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Sopravvivere, in Appennino, ai tempi della crisi

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CASTELNOVO MONTI – La crisi globale in Appennino. Non scriviamo volentieri questo articolo perché fa male e colpisce il cuore vedere, coi proprio occhi, quanto questo fenomeno interessi le nostre aziende, i nostri lavoratori, noi in prima persona. Ma a Castelnovo, un fatto più di altri, o forse la classica goccia che fa traboccare il vaso, ci sveglia da questa riluttanza.

CRISI D’APPENNINO

Siamo in via Roma, sono da poco passate le 21. Un signore, piumino scuro e scarpe da ginnastica, con dignità si avvicina a un cassonetto d’immondizia, vi fruga dentro, ne ritrae un po’ di pane, lo mangia sbrigativamente nella panchina accanto. Più avanti prende due bottiglie d’acqua, abbandonate dagli studenti nel pomeriggio, e le porta con sé. Ancora qualche passo, ed ecco un altro cestino da rovistare. Diverse persone sono in oggettiva difficoltà.
Siamo a Montecchio nell’area industriale: lì, dalla montagna, scendono in molti a trovare occupazione nelle diverse aziende artigiane. Ora li vedi a casa spesso, di giorno. Si chiama cassa integrazione, un fenomeno già noto, ma che mai avevamo visto così diffuso. La crisi coinvolge trasversalmente.

Siamo a Felina, la fila per quello che era stato segnalato come il fenomeno del caporalato si è attenuata. Neanche per i clandestini o gli irregolari c’è più la coda per attendere il sogno di un lavoro per pochi euro. La crisi non risparmia anche i piccoli.
Siamo in quel di Vetto. Attorno a una nota industria, si accumulano in ogni dove i ‘battiscopa’ incelloffanati in una moltitudine di pallet colorati che nessuno chiede più. Il camion che scendeva alla Bassa periodicamente carico della preziosa merce è desolatamente ai minimi giri. Un’immagine destinata a restare scolpita nella nostra generazione. La domanda di molti settori è ferma.

Siamo a Carpineti dove, lo scorso anno, ha chiuso l’ultima grande industria: nell’anno nuovo in meno di due mesi la popolazione, dice il foglio dell’anagrafe, è calata di 50 unità. Continuiamo a spopolarci, non solo nel crinale.
Siamo a Gazzano, l’ultimo pastore giovane chiude l’attività. Troppe spese, non ci si campa più con questo tipo di agricoltura. Fine di duemila anni di pastorizia nel crinale. L’agricoltura tiene sempre di meno.

Siamo a Busana e un banchiere ci spiega: “Sì prima veniva gente per chiedere prestiti anche per le vacanze. Ora non più, il credito si è ridotto e le banche non concedono liquidità quasi a nessuno, i rubinetti sono chiusi. Ma il mio telefono continua a squillare per richieste di prestiti”. Il sistema finanziario sopravvive.
In un giorno lavorativo siamo sull’autostrada del Brennero in prima corsia ai 120 km/h, prossimi alla velocità massima consentita. Sull’altra corsia siamo sorpassati da una fila ininterrotta di Suv di diverso colore, guisa, marca ma con due cose in comune. Chi è proprietario di queste (inutili?) macchine ingombranti dispone sicuramente di un reddito medio alto; inoltre tutte sono comunque di recentissima immatricolazione. La crisi evidentemente allarga la forbice tra chi ha e chi non ha.
Nell’industria, nell’artigianato, nell’agricoltura, nella finanza, nel vivere civile. Eccola qui la crisi d’Appennino in questo 2009 orribile.

PROSPETTIVE D’APPENNINO

“Mai così tanti politici o amministratori di montagna ai vertici di comando nel mondo economico e politico provinciale”, spiega Rodolfo Manotti, presidente di Confartigianato Federimprese in una notte di metà aprile ad alcune aziende di montagna.
Il Tai (il tavolo delle associazione imprenditoriali reggiane) avanza a una sola voce un manifesto di richieste per lo sviluppo del nostro comprensorio, anche se con poca convinzione si parla di defiscalizzazione per chi vive in montagna, mentre un buono spazio è lasciato a quella che dovrebbe essere la ricetta più forte: innovazione e nuovi poli produttivi.

Per quanto riguarda la finanza, già su queste pagine Guido Tamelli, direttore di banca, spiegò che la rincorsa per ‘alimentare il consumismo a tutti i costi è miseramente fallita’, ora bisogna recuperare lo spirito del buon padre di famiglia. E, aggiungiamo noi, il riavvicinamento della crescita a un’economia reale e non solo finanziaria. Come pare surreale il ricordo del 1999 quando capitava di sentire la massaia parlare di borsa dal macellaio…
Condividiamo l’appello di Tremonti, anche, da più parti gli appelli agli imprenditori e ai consumatori a rimettersi in gioco, a investire. Non è ovvietà: il capitale, in Appennino, circola se siamo i primi a crederci. Ma ora si tocca con mano la paura a investire in qualsiasi settore.
Romano Prodi, alla tv, sostiene che l’uscita dalla crisi sarà lunga e non semplice, ma almeno abbiamo scongiurato il crollo delle borse. In Appennino, come da sempre, i grandi fenomeni economici sono causa di sacrifici più di altrove. Di contro, la montagna assieme, può mettere in campo la sua identità, i suoi valori, le sue particolarità, le sue eccellenze, lo dicono tutti. Eppure, il crinale difficilmente, a breve, potrà tenere: basta viverlo per vedere una popolazione sempre più anziana.

Forse da noi, più che altrove (proprio perché qui costa di più vivere in termini economici e di relazioni sociali o culturali) la crisi avrà l’effetto del fuoco sulle stoppie. Sotto la cenere cosa resterà?
Certo, è dimostrato che la crisi è come una malattia: suo malgrado seleziona le attività. Restano le migliori. Non nascondiamoci, però, che tutto questo ci sta costando decisamente caro, in perdita di lavoro, occupazione, risorse, popolazione. Purtroppo in pochi se ne accorgono.
A parte nella gestione dei fondi strutturali, di misure ‘innovative’ e concrete a livello nazionale e locale per la montagna (come a maggior ragione occorre mettere sul piatto in tempo di crisi) all’orizzonte facciamo fatica a scorgerne. Rappresentiamo la metà della superficie, ma solo il 10% della popolazione: la terra, purtroppo, non vota. Lo dimostreranno, a breve, i programmi elettorali dei partiti e dei ‘grandi’ candidati: di montagna e problemi della montagna non vi sarà traccia.

(Gabriele Arlotti)

* * *

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4 COMMENTS

  1. Realtà o fantasia??
    Bello questo articolo sulla crisi e allo stesso tempo molto tragico. Non ho elementi per giudicare quanto è scritto; se ad esempio questa inquietante “cronaca” dell’Appennino è frutto di fantasia, ma se di fantasia si tratta purtroppo si avvicina molto alla realtà. Mi aspettavo numerosi commenti da parte dei lettori, ma finora non ho visto niente. Nemmeno sull’ottimo intervento richiamato, scritto da Don Chiari, soltanto uno, ma apprezzato. Quello di Don Chiari è soltanto un esempio; ma mi sono chiesto quale mondo ci siamo creati, frettoloso ed ingordo allo stesso tempo, dove chi ha bisogno non è degnato nemmeno di un pensiero! Tempo as (quando c’era più solidarietà) i panini si preparavano sul momento, alla bisogna e non si buttava niente, nemmeno il pane vecchio! Ora bisogna prepararli prima per risparmiare sul personale e soddisfare la fretta dei clienti pretenziosi, poi quello che avanza… si butta!!!!
    Si ricorda brevemente un articolo firmato da Guido Tamelli, direttore di banca, dove spiegò che la rincorsa al consumismo a tutti i costi è miseramente fallita. Come non dargli ragione!! Per chi ha buona memoria, questa emergenza ha radici lontane, perché sono diversi anni che si parla di crisi, di tirare la cinta, di fare sacrifici, senza spiegare poi per chi e a favore di chi. Tutti si sperava di uscire da un lungo tunnel e che si adottassero regole serie e fatte rispettare, ma uguali per tutti e che si premiasse soprattutto il serio lavoro produttivo e di qualità rispetto alle speculazioni ed alla spinta al consumismo esagerato dell’usa e getta ed alle spese pubbliche insensate.
    Ma al contrario la crisi si è acutizzata all’improvviso in tutto il mondo. Con rammarico debbo rilevare che i nostri numerosi politici (governanti e non), ben strapagati solo per polemizzare fra di loro, non avevano previsto proprio nulla! Ora ci chiedono il nostro voto per andare al Parlamento Europeo… ma se penso che nonostante la crisi i nostri dipendenti a livello europeo sono i più ben pagati (da noi) e come conseguenza mi viene da pensare che questi (assieme ai loro troppo numerosi colleghi parlamentari italiani che non ci regalano niente), non sono e non saranno in crisi!! Mi sbaglio?? Che voglia da parte mia di non andare a votare! Sicuramente sono in crisi quelli che vivono del proprio lavoro, sia dipendente che autonomo. Chi da prima aveva molte possibilità, proprio per questa situazione ora hanno l’opportunità di aumentare i propri possedimenti e a basso costo.
    Si parla brevemente dei SUV che passano dal Brennero… Si potrebbero aggiungere molte altre cose inutili, l’elenco sarebbe molto lungo. Mi basta ricordare che possiamo rinunciare a molte cose, ma alla partita (con giocatori superpagati e vantaggi fiscali per le squadre) o al cellulare “multifare” che può anche telefonare, questo assolutamente no!!!!

    (Elio Bellocchi)

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    @CNOTA DELLA REDAZIONE: Tutti gli episodi citati nell’articolo sono (purtroppo) reali.#C

  2. Tanto non serve a niente…
    Volevo segnalare una lettera in argomento pubblicata sull’ultimo numero di “Tuttomontagna”, pagina 15, firmata da una barista di nome Marina Giorgini, che non conosco, ma mi sembra che illustri una realtà molto dura; non so se è possibile pubblicarla citandone la fonte, comunque eccola, fatene quello che volete.

    (Elio Bellocchi)

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    Stanchi di essere derubati

    @CSono stanca di lavorare…. Ho un bar in un piccolo paese di montagna. Per tenerlo aperto facciamo i salti mortali io e mio marito, lavorando sette giorni su sette, festivi compresi, lottando contro le tasse, il calo della clientela, i controlli delle forze dell’ordine e i ladri. Lavoriamo quasi 200 giorni all’anno per pagare le imposte, ottenendo in cambio una pensione da fame (secondo loro ce la dobbiamo fare privata….) indennità di infortunio e malattia talmente ridicole che nessun lavoratore indipendente ne fa richiesta e il privilegio di essere considerati lo zoccolo duro dell’evasione fiscale (quanti soldi volete ancora?). Viviamo nel terrore di un accertamento fiscale, un controllo dei carabinieri, una visitina dell’Asl, perché nonostante tutta la buona volontà troveranno sempre qualcosa da ridire sul tuo lavoro (ma chi li controlla i controllori?). E intanto i clienti calano: i giovani se ne vanno, gli anziani pure (ma al creatore…). Aumentano però, se può consolare, i visitatori notturni, che però hanno il brutto vizio di andarsene senza pagare. Mi sento come una mucca che tutti vogliono mungere, lasciata fuori dalla stalla, nella bufera, senza protezione, a ruminare una triste erba gialla. E invece vorrei solo lavorare serenamente, seguendo le regole, riverendo chi le fa rispettare, contribuendo con il mio lavoro al benessere sociale. Ma nella realtà ho paura quando chiudo la saracinesca del mio bar, paura di trovarlo svaligiato, paura di essere aggredita e derubata sulla via di casa perché nessuno garantisce l’incolumità mia e dei frutti del mio lavoro, anzi, lo Stato non fa altro che vessarmi con controlli e imposte. Allora non so più se sono stanca di lavorare o stanca di essere derubata. Se penso a cosa rischio ogni giorno, mi chiedo se ne valga la pena: una multa può costarti due mesi di lavoro, un furto anche quattro, una rapina anche la vita.
    Scusate lo sfogo (che tanto non serve a niente….).#C

    * * *

    Volevo sottolineare come chiude questa lettera, con quel “che tanto non serve a niente” che purtroppo è la realtà!!!

  3. Non solo Appennino
    Io lavoro in un Comune al limite tra pianura e montagna e abito a Castelnovo ne’ Monti, ma vi posso assicurare che la crisi a mio parere è peggio in pianura che da noi, dove chi è a casa senza lavoro e abita in affitto in condominio con 2 figli e moglie a carico non ha nemmeno un fazzoletto di terra dove poter piantare 2 patate. Su da noi bene o male dove l’abbondanza non ci ha mai toccato a diversità della bassa nel 90% dei casi ci siamo sempre saputi arrangiare essendo abituati a vivere con il minimo indispensabile. E comunque, opinione personale a parte, è una crisi globale che interessa montagna, pianura, Italia-Europa-America… Ssperiamo solo di uscirne al più presto.
    Saluti.

    (Ivano Meglioli)

  4. Calati sì, ma non così tanto
    CARPINETI – Il Comune di Carpineti precisa che il calo indicato (-50 presenze nei primi tre mesi dell’anno) non tiene conto dei nuovi arrivati.
    Pertanto, ecco il dato corretto dall’ufficio anagrafe.
    Popolazione carpinetana al 1° gennaio 2009 4211, popolazione al 31 marzo 4193. Nati + 7, morti – 21, emigrati – 44, immigrati + 40.