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Caso Cianciulli / “Soda caustica, solo a nominarla mi viene ancora la pelle d’oca!”

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Nuove ed agghiaccianti rivelazioni sul ‘caso Cianciulli’ emergono dagli inquietanti racconti di una 86enne residente in un paesino arroccato in Appennino reggiano. La signora I. N. ha assistito al processo a carico della ‘saponificatrice di Correggio’, al secolo Leonarda Cianciulli, tenutosi il 20 luglio 1946 a Reggio Emilia. L’esclusiva intervista rilasciata a Redacon, a una delle pochissime testimoni viventi del processo, rivela con minuzia di particolari la cruenza delle gesta della saponificatrice. I brividi sulla pelle di I. N. sono ben tangibili non appena nomina le parole ‘soda caustica’.

Come mai ha assistito al processo a carico della Cianciulli? La conosceva personalmente?
“Da ragazza mi recavo a Reggio ospite da un’amica che, come me, condivideva la passione per il foro. Capitava allora che ci recassimo presso il tribunale per assistere alle sedute. Quella volta la mia amica mi disse: ‘Andiamo in tribunale? Oggi processano quella che uccideva le persone per farne sapone.’ Non avendo mai sentito nulla di simile, incuriosita dall’argomento, accettai. Fu così che io e la mia amica, poco più che ventenni, accompagnate dalla madre, partimmo entusiaste alla volta di Reggio. Essendo il processo a porte aperte non abbiamo avuto bisogno di alcun permesso speciale per assistervi. A fatica riuscimmo a trovare posto: l’aula era gremita all’inverosimile da gente d’ogni dove, accorsa a Reggio per vedere la saponificatrice”.

Si racconta che la Cianciulli, dopo avere invitato le amiche in casa, le faceva accomodare a tavola in attesa di the e pasticcini. Ma invece della merenda arrivava Leonarda da dietro con un’accetta e, dopo averle uccise, le trascinava nella cantina sottostante. Quindi, dopo avere sezionato e disossato i corpi su di un lugubre tavolo, li faceva bollire nella soda caustica con allume di rocca e pece greca…
“‘Soda caustica’ - spiega la nostra interlocutrice -, solo a nominarla mi viene ancora la pelle d’oca!! Durante il processo, a più riprese le veniva contestata l’impossibilità di avere compiuto tutto da sola. Allora il giudice incalzava ‘L’avrà aiutata suo figlio’ e la Cianciulli ribadiva a gran voce: ‘No, non mi ha aiutato nessuno, ho fatto tutto da sola! Mio figlio non centra, ho fatto tutto da sola!’"

"La donna - prosegue - non ha mai fatto nomi di eventuali complici, né del figlio, né di altri. A processo terminato, i militari hanno preso in custodia la donna che, prima di essere caricata su di un macchinone nero, si girò verso di noi gridando ‘Cani, cani!!’. Me lo ricorderò sempre, che gran faccia tosta. La vicenda della Cianciulli mi ha talmente suggestionato che dopo quell’episodio non ho più voluto assistere ai processi. Ora mi limito a seguirli in televisione, ma non è certo la stessa cosa”.

Come la ricorda fisicamente?
“La Cianciulli era una donna piuttosto grassoccia e non molto alta, aveva un viso molto paffuto e rotondeggiante, i capelli neri e mossi. Purtroppo non sono riuscita a scorgere altro poiché mi trovavo nelle ultime file in alto e lei era giù, in basso”.

Dopo il processo, ha continuato a seguire gli sviluppi della vicenda? Si era appassionata al caso?
“Terminata l’estate, tornando in montagna, salutai la mia amica di Reggio e, con lei il ‘caso Cianciulli’. Sebbene la vicenda mi avesse appassionata, non potei seguirne i successivi sviluppi. A quell’epoca, infatti, le notizie non circolavano facilmente come accade invece adesso. Questo poi era penalizzato dal fatto che in famiglia non avevamo ne’televisione ne’radio e i giornali erano piuttosto rari. In montagna quindi, le persone, essendo totalmente disinformate, non parlavano del caso, come invece poteva accadere in città”.

Lei crede alla storia delle saponette? Che idea si è fatta?
“Assolutamente sì. Ci credo perché in tempo di guerra si faticava a reperire il sapone, così come il sale, la farina. Essendo tempo di carestia, la gente acquistava dove riusciva, invogliata dai prezzi più convenienti. Chissà, magari se mi fossi trovata a Correggio a quei tempi l’avrei acquistato anche io il sapone della Cianciulli, senza conoscerne la provenienza. Io ho sempre saputo che il sapone si produceva dagli animali, non dalle persone. Per questo motivo, incuriosita dalla vicenda, domandai alla madre della mia amica come avessero scoperto che il sapone derivava da persone e non da animali, come invece accadeva regolarmente. La donna mi diede una risposta che mi fece fare un balzo sulla sedia: ‘Una signora ha trovato nel sapone la punta di un dito medio di una mano umana, che non poteva essere di animale.’ Questa poi, avrebbe messo in circolo la voce che nel sapone prodotto dalla Cianciulli, erano stati trovati resti umani. Da lì si scatenò la bagarre che diede il via alle indagini”.

Lei crede al fatto che la donna si sia resa triplice omicida solo per sacrificare vittime per salvare i figli chiamati al fronte?
“Io non ci credo. Secondo me lo faceva solo per guadagnare dei soldi col sapone, che a quei tempi si faticava a trovare. Ha ucciso tre donne ricavandone sapone e dolcetti solo per interesse. Non credo alla storia del sacrificio perché, se così fosse stato, si sarebbe limitata ad ucciderle e non ad utilizzare i corpi a scopo di lucro. Ha fatto quello che ha fatto solo ed unicamente per interesse, ha inventato la storia del sacrificio solo per salvarsi. Fatico anche a credere alla totale infermità di mente che le stata attribuita”.

IL PROCESSO

La Cianciulli salì sul banco degli imputati solo nel 1946. Era già stata arrestata qualche mese dopo l’ultimo delitto, avvenuto nel novembre del 1940, quando una parente della vittima, nient’affatto convinta della cartolina d’addio, aveva insistito poiché fosse fatta luce sulla sparizione. Ma il processo era stato ritardato a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
“Tagliai qui, qui e qui: in meno di venti minuti era tutto finito, compresa la pulizia. Potrei anche dimostralo ora”. Così nel 1946 la ‘saponificatrice di Correggio’, al secolo Leonarda Cianciulli, dichiarò in tribunale di essere disposta a far vedere come si fa a pezzi un cadavere in poche mosse. I tre delitti di cui era accusata li aveva confessati senza battere ciglio e, con la stessa freddezza aveva dichiarato di aver sezionato le sue vittime e di averne fatto sapone e dolcetti. Quella dimostrazione non fu m ai autorizzata anche se la legenda vuole che fosse stato fornito alla donna il corpo senza vita di un vagabondo da smembrare. E che lei l’avrebbe fatto senza scomporsi.
Dopo l’arresto Leonarda fu sottoposta a perizia psichiatrica dal professor Filippo Saporito, che giudicò la donna affetta da psicosi isterica e totalmente inferma di mente. “La sezione istruttoria della Corte di Appello di Bologna – riferisce il professor Augusto Balloni, psicologo, neuropsichiatra, medico legale, professore di Criminologia – accusò invece lo psichiatra di essersi fatto ‘stregare’ e ritenne la criminale pienamente imputabile. Alla fine la donna fu dichiarata ‘solo’ seminferma di mente e colpevole di triplice omicidio. Fu condannata a 30 anni di reclusione preceduti da tre in casa di cura: si trattò di una sentenza innovativa, anche rispetto ad oggi. Prima della galera la Cianciulli fu affidata alle cure mediche: di fatto entrò in manicomio e non ve ne uscì più. Vi morì nel 1970 alla soglia dei 78 anni”. (C. Mar.)

IL LIBRO

Il 25 maggio scorso è uscito “Soda caustica, allume di rocca e pece greca. Il caso Cianciulli”, edito da Minerva. Il volume, curato con maestria da Augusto Balloni, Roberta Bisi e Cecilia Monti, costituisce un aspetto rilevante per chi voglia accostarsi in modo obiettivo ed aderente ai fatti, e dà possibilità di riflessione a livello psichiatrico, criminologico, vittimologico.
Il testo è corredato da un cd rom interattivo multimediale contenente una cospicua documentazione (il memoriale redatto dalla Cianciulli, la sentenza di condanna, la trascrizione di interrogatori ed altro carteggio) e una raccolta iconografica sul caso: ricostruzione animata in 3D dei delitti, fotografie dei luoghi e dei protagonisti, ricostruzione cronologica della vicenda, mappe e contributi visuali.
Il materiale contribuisce a far conoscere come malfunzionasse il cervello della Cianciulli, con istinti, pulsioni e paure tra loro in conflitto e conduce il lettore all’approfondita conoscenza del caso. (C. Mar.)

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