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I salesiani compiono 150 anni

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Ci scrive in introduzione don Vittorio: "Sono 150 anni che i Salesiani sono 'nati'. Credo che in montagna la notizia vada sottolineata visto il numero degli ex allievi. La cosa bella è che don Bosco si è fidato dei giovani! Vedete voi se vale la pena pubblicarla: è uno spot autorefenziale? No, è amore ad un prete che ha creduto nella gioventù povera del tempo!".
Eccola qui, la nota, pubblicata. E tante grazie!

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IL CORAGGIO DI UN FONDATORE. DON BOSCO E I GIOVANI!

I Salesiani compiono 150 anni ma 150 anni compie anche la sfida lanciata ai giovani da Don Bosco, il loro fondatore! Infatti, per dare stabilità alla sua opera educativa, non è andato scegliere i primi “soci” tra i “volontari” adulti che hanno lavorato nei suoi Oratori ma li ha scelti “intenzionalmente” tra i giovani che erano cresciuti con lui. E’ con loro che ha osato fondare una congregazione religiosa, nella città di Torino, quando, nel regno dei Savoia, ordini e congregazioni venivano chiuse per legge.

Nel 1845, Torino contava 125.00 abitanti, di cui 30.000 erano i poveri. I mendicanti erano di disturbo, ai cittadini per bene, alla stessa maniera dei vari suonatori ambulanti oggi sulla metro o dei lavavetri o degli accattoni fermi ai semafori delle strade. I giornali si lamentavano perché “elemosinando” infastidivano i passanti, entravano di prepotenza, maleducatamente e arrogantemente, nei locali pubblici di lusso…

Molti giovani, orfani o di famiglie in difficoltà, un bel gruppo “illegittimi”, per sopravvivere, si erano buttati nel campo del lavoro come muratori, scalpellini, vetrai, spazzacamini, panettieri, lustrascarpe, piccoli operai dell’industria manifatturiera, senza alcuna garanzia, alla mercé del padrone che, allora, non si chiamava “datore di lavoro”. Era la gioventù povera, penalizzata, esclusa dalla scuola, che abitava in quartieri di periferia, in condizioni di vita disastrose. Numerosi vivevano perlopiù sulla strada. A Torino si deploravano le loro malefatte, i furti e i borseggi,i gesti di violenza, che oscuravano la fama della città, della “bella” Torino, che, fortunatamente, aveva anche una tradizione di carità solida.

Don Bosco è entrato, nel mondo della periferia e della piccola malavita, da giovane prete, con iniziative coraggiose, rischiose, contestate da parte del clero locale, che non vedeva di buon occhio quelle turbe di ragazzi, che radunava dove poteva, anche in un prato, addirittura nella periferia malfamata di Valdocco, dove si impiccavano i condannati a morte.

In quegli anni erano nati i suoi oratori, aveva dato inizio a scuole serali, a laboratori, creando una casa di accoglienza per giovani lavoratori e studenti. Tra i suoi ragazzi “poveri”, numerosi brillavano per bontà e intelligenza, furono avviati allo studio e al lavoro con ottimi risultati. Ricordiamo il futuro beato, Michele Rua, che sarà il primo successore di Don Bosco e un ragazzino dal nome di Domenico Savio, il capolavoro del suo Sistema preventivo, fondato sul famoso trinomio: “ragione, religione e amorevolezza”.

E’ per aiutare i giovani della strada e della periferia, concreti, vocianti, disorientati nella vita, affamati di pane e di Dio, che don Bosco ha dato all’avvio alla Congregazione, scegliendo tra i mille giovani, che lo frequentavano, i “fondatori” della nuova Congregazione che nasceva in un momento per nulla favorevole. La legge Rattazzi, nel 1855, aveva abolito gli ordini mendicanti e quelli contrari all’etica moderna del lavoro. Ma sarà lo stesso ministro a suggerire a don Bosco la formula della Congregazione: “una società” nella quale ciascuno dei suoi membri conservasse i diritti civili, si sottomettesse alle leggi dello stato, pagasse le tasse, ecc.; insomma una società di liberi cittadini, appunto la “Società di San Francesco di Sales”, che il Papa Pio IX aveva incoraggiato, lodato e sostenuto.

Era un gesto che si rivelò di grande portata: oggi i Salesiani sono più di 15.000, sparsi in 132 nazioni del mondo; le suore salesiane, nate dopo, con Don Bosco e Madre Mazzarello, non sono da meno! Ma il 18 dicembre 1859 erano solo diciassette i “soci” che Don Bosco ha chiamato a giocarsi la vita sulla sua fiducia, decidendo di consacrarsi a Dio per “i giovani abbandonati e pericolanti” che, senza aiuto, si stavano perdendo lì, sotto i loro occhi e in chissà quali altri luoghi del mondo

I radunati, attorno al Santo, erano un sacerdote di 47 anni, un diacono di 24 anni, un suddiacono di 22, tredici chierici dai 21 ai 25, uno studente giovanissimo di 15 anni. Don Bosco aveva imboccato la strada della giovinezza, che si rivelò quella giusta! Non ha avuto paura a chiamare i suoi giovani a imprese coraggiose e, umanamente parlando, temerarie.

E’ la via dei Santi, la via che Giovanni Paolo II ha indicato alle “sentinelle del mattino e il nostro Cardinale agli educatori e ai suoi preti d’oratorio. Se vogliamo salvare i nostri giovani, dobbiamo chiedere cose forti. Perché non convocarli per dare risposte serie e coraggiose nei nostri oratori di periferia, nella scuola, sulla strada?