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Grattacieli e tende

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Chi cammina accanto a voi o vi sta seduto accanto nel metrò ha una rotonda kippah sulla testa o un dolcissimo volto coperto da un velo nero musulmano o porta una croce ortodossa in bella evidenza... Qui, in terra inglese, a causa delle migrazioni la gente vive la dimensione multireligiosa. Quotidianamente. Ma ormai da tempo il variegato panorama religioso europeo si presenta ovunque. Questo vi porta a prendere coscienza di una grande verità: “I sistemi si oppongono, gli uomini si incontrano”. Infatti, religioni, culture o nazionalità si sono costruite come realtà autonome, sicure di sé, centrate su se stesse. Come un superbo grattacielo ogni religione ha sviluppato radici profondissime, i suoi grandi fondamenti e svetta nel cielo con i suoi insegnamenti, con testi sacri belli e luminosi. Ed è sostenuta dalle colonne invisibili di tanti testimoni lungo i secoli, uomini o donne grandi e appassionati.

Oggi, in cui l’uomo comunica e si incontra con l’altro in maniera nuova, rapida, sorprendente, non si può più vivere in grattacieli. Ogni religione è invitata a farsi tenda: uno spazio aperto, accogliente, ricco di senso per l’umanità. Spazio dove l’umano e il divino si incontrino e si comprendano. Dove si viva il mistero di Dio.

«Per comprendere l’altro non bisogna conquistarlo - scriveva un grande islamista, Louis Massignon - bisogna farsi invece suo ospite: la verità si trova nell’ospitalità». L’ospitalità, l’accogliersi reciprocamente, è sempre stato un grande segreto per comprendersi. Per avvicinarsi alla Verità. È importante capire, allora, che al di là dei sistemi gli uomini possono costruire una storia di relazioni nuove, di orizzonti più vasti e di ponti a volte prodigiosamente estesi sull’abisso delle nostre differenze.

L'unità tra i popoli e le culture passa attraverso l'ascolto e l'apertura verso l'altro, attraverso il dialogo. Vivendo in mezzo a una popolazione interamente musulmana, Annalena Tonelli, medico, si esprimeva così: “Il dialogo con le altre religioni è condivisione. Non c’è bisogno quasi di parole. Il dialogo è vita vissuta, o meglio io lo vivo così, senza parole”.

Illuminante, poi, la risposta di un vescovo del Maghreb alla domanda: “Ma che cos’è mai una piccola Chiesa come la vostra, oggi, in un Paese totalmente musulmano?”. “Una grande fortuna! ribatteva, incontrare l’altro nella sua differenza non è forse il messaggio di Cristo?”. Risuona, così, chiaramente la raccomandazione di Timothy Radcliffe, domenicano: “Abbiamo bisogno di entrare in dialogo con altre culture, con altre religioni per trascendere i limiti della nostra identità europea e diventare pienamente cattolici”.

E ancora Annalena Tonelli: “Da quando sono con loro, musulmani, sono trent'anni che mi struggo perché anche nel nostro mondo noi fermiamo i lavori, ci alziamo se dormiamo, interrompiamo qualsiasi discorso per fare silenzio e ricordarci di Dio, meglio se assieme ad altri, per riconoscere che da Lui veniamo, in Lui viviamo, a Lui ritorniamo (Atti 17,28). Il dono principale è che i nomadi mi hanno insegnato la Fede, l'abbandono incondizionato, la resa a Dio”.

In terra musulmana, infatti, è il dialogo della vita, bello ed esigente, del vivere insieme seppure differenti e del farsi dono agli altri che i cristiani sperimentano ogni giorno. Silenziosamente, squillano ancora nell’aria e negli animi le parole di Giovanni Paolo II ai giovani, nello stadio di Casablanca: “Voi siete testimoni della grandezza di Dio, noi, invece, di un Dio che è amore!”. I cristiani non vivono laggiù per convertire, ma semplicemente per amare.

In fondo le religioni nel loro incontro sono destinate a rivelare il loro punto di gravità, il loro centro, il loro vero volto: una riscoperta grande e preziosa per ognuna. Confrontarsi con altri, infatti, fa emergere quasi per incanto la propria originalità, i propri punti di forza o... l’infedeltà al proprio ideale. Così, nel cristianesimo risalterà che il centro di tutto è il nome stesso di Dio: l’amore. Sorprendente responsabilità.

Ciò fa concludere ad Annalena Tonelli prima di cadere martire in Somalia, alla maniera di Paolo: “Eppure la vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell’amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell’uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare”.

(Renato Zilio, missionario a Londra)