Se osserviamo la storia dell'arte, se analizziamo i prodotti culturali quali foto e dipinti che raffigurano la famiglia, è possibile scorgervi una evoluzione che ne testimonia la rappresentazione collettiva nelle varie epoche.
Particolarmente interessante è la trasformazione del ruolo del padre, che è possibile osservare anche nella raccolta di queste immagini. Nella società rurale la famiglia era incentrata sull’autorità del capofamiglia, egli dettava regole e stabiliva confini.
Nella società industriale la famiglia abbandona le campagne, diventa nucleare, i ruoli educativi vengono delegati a agenzie esterne quali asili, scuole, collegi.
Nell'era post industriale, quella dei consumi, entrambi i genitori lavorano, i ruoli sembrano divenire interscambiabili, la famiglia non ha più una gerarchia.
Piano piano il padre rinuncia alla propria autorità in cambio dell’affetto. Da una configurazione verticale si passa gradualmente a una orizzontalità, per arrivare e volte a una rinuncia del ruolo, in nome di una interscambiabilità o di una abdicazione alla madre. Il “mammo” è tipico della società contemporanea.
La famiglia degli affetti come la definisce Scabini (2006) è lunga e stretta. Il figlio spesso unico, resta in casa a lungo, fino oltre la trentina d’anni.
La famiglia diventa orizzontale, i confini sono confusi, frammentati, confusivi. Il troppo “amore” da un lato protegge, dall’altro inghiotte, fagocita. Si fa un figlio solo che deve avere tutto, e subito. Non viene insegnata e proposta la frustrazione, ma sentimenti di inadeguatezza possono pervadere i genitori, che per voler troppo far bene, finiscono per non stabilire regole. Nel terrore di sbagliare nel processo educativo del figlio, si opta per una permissività che semplifica da un lato la vita familiare, e dall'altra permette di non dover confrontarsi con il conflitto. Mantenere un 'NO' è faticoso, e lo si paga con un ritiro affettivo, che spesso pare essere un prezzo alto da pagare per il genitore.
La paura di non essere un genitore all'altezza, bravo, capace di trasmettere valori positivi e una buona educazione, condiziona lo stile relazionale coi figli, e finisce per trascinare la famiglia intera in un vortice caotico, dove la situazione può sfuggire di mano.
D'altra parte, differenziarsi da un padre amorevole che non detta le regole ma che appare fragile e insicuro egli stesso, diventa difficile (Pietropolli Charmet, 2000). L’ombrello della famiglia accoglie, protegge, ripara, sostenta i bisogni materiali, ma non infonde sicurezza. Un tempo l’individuo si ribellava all’autorità del padre e, differenziandosene, acquisiva la propria identità.
Egli contrapponendosi ai valori ne creava dei nuovi, a sua volta. Ora la famiglia è il luogo dove si condividono le emozioni, e vi sono sottese, implicite difficoltà. La generazione dei cinquantenni ha creato tanti ventenni incerti, smarriti, iperprotetti. Di conseguenza dipendenti, troppo “amati” ma non incoraggiati a camminare da soli, dopo un sostegno ben definito e preciso.
L'arte rappresenta uno specchio dei tempi e di come la collettività si rappresenta la realtà.
Osservando la carrellata delle immagini qui riportate si può notare il passaggio da una idea di famiglia a un altra. Fino a arrivare a una figura femminile prominente, come in alcuni telefilm o fumetti. Il padre si allinea, fino a scomparire in certi casi, o a confondersi, e nella società occidentale si assiste alla nascita di nuove famiglie.
La famiglia confusiva, invischiata di cui parla Minuchin (1976) è ben raffigurata nel dipinto di Simone Boscolo (2007) in basso a sinistra. Ogni persona non ha un suo ruole definito, ma diventa un insieme di linee sfumate, spezzettate.
In altre rappresentazioni vediamo la madre dominante, che prende le redini del potere (famiglia Adams, I Simpson). Fino a arrivare a altre configurazioni, forme ibridate, famiglie "arcobaleno", formate da genitori dello stesso sesso, famiglie multietniche, e così via.
La famiglia evolve con i tempi, è uno specchio di stili di pensieri, riflette schemi comportamentali, usanze, propone ed è frutto di cultura.
Osservarla in un’ottica evolutiva aiuta a comprendere come attraverso i luoghi e i tempi le culture la interpretano.
Un nuovo modello di paternità è possibile
Negli ultimi decenni gli uomini hanno fatto fatica a capire quale fosse il loro ruolo come padre. Il processo di abdicazione dal proprio ruolo, tradizionalmente autoritario, è iniziato anche prima e, come è stato giustamente fatto notare nell’articolo, ha origini economiche e sociali che sono iniziate qualche generazione fa. Tuttavia mi pare di vedere un nuovo modello di paternità all’orizzonte, non appiattito su quello del “mammo”, ma un padre capace di riscoprire la parte autorevole (non autoritaria) dei padri di una volta, con quella affettiva e amorevole che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni.
Penso che sia un compromesso possibile e anche utile. Bisogna recuperare i valori positivi della paternità di una volta. Riniziare a svolgere quel ruolo fondamentale del papà nella società: se i primi mesi di un neonato sono quelli in cui l’affetto (soprattutto materno) svolgono un ruolo fondamentale per uno sviluppo affettivo sereno, altrettanto importante è tutto il resto della vita del bambino quando il padre ha il compito di far conoscere il mondo e le sue regole al proprio figlio. Molte delle difficoltà e del declino della nostra società occidentale è dovuta anche al fatto che i padri hanno smesso di educare i propri figli. Per questo abbiamo creato l’associazione Paternità Oggi (www.paternitaoggi.it).
(Federico Olivo)