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Il Parco “tradito”

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Ritenendolo di interesse, riprendiamo dal bollettino delle parrocchie dei territori che ricadono nei comuni di Busana, Ligonchio, Ramiseto e Collagna, "Oltre la Sparavalle", un articolo di Claudio Bucci sul tema "Parco nazionale".

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Sulla stampa locale, in merito al rinnovo del mandato al presidente del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, i più si sono concentrati sull’opportunità o meno di riconfermare il presidente uscente Giovanelli in quanto personaggio da alcuni lustri su una scena politica quanto mai bisognosa di rinnovamento. Questa tesi, a mio avviso pienamente condivisibile, manca però di cogliere il vero problema di questo Parco nazionale e la grave responsabilità di chi lo ha guidato.

Infatti ciò che è molto grave, io ritengo, è che con la presidenza Giovanelli viene riconfermato un concetto di Parco che perpetua un vero e proprio “tradimento” delle ragioni per cui questo parco fu pensato ed è nato.

Questo Parco nazionale è nato sulla base di un documento (documento programmatico per lo sviluppo sociale ed economico del territorio dei comuni del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano) che il decreto istitutivo stesso richiama espressamente e che soprattutto fu discusso e condiviso in diverse pubbliche assemblee nonché portato a conoscenza di ogni famiglia del territorio.

Trascrivo i tre concetti fondamentali di quel documento:

1) valorizzare gli aspetti multifunzionali della risorsa “bosco”. Recuperare la tradizione di coltivazione del bosco e di utilizzo razionale della risorsa forestale, attraverso idonee forme gestionali e con modalità imprenditoriali, favorendo la costituzione di forme di gestione associative tra proprietari privati e proprietà pubbliche, collettive o indivise;

2) riavviare forme di manutenzione costante del territorio facendo perno sulle comunità locali e sui proprietari privati singoli ed associati, con l’utilizzo di tutte le risorse disponibili nel campo della difesa del suolo, del governo idraulico, della forestazione, anche per attivare agricoltori, cooperative forestali, ecc… Privilegiare forme di intervento a più elevato contenuto di mano d’opera e a più basso impatto ambientale;

3) recuperare e mantenere l’agibilità della viabilità interpoderale, dei sentieri, delle mulattiere, quali elementi di fruizione ed utilizzo del castagneto da frutto, del bosco, dei corsi d’acqua, del recupero dei prati pascolo nonchè di importante valorizzazione di elementi di storia locale.

Viceversa l’impostazione data dal presidente Giovanelli può essere sintetizzata nella sua seguente affermazione:

“La scelta netta e prioritaria è stata quella di fare del Parco un’agenza di innovazione culturale, marketing territoriale, ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e forma imprenditoriali basate sul valore della natura del paesaggio e del patrimonio culturale umano dell’Appennino… Poteva quantomeno essere accompagnata da altri eguali priorità come la manutenzione fisica del territorio? No. Non poteva esserlo!”.

E’ confrontando questi due modi di intendere il Parco che mi pare corretto parlare di “tradimento” della premessa e delle promesse. E qui sta il danno vero che si sta procurando con il mancato sviluppo economico e sociale dei nostri territori di crinale e delle nostre comunità. Il problema quindi sta anche nel mancato rinnovamento, ma soprattutto poiché il presidente riconfermato è portatore di un’idea di parco incapace di dare a questo territorio le risposte urgenti ed indispensabili per evitare un declino che continua, mancando il lavoro.

Personalmente non mi sentirei di contestare in toto tutti i progetti di ispirazione “giovanelliana”, ma li ritengo di scarsa incidenza o, se vogliamo, con effetti a così lunga scadenza su di un territorio ed un’economia locale che ha viceversa bisogno di interventi urgentissimi capaci di creare occupazione e reddito in loco. Che manchino i fondi è una favola per gli ingenui, ciò che manca sono scelte e volontà politica a favore dei territori e delle comunità più deboli. 

(Claudio Bucci)

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- 720mila euro dal Parco al bosco. “Ma non siamo un ente di bonifica” (25 marzo 2012)

 

3 COMMENTS

  1. C’è poco da dire. Il Parco (Giovanelli) da un lato dice che non deve sostituire le competenze di altri enti. Che è una scus… cioè, una giustificazione che torna sempre bene. Dall’altro mi chiedo se “allargare” i propri orizzonti al Sudamerica (o dove diavolo volete) con i vari progetti di marketing tipo “Orizzonti circolari” e contemporaneamente tralasciare la pulizia di un bosco sotto casa non appaia un po’, come dire, stonato. Ma si tratta di impressioni, nient’altro. Ma per non essere tacciati di eccessiva “chiusura di mente” diciamo che si potrebbero fare entrambe le cose, se questa è la politica scelta dal presidente; ma in periodi di vacche magre (e ora direi che sono addirittura anoressiche) penso che la precedenza dovrebbe imporsi da sè, senza neanche pensarci, dando tutto il lavoro possibile in loco. Anche se il Parco non è un’agenzia di collocamento e se, riprendiamo la cantilena che ci viene ripetuta, non spetterebbe ad esso. Ma così non è e prendiamo atto.
    Diversi comuni montani sono ormai al di sotto dei 1000 abitanti. Se non è compito del Parco (ovviamente…) concorrere alla crescita della popolazione, possiamo almeno dire che, esso presente, non si arresta l’emorragia?
    Va bene la crisi globale, ma io una riflessione ce la farei sopra.

    (Riccio)

    PS – Il commento di “Commento firmato” si sofferma su un contorno, non sui “primi e secondi piatti”. Oppure quel che importa è presidiare sempre e comunque la “trincea” del Giovanelli? Perchè a che mi risulti Bucci (che non m’interessa difendere; si tratta solo di un’osservazione) ad ora non ricopre cariche e parla quindi a titolo di privato cittadino.

  2. Il Parco nazionale investirà 720mila euro di lavori e azioni di manutenzione del territorio e in particolare del bosco. A tanto ammontano i progetti presentati dal Parco e finanziati dal PSR che saranno realizzati entro l’anno dalle imprese locali a Sparavalle, Bismantova, Cadoniche e altre numerose località.
    È una boccata d’ossigeno importantissima per un intero settore di lavoro dell’alto Appennino, che in questo 2012 di crisi soffre come non mai le riduzioni della spesa pubblica e il taglio alle risorse delle comunità montane e dei comuni. Questi 720mila euro di lavori andranno esattamente nelle direzioni richieste: 1)valorizzare la risorsa bosco; 2) riavviare forme di manutenzione del territorio; 3) recuperare l’agibilità della viabilità interpoderale e dei sentieri.
    Basteranno a risolvere il problema del lavoro in Appennino? Certamente no. Peró daranno una buona mano, concretamente e subito!
    Basteranno a far apprezzare il Parco a chi chiede di impegnarsi in quelle direzioni? Ci spero, ma ne dubito. Forse per questo non basterebbe neppure fare 10 volte tanto!
    In verità queste non sono le prime e non saranno le ultime azioni del Parco in questo campo. Ricordo, solo per l’anno scorso, il Sentiero del Sassolungo alla Pietra, i dieci percorsi naturalistici attorno al Lago del Cerreto, il sentiero 00 e l’alta via dei Parchi, i lavori convenzionati col Cai sulla segnaletica, i lavori in 9 castagneti in collaborazione col Gal, i lavori di apertura paesaggistica a Bismantova e Sparavalle… e ne tralascio molti altri. Aggiungo invece che ulteriori 280mila euro stanno per essere investiti nel paesaggio agricolo a Bismantova. Altri ancora a Passo Cerreto, Poiano, Succiso, Sologno, Primaore, fonti e abitato di Cervarezza. Tutti questi sono fatti e delibere con nomi, cognomi, date, luoghi e numeri. Fatti che hanno la testa dura, senza colore politico, che andranno avanti in Appennino nei prossimi mesi… e valgono più di ogni polemica.
    Alle polemiche vorrei dedicare meno parole possibile… Ma il confronto delle idee ci deve essere. All’amico Claudio Bucci e a chi la pensa come lui vorrei dire apertamente: “Investiamo volentieri 720mila euro per dare lavoro, ma il Parco nazionale non è e non sarà mai un consorzio di bonifica montana”. Non ne ha i mezzi, non preleva contributi dai proprietari, non preleva nè Ici nè Imu nè altro. Non ha come funzione quella di sostituirsi agli enti pubblici e ai privati nella manutenzione ordinaria del territorio, cosa che va fatta sempre e ovunque, prima e dopo il Parco e non solo, per fortuna, nei territori dei parchi. Ciò che spetta alle bonifiche montane lo fanno, al meglio delle loro possibilità i consorzi. Il Parco cercherà sempre più di collaborare con loro. Ma se facesse lo stesso” mestiere” dei consorzi sarebbe un doppione. Allora sì tradirebbe la sua missione. La missione dettata dalle leggi 394/91 e 344/97, dal decreto istitutivo, dal citato documento, che è stato riportato in minima parte, e infine dal piano di sviluppo economico e sociale, approvato all’unanimità dalla comunità di parco e che consta notoriamente di 105 progetti, tra cui strategici sono Parchi di mare e d’Appennino, Atelier delle acque e Parco nel mondo.
    È più che legittimo non condividere questa impostazione. Non è giusto, però, e non è accettabile che si parli di “tradimento delle ragioni per cui questo parco è stato pensato” ed è nato.

    (Fausto Giovanelli)