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Pendolari / “Dopo anni, ho scelto di andarmene e risparmiare due ore della mia vita ogni giorno”

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Riceviamo e pubblichiamo il seguente intervento.

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Mi chiamo Luca Malvolti, sono nato a Castelnovo il 27 settembre 1987 e attualmente studio a Reggio Emilia (Informazioni e sistemi editoriali con indirizzo in Web Communication).

Qua comincia la mia riflessione. Si sa che la vita dei pendolari è davvero difficile e per me l'avventura è "appena" cominciata poiché da settembre 2006 viaggio tutti i giorni lungo la SS 63 in macchina o in corriera a seconda dei giorni e a seconda della destinazione che devo raggiungere. Ho scelto di stare in montagna e così ho scelto di fare l'Università a Reggio, ma ormai come tutti i miei coetanei ho terminato gli studi e spero di trovare un lavoro che mi permetta di vivere da solo.

In 6 anni ho fatto più di 1800 viaggi lungo quei 44 km che separano la città da Castelnovo ne' Monti e in questi anni ne ho sentite di tutti i colori a partire dalla galleria del Bocco; tuttavia le uniche cose che ho visto davvero con i miei occhi sono gli aumenti del carburante e dei trasporti pubblici (da 36 € al mese ai 45 € in due anni). Ormai a 25 anni sono stanco di fare il pendolare e non riesco a capire chi tutti i giorni da diversi anni fa su e giù con acqua, ghiaccio o nebbia. Quale futuro per un neolaureato qua da noi? Quale futuro per un giovane qua da noi? Già la situazione italiana è a dir poco drammatica e la speranza è davvero poca, ma quella dell'Appennino non è ancor più deprimente?

Oltre allo studio ho trovato anche un lavoretto estivo a Reggio che mi consente di pagarmi le tasse universitarie, ma purtroppo dalla busta paga devo togliere tutti i mesi 350-400 € tra benzina e pasti. Quanto rimane?

Io ho deciso che una volta terminata l'università farò come i tanti che se ne sono andati perché con quella cifra che ho riportato sopra posso pagarci un affitto e risparmiare tutti i giorni due ore della mia vita. Vorrei sapere cosa ne pensano i miei coetanei, mi piacerebbe aprire un dibattito pubblico con i sindaci della montagna per capire se si può fare qualcosa di serio e concreto o se si vuole tirare a campare e lasciare morire la montagna. Un grande plauso se mi è concesso va al sindaco di Carpineti (Montemerli) che da anni è molto attenta alle problematiche occupazionali e giovanili in generale. Sinceri complimenti.

(Luca Malvolti)

 

34 COMMENTS

  1. Riporto la mia personale opinione, pendolare dal 1996 (fino a Cadelbosco Sopra) poi varie interruzioni e poi pendolare verso Reggio da oltre 11 anni; ho provato anche io a scendere per risparmiare le due ore di viaggio, ma a conti fatti le restanti ore sono di gran lunga migliori se vissute sotto l’ombra della Pietra. Preferisco fare il pendolare e tornare ogni giorno nella mia bella montagna che rimanere a soffrire in pianura. Per il lavoro poi… altro che dibattito… forse sarebbe utile per chi vuole rimanere in montagna a lavorare pensare a quali opportunità di lavoro si possono creare e quali sono inverosimili, quindi indirizzare il proprio percorso di studi, o anche solo di lavoro, verso qualcosa che esiste o che potrà essere sostenibile in montagna; non credo che in montagna servano tanti ing. aerospaziali (non me ne vogliano gli “aerospaziali”… era solo per intenderci).

    (Corrado Parisoli)

  2. La situazione che hai fotografato è reale e purtroppo la montagna si spopola per situazioni come la Tua!! La cosa triste è che realmente siamo a 30 km di strada dal capoluogo e sono 15 anni che sarebbe tutto pronto per terminare un tragitto che in poco tempo ti porterebbe a Reggio!!! Abbiamo avuto personaggi locali al governo per anni che per la nostra montagna non hanno fatto assolutamente nulla in questo senso!!!!! Solo pensare che Modena ha una superstrada che porta nel loro Appennino e Parma addirittura un’autostrada…. Questa non è polemica!!!! Realtà!!!! Sarà brutto da dire ma quando c’erano le tangenti i lavori almeno proseguivano!!! Che politica!!!

    (Roberto)

  3. Bravo Luca! La questione che poni è vitale e dovrebbe essere oggetto di attenzione prioritaria. La scelta di scendere a valle ogni mattina per far ritorno alla sera, per quanto pienamente apprezzabile nella misura in cui esprime un sincero e profondo attaccamento al luogo d’origine (o d’elezione), non è a lungo sostenibile per il costo umano, ambientale ed economico che comporta. Inoltre non aiuta la montagna, cui viene in tal modo assegnato un ruolo marginale di ‘dormitorio’. Ma il problema non è solo della montagna. Anche all’interno della grandi città sono in tanti a dover fare i conti con snervanti spostamenti. Il posto di lavoro vicino a casa è una fortuna e non capita a tutti! Sarebbe ora che le aziende private, così come il pubblico impiego, iniziassero a considerare seriamente il telelavoro come opzione valida e interessante. Far fare da casa tutto ciò per cui non è indispensabile essere fisicamente altrove eliminerebbe ore e ore di trasferimenti, con minor consumo di carburante, di inquinamento e di stress!! Su questo tema sono in corso molte riflessioni e per qualcuno il lavoro da casa è già una pratica quotidiana. Le ‘strade’ su cui occorre davvero fare degli investimenti oggi, in questi territori, sono quelle telematiche.
    Dall’altra parte varrebbe la pena riscoprire mestieri legati al lavoro manuale (le botteghe dove si aggiustavano oggetti e vestiti? Sono scomparse insieme alla diffusione dell’’usa e getta’!) e all’ambiente naturale, che è la vera (e non è poco!!!) risorsa della montagna, probabilmente l’unica fonte di sussistenza in un futuro abbastanza prossimo dove la crisi imporrà dei cambiamenti talmente radicali che possedere (e far fruttare) un pezzo di terra farà la differenza.
    Facile a dirsi, forse meno a realizzarsi, ma è opportuno iniziare a riflettere.

    (Lucia Manicardi)

  4. Grazie Luca per la tua lodevole riflessione, non so se che di dovere coglierà il tuo grido d’allarme, ho dei forti dubbi. Come ho scritto più volte, i giovani che decidono di svolgere attività lavorative in montagna e con tanti sacrifici mantengono vive le comunità dei nostri piccoli paesi meritano la massima riconoscenza. Ti dico, per esperienza diretta come madre di un giovane che è tornato a vivere in montagna, che anche quando ci sono opportunità di lavoro queste vengono spartite (senza valutare la professionalità) tra gli amici e amici degli amici ed alcuni già occupati in altre amministrazioni. Coraggio comunque ragazzi, la nostra bella montagna non deve morire, fate sentire la Vostra voce, abbiate delle proposte ed esigete sostegno soprattutto nello start up dalle amministrazioni pubbliche (Camera di commercio, comuni, Parco nazionale).
    Carissimi ragazzi, unitevi, siate solidali ed umili, solo così riuscirete a realizzare le vostre aspirazioni!!!

    (Maura Natalini)

  5. Il problema del lavoro in montagna è davvero molto complesso. Credo che nessun sindaco, per quanto ci si sforzi, abbia una soluzione concreta. Tanti tentativi sono stati fatti, ma il più delle volte i risultati sono stati deludenti. Anche in questo settore, come in molti altri, i comuni hanno le mani legate; sono (mi scuso per l’espressione un po’ colorita) l’ultima “ruota del carro”: prima decidono 3, 4, 5 e più enti e poi i comuni. Faccio un esempio che riguarda il comune che amministro. Lo scorso anno, finalmente, è partito l’ampliamento di “Fora di Cavola”. Non è questo ampliamento che risolverà i problemi della montagna, però un po’ di opportunità lavorative le potrà dare. Nel 2004 l’ampliamento è stato bloccato, perchè bisognava fare uno studio più approfondito su quali potessero essere gli impatti di tipo paesagistico-ambientale. Ci sono voluti quasi 6 anni per arrivare alla fine dell’iter!!!! Non vi dico i costi che imprese, comune, Comunità montana hanno dovuto sostenere! Il guaio è che 6 anni sono troppi e succede (come è successo a Fora) che le imprese private decidano di investire diversamente, in paesi dove la burocrazia non è così “mostruosa” come in Italia. Mi sono sentito dire, anche da diversi amministratori pubblici, purtroppo, che l’ampliamento era impattante. Io ho risposto che è molto più impattante, per la montagna, l’abbandono del territorio, causato dallo spopolamento legato alla mancanza di lavoro. Peccato che troppe persone, a Reggio Emilia e Bologna, abbiano ancora una idea troppo “aulica” del nostro Appennino: vanno bene i boschi, i cinghiali, i caprioli (nulla in contrario a tutto ciò), ma guai se si chiede la possibilità di ampliare, ad esempio, una area artigianale!!!!
    Mi scuso se mi sono dilungato: sono d’accordo con il Sig. Luca, il dibattito va aperto, ma, mi creda, èaperto da decenni, le soluzioni però non sono a portata di mano. Se poi posso permettermi una ultima riflessione, personalmente preferisco fare il pendolare, e spendere i soldi in benzina, piuttosto che in affitto, ma abitare in montagna: almeno “respiriamo” ancora cose buone e viviamo una dimensione a misura d’uomo che in città, ahimè, non esiste più.

    (Michele Lombardi, sindaco di Toano)

  6. Ciao Luca, Sono una ragazza, a dire il vero un po’ cresciuta, che come te per anni è stata pendolare, facendo chilometri e chilometri, Minozzo-Reggio Emilia, per studiare e lavorare anche con contratti di lavoro co.co.pro., salvo poi scegliere di trasferirmi per questione di costi e di qualità di vita. Purtroppo con mio grande rammarico non ho avuto un grande aiuto dalle istituzioni del nostro territorio, che a mio parere non hanno mai dato molto peso a questa problematica, con la conseguenza che molti giovani se ne sono andati. Così che il nostro Appeninno reggiano si è impoverito sempre più… perdendo parte del suo “patrimonio umano”… I GIOVANI… che sicuramente avrebbero arricchito le nostre zone. Sono contenta che tu abbia sollevato la problematica e appoggio il tuo dibattito; forse sollevando i problemi qualcuno alzerà le orecchie… almeno per ascoltare… mi auguro allora che chi di dovere prenda in considerazione queste tue considerazioni, più che giuste. Un grosso in bocca al lupo per tutto.

    (Serena Fioroni)

  7. Ciao Luca, ormai che faccio il pendolare sono 11 anni. Condivido la tua riflessione sul cosa può darci la montagna. Ogni tanto provo ad immaginarmi nuove attività che si potrebbero aprire, ovviamente tutte mirate al turismo e al territorio (perchè è qua che dovremmo spingere), ma alla fine ogni idea viene accantonata perchè la mia sensazione è che il turismo da noi non venga supportato adeguatamente. Allora se uno deve fare degli investimenti, magari sviluppando anche buone idee, e poi il turista non riesci a portarlo in Appennino, beh, allora meglio lasciar perdere. Quindi continuo a fare il pendolare consapevole di buttare via in carburante quei 300/350 € mensili. Perchè torno? Perchè da noi alla sera riesco a dormire quando è estate e la mattina d’inverno se non mi alzo con la neve mi alzo con il sole, mentre a Reggio c’è grigio o c’è la nebbia. Torno perchè il nostro Appennino è qualcosa di meraviglioso. Poi sinceramente da due anni non abito più a Castelnovo ma a Carpineti e ti assicuro che è molto più a misura d’uomo. Castelnovo è una città in miniatura, con tutti gli svantaggi della città ma senza i benefici. Ti dico una cosa banalissima, io giro molto per lavoro, e spesso in autostrada vicino alle uscite dei caselli trovo pubblicità di paesi da visitare, perchè noi in prossimità dell’uscita di Reggio non mettiamo dei bei cartelli con la Pietra, con i castelli, con i laghi, ecc.? Noi abbiamo risorse incredibili ma è come dare una Ferrari a un ragazzino di 14 anni. Non sappiamo usarle.

    (Alessandro Torri Giorgi)

  8. La montagna si sta già spopolando da un bel po’, ultimamente se ne stanno accorgendo anche i nostri governanti, ma i ritardi accumulati ormai sono enormi e di soldi non c’è ne più. Un’ulteriore chicca per la nostra montagna è la notizia sulla Repubblica di oggi della chiusura di una serie di sportelli delle poste: GAZZANO, REGNANO, TRINITA’, CASONI, CIVAGO, GATTA, MONTALTO, PECORILE.
    Speriamo che almeno l’ospedale rimanga.

    (Lorenzo Fabbiani)

  9. Ciao Luca, innanzi tutto grazie per aver posto l’accento su una questione importante e che tutti sanno ma che pochi hanno espresso in maniera tanto chiara e diretta come hai fatto tu. Purtroppo la parte positiva della mia replica termina qui, ho meno di 30 anni ho una laurea e lavoro da due anni a Milano e posso garantirti che il problema è generale, italiano e parzialmente europeo (sud Europa). I sindaci possono ben poco contro rincari di carburante e mancanza di investimento da parte di imprenditori (e banche), la cosa che mi sento di aggiungere, capendo bene la tua situazione, è che sei purtoppo nato e cresciuto con la fortuna di poter studiare e la sfortuna di esserti laureato in un momento in cui il mercato del lavoro non ha la forza di crescere e formare i suoi giovani, in quanto non può supportarne il costo. Parti fin da ora con la consapevolezza che se vuoi crescere ed arrivare ad avere indipendenza economica e possibilità di mantenerti e magari mettere qualcosa da parte(cosa che io non riesco ancora a fare, ma te lo auguro), dovrai continuare a studiare e aggiornarti nel tuo tempo libero, considera che se pur vero che in montagna ci sono poche possibilità, incontri anche poca concorrenza, mentre se ti muovi, Londra, Sydney, New York, Milano, incontrerai ragazzi come te, magari indiani o cinesi, che nella vita mangiano, dormono e studiano, punto. E dovrai essere meglio di loro, se vorrai guadagnare abbastanza. Detto questo, qualcosa, come tu hai giustamente citato nella tua mail, si è fatto, per mettere in contatto giovani montanari e imprese, e si deve continuare a fare; soprattutto io credo che gli amministratori locali abbiano il dovere di utilizzare tutti i canali possibili, e la forza della loro posizione, per organizzare iniziative come quella fatta a Carpineti, dove si garantisce ai giovani neolaureati un colloquio con una impresa del territorio. E credimi, di questi tempi, fare un colloquio è già una gran cosa.
    Un grande in Bocca al Lupo, con affetto.

    (Alessandro)

  10. Un tempo a Reggio ci si andava a piedi e nessuno s’è mai lamentato. La globalizzazione è l’acme della comodità, la comodità è l’atrofizzazione dell’adattamento, non adattarsi è essere chiusi di mente, mica reattivi o più svegli di altri. Tutto qui.

    (Wilson Bartolini)

    • Se non fosse che chi alla fine del mese ti paga lo stipendio ti richiede di essere presente al lavoro anche 8-9 ore al giorno… magari ci andremmo a piedi anche volentieri… Non si tratta di lamentele, si tratta di porre l’accento su una questione molto importante. Mi domando se lei abbia mai fatto il pendolare e abbia provato a essere sulla strada con l’automobile con le code di traffico, il caldo, la neve, la pioggia, la stanchezza ecc. ecc.

      (Serena)

  11. Capisco perfettamente, Luca.
    Io sono 12 anni che faccio il pendolare Castelnovo ne’ Monti-Corte Tegge e ti garantisco che se non avessi una spiccata avversione per la città e un debole per i nostri posti me ne sarei già andato pure io.
    Per quasi 7 anni ho provato a conciliare orari delle corriere, dei bus e di lavoro, con il risultato di aver patito un sacco di freddo, essermi fatto un sacco di nervoso ed aver perso tutti i capelli…
    Non che con la decisione di andare a lavorare in macchina le cose siano migliorate, anzi.
    La statale 63 è un disastro, tanto che da un po’ di tempo ho deciso di arrivare in città percorrendo la provinciale 513, più lunga ma molto più scorrevole e soprattutto d’inverno manutenuta in modo costante, al contrario della (giustamente) bistrattata statale.
    Che dire? Quando nel 1996 ho iniziato a lavorare continuativamente, per non muovermi troppo da casa, sono andato a fare l’operaio per un paio d’anni, ma di fronte ad un’offerta di lavoro impiegatizio ho dovuto (per fortuna e purtroppo) rivedere le mie priorità.
    Penso che le soluzioni non siano di facile attuazione, anche perchè investono non solo i comuni della montagna, ma più in generale il sistema lavoro italico.
    Mi riferisco ad opportunità di telelavoro, ancora viste come fumo negli occhi dalle dirigenze di buona parte delle aziende italiane. Mi riferisco ad una rete stradale potenziata che permetta agevolmente di raggiungere i nostri luoghi, visti ancora da chi non ci vive come “FIN LASSU’, CON TUTTE QUELLE CURVE???”.
    Riguardo a quanto possibile fare con le nostre forze, non so che dire. Conosco poco le opportunità che vengono concesse ad oggi in montagna per chi esce dall’ambito universitario o scolastico, per cui non mi sento in grado di affermare molto.
    Forse l’unica arma non a doppio taglio (da un punto di vista ambientale, paesaggistico e “Slow”) che abbiamo sarebbe il potenziamento ulteriore del turismo. Ma ci addentriamo in un vespaio. Chi muove il turismo, chi spende soldi, sono i ragazzi. E ci vorrebbe un trattato di Umberto Eco per spiegarne in modo esaustivo tutte le implicazioni.

    (Imerio Bolognini)

  12. Non vedo dove sia il problema. La vita è una sola e non va passata in macchina tra Reggio e un qualsiasi paese della montagna. Fare il pendolare alla fine è una soluzione che ti rovina la vita sia nel paese da cui provieni (ameno e paradisiaco che sia) sia in città. Anch’io per anni mi sono sparato km e km assolutamente senza senso. Alla fine credo che se nella vita vuoi intraprendere un percorso professionale di un certo tipo devi mettere in conto l’eventualità di un trasferimento (pensa chi va all’estero… sai la meritocrazia ma è un’altra storia…). Se vuoi vivere nel paesello non hai molte possibilità. In realtà credo che il fascino dell’Appennino sia anche quello: l’isolamento. Poi finitela con questa storia di Modena e i suoi collegamenti. Fatevi un Modena-Fanano, Modena-Pievepelago o anche solo Modena-Pavullo. Sarò fortunato ma ho scelto di vivere in una bella zona e di certo NON SOFFRO in pianura (cit. Parisoli), anzi la qualità della vita è molto migliorata e posso fare il lavoro per cui ho studiato.

    (Marco Rossi)

  13. Considerato che sono 17 anni che mi sposto da Casina per Reggio, Bagnolo, Bibbiano, Scandiano, ecc….. ti capisco davvero!!! Quando dico ai miei colleghi/clienti che abito a Casina mi guardano con comprensione per non dire compassione… come se abitassi sulla cima del Ventasso!!! Però credo, anzi sono sicuro, che vivere in collina o in montagna ha più onori che oneri, soprattutto quando si hanno figli che possono frequentare ambienti “conosciuti” e “controllabili”. Sicuramente più si sale verso la montagna più il disagio della viabilità aumenta, peroò è già in atto da qualche anno la riscoperta dei nostri paesi e la gente preferisce ambienti più vivibili e più “nostrani”.

    (Matteo)

  14. Caro commento firmato, non si tratta di popolato o meno!! Si tratta di Sviluppo!! Allora li abbandoniamo quelli che decidono di rimanere qui!!! Bravo bell’idea!!!! Invece di essere solidali sempre a polemizzare!!!!! Comunque vado spesso la domenica a gareggiare nel parmense e mi creda si fa prima arrivare sui loro monti che a S. Polo!! Poi, visto che è così sagace, perchè non mi porta l’esempio dell’Appennino modenese dove c’è sempre pieno. Anche questa domenica a Pievepelago, paesino sperduto, c’era murato!!!!

    (Roberto)

  15. Caro Luca, non ti sei chiesto quanto spenderesti di affitto a Reggio Emilia? La mia non vuole essere una critica, ci mancherebbe, ti capisco bene, io sono 15 anni che faccio avanti e indietro, tutte le mattine e tutte le sere, ma non mi sognerei nemmeno un attimo di trasferirmi in pianura. Che la viabilità sia un problema è davanti agli occhi di tutti, ma, credimi, io quando arrivo a Castelnovo alla sera inizio a respirare (pensa che quando sono a Castelnovo ho ancora 30 km). Per il lavoro, ci sarebbero le opportunità, ma tutti scelgono corsi di laurea che purtroppo portano lontano, molto lontano. Per il commento firmato… ma di che Appennino parli, scusa? Quello parmense? Prova ad andare a Palanzano, Monchio delle Corti, ecc.ecc., stanno peggio di noi!

    (L.C.)

    • Ciao L.C. non puoi pensare a chi sta peggio per fare confronti, io guardo sempre a chi sta meglio e provo a guardare le cose che non vanno per migliorarle. Se mi dici l’Appennino parmense io ribatto con quello modenese che è molto più vivo e più ricco del nostro. Detto questo, ho fatto i calcoli e si risparmia con un affitto se consideri il carburante e il deperimento della macchina (25-30.000 km annui più gomme…). Io rispetto il tuo pensiero e condivido il fatto che da noi si viva meglio, ma quando ti manca il lavoro ti manca tutto. Riguardo i corsi di laurea non fare di tutta l’erba un fascio: nel mio settore basta un’ADSL buona per lavorare, ma fino all’anno scorso il crinale non aveva un collegamento a banda larga… Questo è solo un esempio.

      (Luca Malvolti)

  16. Complimenti a Luca che con schiettezza e trasparenza ha saputo dipingere il laureato di oggi aggiungendo alla descrizione l’ulteriore complessità data dalla residenza in montagna.
    Sarò breve e concisa nell’esprimere il mio asciutto punto di vista, anche se sarebbe opportuno che a trattare l’argomento in modo serio fossero altri. Si è dato troppo spazio a cose inutili, fino ad oggi: abbiamo sopportato chi ha sempre alimentato fanatismi ambientali e animalisti, abbiamo subito la creazione di enti-zavorre che ci trasciniamo e che dobbiamo fare sopravvivere, abbiamo subito le decisioni di chi ci ha imposto vincoli paesaggistici iper restrittivi e ci siamo auto-immunizzati da una burocrazia soffocante e sempre più complessa che ora fa parte della nostra normale quotidianità. Siamo stati privati della capacità di essere obiettivi, privati della capacità di reagire e resi coscienti della nostra limitata capacità di opporci.
    Chi lo dice che solo il turismo può vivere qui? Chi lo dice che non si possano creare, come in Francia ad esempio, incubatori di imprese per l’occupazione femminile o giovanile? Chi lo dice che le nostre risorse non le possiamo sfruttare (acqua, aria, vento)?
    Chi dice che solo i prodotti del Parco o i cavalli autoctoni possono avere successo? E ancora, chi dice che le energie rinnovabili sono giuste e corrette, ma poi se le vuoi installare portano impatti ambientali non assimilabili dal territorio?
    Chi ci impone che dobbiamo solo fare marmellatine e crostatine per essere competitivi a livello di eccellenze del territorio? Renzo Rosso per esempio ha creato la Diesel e il suo quartier generale lo ha mantenuto in montagna!
    Siamo prigionieri di un sistema che ci schiavizza e non permette ai giovani di farsi strada, anzi, li incentiva a trasferirsi per andare nella bella città, dove, se parli, nessuno ti ascolta perché sei uno tra molti…
    Purtroppo dobbiamo ringraziare chi questo sistema ce lo ha confezionato, anche se credo che l’obiettivo primario, a monte, non fosse quello di raggiungere questa situazione…
    Sì, è vero, in tutta Italia va così, probabilmente il meccanismo è il medesimo.
    Mi auguro (anche se ormai non ci spero più tanto) che i giovani di oggi e di domani possano ritrovare quella speranza nel futuro che è stata persa e di cui probabilmente hanno goduto anche quegli amministratori che oggi fanno i furbi con i nostri sogni.
    Non è mai troppo tardi per cambiare il sistema… dipende anche da noi!
    In bocca al lupo a Luca e a tutti noi.

    (Isabella)

  17. Caro Luca, io sono anni che faccio Collagna-Rubiera, 140 km al giorno, ma non mi sogno neanche di andare ad abitare giù, qua c’è la mia casa, i miei animali e non li lascio. Qua nel mio paese ci sono tanti ragazzi che partono alla mattina e vanno a Reggio e sono d’accordo con me, la montagna non si lascia…

    (Stefania C.)

  18. Non mi sarei mai aspettato un dibattito così acceso quando ho deciso di scrivere questo articolo. A mente fredda potrei aggiungere che io amo l’Appennino, amo la sua natura e lavorando tutto il giorno a Reggio non vedo l’ora di tornare a respirare l’aria pulita della montagna. Tuttavia se penso al mio futuro lo vedo lontano da qua: poche prospettive, costo della vita di molto superiore alla città e tagli statali in vista (non dimentichiamoci che il Governo sta tagliando scuola e sanità). Se vengono a mancare i servizi Castelnovo è un paese morto. Mi fa piacere che il sindaco di Toano abbia letto e partecipato al dibattito, mi piacerebbe tanto lo facessero anche gli altri perché non vogliamo i miracoli e non vogliamo milioni di euro: a me personalmente e ai miei coetanei basterebbe un minimo di attenzione, un minimo di ascolto. I miei complimenti all’operato del sindaco Montemerli nascono proprio da questo; non avrà fatto chissà che cosa ma almeno si impegna e ascolta i giovani del territorio. Rimbocchiamoci le maniche che i tempi futuri saranno duri per tutti, soprattutto per noi under 30.
    Un saluto.

    (Luca Malvolti)

  19. Anch’io faccio la pendolare tra Felina e Reggio: ogni mattina sveglia alle 5 e partenza alle 6. Mi rendo conto che gran parte della mia giornata è assorbita dal viaggio, perchè prendo prima la corriera e poi il tram. Sono quindi 3 le ore che perdo e sinceramente, nel 91, quando ho iniziato a lavorare, mi sarei trasferita a Reggio, perchè avevo una bimba piccola. Anche mio marito lavorava alla bassa e abbiamo tribolato parecchio, poi non ho mai avuto il piacere di accompagnare mia figlia prima all’asilo e poi a scuola. Sono rimasta per motivi di famiglia, ma mi rendo conto che ho perso e sto perdendo tante cose, soprattutto perchè alle 10 di sera sono cotta e non riesco a partecipare alla vita del paese come vorrei. E’ vero, vivere in montagna è bello, ma quando smetti di lavorare, se abiti in città, non togli nulla a te stesso e alla tua famiglia. Attualmente, però, devo dire che anche a Reggio la qualità della vita non è delle migliori, ci sono i pro e i contro, ma comunque vivere dove si lavora per me è meno fonte di stress. Almeno quello del viaggio non c’è, perchè come trasporti pubblici non siamo messi troppo bene e, se non ci sono le coincidenze giuste, rischio di impiegare anche 2 ore per arrivare sul posto di lavoro. Quindi penso che Luca, tutto sommato, non abbia tutti i torti a pensare di trasferirsi, salvo poi tornare a Castelnovo (e parlo anche per me) nei fine settimana. Certo, se avessimo una strada migliore… tutto, forse, sarebbe più semplice.
    Un saluto.

    (M. Claudia Cotti)

  20. Penso che il modo più efficace per risolvere il problema possa essere rendere la nostra zona un’attrattiva, una zona esclusiva.
    Oltre a valorizzare meglio i nostri beni, sarebbe tanto riuscire a portare qualcuno dei tanti marchi che fanno il commercio, in Italia e nel mondo. Dai ristoranti/fast food all’abbigliamento, alle concessionarie e molti altri.
    La maggior parte di queste attività esclusive sono concesse ai comuni che possono garantire un indotto di un certo livello quindi penso proprio che i sindaci, facendosi forza l’un con l’altro, potrebbero dare delle garanzie di base con un impegno/progetto sulla crescita demografica graduale con annesse attività aziendali nella nostra zona. Chiaramente ci vuole tempo ma credo che la presenza di servizi di ottimo livello potrebbe portarci ad una crescita industriale e alla voglia di investire da parte di persone esterne. Ovviamente sono solo supposizioni, la sfera magica non ce l’ha nessuno.
    Fare i pendolari, oltre a farci perdere tempo prezioso della nostra vita, fa sì che il nostro potere economico sia del 20-30% inferiore a chi vive e lavora in città su uno stipendio medio, contribuisce a farci spendere il denaro dove lavoriamo, un po’ per comodità e un po’ per gli orari di lavoro quindi per il tempo limitato, di conseguenza l’economia da noi non gira e i commercianti sono costretti a rincarare il loro servizio per saltarci fuori con l’obiettivo di arrivare alla pensione per poi chiudere bottega.
    Consideriamo anche il fatto che se per sbaglio, con la neve o la nebbia, per colpa di un animale selvatico, perchè ci siamo svegliati 10 minuti in ritardo o per qualsiasi altro motivo, nel viaggio dovesse succedere qualcosa anche senza conseguenze fisiche, siamo costretti a bruciare lo stipendio per sistemare i danni ed è qui che arriva la beffa. Il guadagno dov’è??
    Possiamo raccontarcela per ore, sta di fatto che la nostra è una zona disagiata, quindi o facciamo in modo di farla esplodere economicamente oppure piano piano (ma non troppo) appassirà, visto e considerato che questo periodo non è il più indicato per un rilancio societario.
    Ad oggi, una persona che deve partire da zero non investe sicuramente in un’abitazione in montagna per le garanzie ed i servizi che offre e per i prezzi (sugli affitti si risparmia ancora qualcosina da noi rispetto alla città, sugli acquisti NO, anzi).
    Mentre chi fa già il pendolare, non si trasferisce vicino al lavoro perchè sta cercando di risparmiare per farlo in futuro oppure per mantenere invariato il legame con le persone care (famiglia, amici, relazioni) ma non di certo perchè è bello vivere in questo luogo e fare su e giù 270 giorni all’anno.
    Probabilmente la riflessione di Luca era da pensare una trentina d’anni fa quando tutti dormivano sugli allori.
    Ma quante cose in Italia sono state rimandate per decenni!? Chiedetelo a Monti.

    (Manuel Iori)

  21. Con grande amarezza sto constatando che a questo dibattito molto importante dove è in gioco il futuro del nostro Appennino latita la voce della politica. Nonostante tutto io continuo a credere nella concezione aristotelica della politica “amministrazione della polis”, la quale anche a livello locale dovrebbe essere in grado di cogliere i disagi e le aspirazioni delle giovani e non giovani generazioni. Vorrei inoltre sapere se l’attività dell’osservatorio economico si è limitata a constatare la morte delle attività produttive o ha previsto potenziali attività da incentivare. Come scrive Isabella: non è mai troppo tardi e allora forza giovani e meno giovani, diamoci da fare!!!!

    (m.n.)

  22. Vi racconto una storia.
    La mia nonna all’inizio del Novecento studiò da maestra. Veniva da una famiglia della bassa con diversi figli e la mamma vedova. Abitavano a Reggio. Il primo posto da maestra lo ebbe a Vallisnera o Valbona (i miei ricordi vengono da racconti sentiti occasionalmente). Arrivata a Castelnovo venne accompagnata in calesse al luogo di lavoro da mio nonno che era un montanaro DOC. Più tardi si sposarono ed ebbero 4 figli. Facendo sacrifici li fecero studiare tutti. I sacrifici li fecero anche i ragazzi perché abitando vicino a Castelnovo dovevano andare in città per gli studi. I due più vecchi stavano a Reggio a pensione presso una famiglia.
    Partivano con una piccola valigia nella quale mettevano anche del pane fatto in casa per avere qualcosa in più da mangiare visto che da mangiare ce n’era poco per tutti. Lo mangiavano tutto, anche se arrivava ad avere un po’ di muffa. Tornavano a casa solo per Natale, Pasqua e in estate.
    La mia mamma era la più grande e diventò anche lei maestra. Il primo posto lo ebbe a Montemiscoso. Stava in una stanzetta sopra la scuola con qualche topo che ogni tanto le faceva visita. Gli alunni andavano a scuola portando un pezzo di legna per la stufa dell’aula. Per raggiungere la sede di lavoro c’era la corriera fino alla Sparavalle, il resto del tragitto si faceva a piedi. Ovviamente era così anche per il ritorno. E’ poi riuscita ad avvicinarsi a casa con il lavoro ed è rimasta in montagna a dare istruzione a tanti bambini che ancora adesso, da adulti, la ricordano con affetto e riconoscenza.
    I due maschi più vecchi, diventati tecnici, trovarono lavoro a Milano dove seppero farsi strada. Fra i tanti ricordi mi sovvengono il mangiadischi che avevo da bambina prodotto da uno dei due nella piccola azienda che aveva creato e poi gli accendigas piezoelettrici. Dell’altro ricordo i racconti dei viaggi fatti per lavoro in giro per i continenti mandato dall’azienda petrolifera per cui lavorava e i regali che mi portava da quei luoghi.
    In montagna venivano spesso, sia per le grandi festività che in molti fine settimana per tornare con le mogli, montanare pure loro, dai genitori. Il più giovane studiò a Parma stando dai Salesiani, diventò Farmacista e trovò lavoro come Rappresentante Farmaceutico. Andò ad abitare a Reggio con la moglie montanara. Ogni tanto mi ospitavano per qualche giorno di vacanza in città e per me era veramente una festa. Ricordo la Boheme alla Scala di Milano e il Lago dei Cigni visto nel parco della Villa Reale di Monza, ma anche il vestito e i sandali infradito acquistati alla Rinascente che mi facevano sentire più signorina.
    A Reggio sentivo sempre nominare la Famiglia Montanara, un nutrito gruppo di amici dalle origini alto-locate (nel senso di altitudine) che si trovavano anche per laute cene, mantenendo vivo l’orgoglio delle loro radici.
    Appena hanno potuto sono tornati fra i nostri monti dove, con i guadagni fatti, hanno costruito casa e hanno continuato e continuano a contribuire alla vita dei nostri luoghi.
    Nessuno di loro ha preteso che altri gli spianassero la strada, si sono dati da fare mettendo a frutto le loro capacità affrontando i problemi e le difficoltà con volontà, energia e coraggio.
    Hanno tutti contribuito allo sviluppo della nostra montagna, chi in un modo chi nell’altro, anche se il lavoro li ha portati temporaneamente altrove.
    Da tutti loro ho imparato tanto. Grazie mamma Luciana, zio Ermete, zio Gastone e zio Sandro.

    (AnnaMaria Gualandri)

  23. Signora Anna Maria ha raccontato la storia della sua famiglia che è poi quella di migliaia di montanari che sono emigrati in varie parti d’Italia o all’estero ed hanno mantenuto vivi i rapporti con il paese d’origine investendo i loro risparmi ristrutturando case, stalle e vi trascorrono il loro periodo di ferie o se già pensionati alcuni mesi dell’anno. E’ vero, chi in un modo chi in un altro contribuisce economicamente, ma questo signora è” sopravvivenza economica” e non sviluppo economico della montagna. Lo sviluppo si ha se vi sono forze giovanili intraprendenti che investono competenze, abilità in attività economiche permanenti , supportate da una buona viabilità e da una eccellente rete di comunicazione. Nella nostra montagna, alto crinale, le persone stanno affrontando le difficoltà con impegno e tenacia nonostante una rete stradale ottocentesca, Le consiglio di percorrere la statale 63 da Castelnovo Nè Monti al Passo del Cerreto e poi si renderà conto della “strada spianata” dai nostri politici passati che sono comunque presenti in questi ultimi 30 anni.

    (M.N.)

  24. Vorrei condividere con voi la mia esperienza… Sono una over 40, ho iniziato a Reggio a lavorare nel ’90 come impiegata prima in banca, non ma era il mio ambiente, mi sono licenziata e dopo alcuni lavori a tempo determinato ho trovato impiego presso compagnia telefonica… Dopo 15 anni vissuti da pendolare il tanto sognato telelavoro… che mi ha permesso con turni part time di dedicarmi alla famiglia. E’ crollato il castello!!!!! E adesso ci devo rinunciare e ricominciare a viaggiare se voglio lavorare! Qualcuno riesce a spiegarmi perchè aziende sane si sono trovate in queste situazioni??? E drasticamente fanno la “cura dimagrante”???

    (Alessandra)

  25. Condivido, Sig. (M.N.), quanto da lei affermato. Il mio ha voluto essere un esempio per ricordare che il problema sollevato sul trasferimento abitativo per lavoro non è una novità e nonostante questo non si può dire che in montagna non ci sia stato sviluppo. E’ vero, tante cose possono essere migliorate, ma non dimentico che la provinciale 513, che mi passa davanti a casa, quando i miei zii erano giovani (e non era l’ottocento) era una strada bianca, non asfaltata. Hanno affrontato allora le difficoltà del momento come vanno affrontate adesso le difficoltà attuali. Non credo sia possibile avere l’uovo e la gallina. La montagna avrà sempre i suoi vantaggi e i suoi svantaggi. E’ con questi che si devono confrontare i nostri giovani facendo coscientemente delle scelte. Non è possibile intraprendere certi tipi di studi pensando poi di avere il lavoro vicino a casa. Questo molto spesso, come mi sembra sia già stato detto, non capita nemmeno a chi abita in città.
    Quello che non condivido nei discorsi fatti è che si pensi che altri debbano portare in montagna attività o posti di lavoro. Sottoscrivo in pieno la sua frase “lo sviluppo si ha se vi sono forze giovanili intraprendenti che investono competenze, abilità in attività economiche permanenti”. Troppo spesso adesso si aspetta la pappa pronta. Guardiamo quanti giovani e chi sono quelli che frequentano scuole professionali che fornirebbero competenze per avviare attività artigianali o nell’agricoltura. I ragazzi in gamba che fanno queste scelte si contano sulle dita delle mani. Tutti al liceo perché se no è degradante.
    Ci vogliono competenze unite alla volontà di sviluppare qualcosa di adeguato al territorio che è quello che è, non lo si può cambiare. A volte può servire farsi esperienza fuori per poi utilizzarla successivamente in loco con idee innovative. Qualcuno lo ha fatto ma anche questi sono pochi.
    La cosa che non paga comunque è aspettare che altri facciano.
    Per Luca, che ha sollecitato la discussione, penso che, visto il tipo di studio intrapreso, sia d’obbligo farsi la gavetta lontano da Castelnovo, se non altro per farsi conoscere e apprezzare nell’ambiente per il quale ha deciso di lavorare e per imparare quello che non si impara sui libri. Qualche sacrificio dovrà sicuramente farlo. C’è chi condivide un appartamento con altri ragazzi per suddividere le spese. Ma niente vieterà che possa poi rientrare per lavorare telematicamente da qui e contribuire lui a dare incremento in loco ad attività legate al web. Non c’è la banda larga? E’ vero, ma a Vetto non c’era neppure internet fino a qualche anno fa. Fino a quando qualcuno ha pensato di investire le sue competenze per realizzare una rete alternativa.

    (Annna Maria Gualandri)

  26. Qui in appennino si può vivere anche meglio che in città, ma ci vorrebbe più creatività, un aiuto dagli enti locali, anche se minimo e… un pizzico di fortuna. Le nostre ricchezze sono legate alla natura. Forse che non siano da riscoprire ambiti ormai abbandonati, senza farsi stritolare dalle regole del (super)mercato. Facciamo un piccolo esempio pratico: perché il comune non eroga una piccola cifra a un giovane che apre un’attività nel territorio? O gli riconosce per alcuni anni una imposta locale a zero euro? In ogni caso per il comune ci sarebbe un ritorno e anche per il paese. Lamentarsi serve a poco. Cerchiamo esempi nel mondo.

    (f.m.)

  27. Era tanto tempo che speravo che i giovani uscissero dal torpore e accentrassero l’attenzione e il dibattito su un tema tanto importante, quale la difficoltà a vivere in montagna! Qui i sindaci potrebbero fare un’introspezione con relativo esame di coscienza… Perchè sono stati sperperati tanti quattrini in “cattedrali nel deserto” (e non sto ad elencare, perchè tutti sanno) e la viabilità in tanti comuni è peggiore dell’immediato dopoguerra? Perchè non si è pensato di dare la precedenza ai giovani residenti quando si è presentata una qualche, seppur sporadica, opportunità di lavoro? Perchè i politici pensano di costruire un mega canile, con buona parte di finanziamenti pubblici, a ca. un km. dalla confluenza dei torrenti Vaina e Lonza col fiume Enza, facendo scempio del territorio, procurando disagi ulteriori e inquinando le acque? Con questo agire verrebbe preclusa qualsiasi possibilità di migliorare la vivibilità locale e il sogno del bacino andrebbe a svanire per sempre. Voi giovani siete il nostro futuro. Coraggio! Lottate con tutte le vostre forze per invertire una tendenza che, pian piano, ci sta portando alla deriva.

    (Liliana Dazzi)