dell'allevamento suinicolo.
Il risultato? Nel volgere di due decenni dalla nostra montagna sono quasi completamente scomparsi gli allevamenti suinicoli abitualmente inseriti accanto ai caseifici.

In occasione della trazionale fiera suinicola reggiana, pubblichiamo l'appello della Coldiretti di Reggio Emilia per il rilancio di un intero settore.

(g.a.)

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Il comparto dell’allevamento suinicolo risente da molto tempo di una forte contrazione. Coldiretti ha organizzato numerose iniziative in tutta Italia per trattare questa problematica, affrontando l’aspetto dell’obbligatorietà dell’indicazione dell’origine in etichetta, a favore di una trasparenza verso i consumatori dando loro la possibilità di scelta del prodotto nazionale.
L’Italia importa oltre il 40% del proprio fabbisogno di carne suina, in assenza di qualsiasi sistema di indicazione dell’origine, che possa informare il consumatore rispetto al luogo di produzione e macellazione delle carni. Buona parte dei prodotti a marchio IGP si ottengono con carne straniera, in quanto i relativi disciplinari prevedono che in Italia si svolga solo il processo di lavorazione delle carni. Il consumatore non è adeguatamente e correttamente informato e non ha quindi capacità di scelta, a scapito dell’allevamento suinicolo italiano.
Da anni Coldiretti sostiene l’obbligo dell’origine in etichetta nonostante molte componenti della filiera, anche di parte agricola, si siano mostrate in disaccordo, tendendo a riconoscere solo l’etichettatura volontaria.
«Solo nelle ultime settimane – afferma il presidente della Coldiretti di Reggio Emilia Marino Zani - abbiamo potuto rilevare come alcune Organizzazioni Professionali abbiano proposto come soluzione alla crisi l’indicazione dell’origine in etichetta, condivisione che se ci fosse stata fin dall’inizio forse non ci avrebbe portato ad affrontare un’altra volta una crisi di settore così accentuata».
Ad oggi per ogni 100 euro pagati dal consumatore finale per la carne suina, circa 50 sono per la distribuzione, 37 per l’industria, 13 per l’allevatore. È una situazione che danneggia sia i consumatori sia gli allevatori italiani che sempre più spesso chiudono le loro imprese
«È necessario – commenta il direttore Pasquali - investire in una filiera tutta italiana con una produzione programmata in base alle necessità di mercato ed una relativa valorizzazione del marchio Gran Suino Padano, un prodotto di alta qualità che può trovare soddisfazione da un rapporto diretto col consumatore».
L’Italia produce soltanto il 60% del consumo interno di carne suina, del 40% di carne importa non si è certi della provenienza, un prosciutto su quattro è straniero, all’interno della medesima struttura si macellano e si lavorano sia capi nazionali sia esteri e si stagionano cosce DOP e cosce estere.
«Si continua a parlare di filiera - continua il presidente Zani - quando si è di fronte a comparti stagni ognuno dei quali cerca di portare a casa il proprio vantaggio. Occorre che il mondo allevatoriale decida di costruire un percorso autonomo di confronto con il resto della filiera al fine di riprendere potere contrattuale».
Coldiretti ha redatto un documento che raccoglie una serie di proposte per uscire dallo stato di crisi della suinicoltura avanzate al Governo e alle istituzioni. Coldiretti ritiene che ci sia spazio nella forbice tra i prezzi alla produzione e i prezzi al consumo per garantire una adeguata remunerazione agli allevatori e non aggravare i bilanci della famiglie.
In sintesi Coldiretti propone:
1. Una filiera tutta italiana e l’indicazione dell’origine in etichetta solo per prodotti che contengono il 100% di carne nazionale.
2. Sospendere il tavolo di filiera che non sta dando i risultati attesi e rimettere in gioco il potere contrattuale degli allevatori.
3. Il mercato unico di Reggio Emilia deve definire un prezzo e non una tendenza; deve disporre di dati utili per un serio confronto tra parte produttiva e di lavorazione delle carni; deve avere un gruppo di lavoro interno composto da parte agricola, che definisca settimanalmente il prezzo dei suini, con una declaratoria separata per i suini del circuito DOP.
4. Programmare le produzioni nazionali in relazione al mercato interno ed estero per coprire le percentuali di prodotto importato prevedendo anche l’apertura a produzioni come i suini leggeri e medi, oltre che ai pesanti.
5. Disponibilità degli strumenti del credito regionali come gli Agrifidi a cui la Regione Emilia Romagna possa affidare nuove proposte.
6. Escludere dai circuiti DOP quelle aziende che allevano, anche solo in parte, suini di provenienza estera; lo stesso per quei macelli e salumifici che all’interno della medesima struttura macellano, lavorano o stagionano capi nazionali e di provenienza estera.
7. Aumentare le potenzialità del Gran Suino Padano attraverso una maggiore presenza del prodotto anche nella distribuzione al dettaglio.
8. Assicurare l’applicazione della normativa in materia ambientale (direttiva nitrati e benessere animale) in modo contestuale e uniforme su tutte le regioni italiane. L’attuale applicazione in modo difforme e con tempistica diversa crea turbativa di mercato e concorrenza sleale tra i produttori delle diverse regioni. A questo proposito Coldiretti ha già chiesto di derogare i limiti massimi di spandimento nelle zone vulnerabili per quelle colture che necessitano di un uso maggiore di reflui zootecnici.
9. Intensificare e migliorare i controlli sanitari e commerciali sui prodotti di importazione, a tutela dei consumatori, ed in particolare sulle triangolazioni commerciali dai Paesi Terzi, relativamente al sistema di controllo delle DOP.

(Coldiretti Reggio Emilia)

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