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La scuola bene o male ricomincia regolarmente

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Qualche corriera in ritardo, qualcun’altra che non s’è nemmeno presentata, alcuni insegnanti ancora da nominare… Vabbè, ma la scuola reggiana ha avuto inizio regolarmente in tutta la provincia, anche nelle zone terremotate della bassa dove la riapertura in orario pareva un obiettivo difficilmente agguantabile. Laddove i gravissimi danni agli edifici non hanno consentito la riapertura in orario delle scuole, ha potuto una straordinaria iniziativa di solidarietà: i ragazzi di Reggiolo ospiti per una decina di giorni a Ligonchio presso “Rifugio dell'Aquila”, nel cuore del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, esattamente dall’altra parte della (attuale) provincia.

La campanella ha dunque ripreso a suonare: per migliaia di ragazze e ragazzi più o meno disponibili a imparare qualcosa, per i loro insegnanti, per i genitori interessati a farglielo imparare, quel “qualcosa”. Anche per tante comunità che con la riapertura delle scuole si rianimano di nuovo; forse un po’ troppo, visto il caos cittadino. Eppure, la scuola ricomincia da anni e anni in questi giorni; non è una novità, vero?

Tuttavia, a quella campanella faremmo senz’altro bene cominciare prestare tutti e due gli orecchi. Perché suona un po’ per tutti. Modernità, vitalità, competitività e crescita di un Paese sono strettamente connesse alla qualità della propria scuola, ovviamente di ogni ordine e grado, propedeutica pure a un’attività di ricerca che in Italia è sempre più svilita e rischia la dissoluzione.

La trasmissione del sapere non può avvenire per inerzia, mediante un rigido processo meccanico. Le comprensibili aspettative formative dei docenti vanno assecondate in cambio di una loro convinta consapevolezza che hanno tra le mani un “materiale” di speciale preziosità. L’edificio umano è un progetto lungo una vita ma l’allestimento del cantiere scolastico è di straordinaria importanza, a partire dal merito che va lealmente riconosciuto, per studenti e insegnati.

E’ il Paese nel suo insieme a dover riscoprire i valori della scuola, attuando una moderna politica scolastica, investendo su di essa risorse economiche adeguate, interesse, attenzione e sensibilità per tutto ciò che tra una campanella e l’altra cresce e prende forma. Non è accettabile che uno studente su cinque in Italia abbandoni la scuola con la scusa inescusabile della mancata occupazione futura. E’ un’aberrazione da combattere duramente, prima che qualcuno pensi che il 25% dei ragazzi è somaro dalla nascita. E’ un fallimento produttivo, ingiusto verso le giovani generazioni.

Trent’anni fa un perito elettrotecnico era chiamato a progettare e dirigere fabbriche industriali; la loro geometrica diffusione li ha portati ad occuparsi anche di installazioni domestiche, migliorando nel contempo la sicurezza degli impianti e lo standard di vita della gente. Pochi periti agrari anni addietro dirigevano grandi aziende; adesso sono molti di più e concorrono ad innalzare il livello qualitativo e quantitativo dei prodotti della terra di migliaia di piccole e medie imprese agroalimentari.

Come si vede, pochi e banalissimi esempi dimostrano l’importanza strategica della scuola nella crescita civile ed economica di una nazione, che deve innovarsi e rinnovarsi ogni anno, sempre. Ecco perché la campanella non squilla soltanto per gli studenti bensì per l’intero Paese, per il quale, ci vorrebbe la campanona di Rovereto. Suonata a martello!

Il Governo dei Professori ha nell’agosto scorso annunciato l’assunzione di circa 12mila insegnanti. Benissimo: è un segnale importante, finalmente si va in controtendenza rispetto al trend disastroso e responsabile della nostra posizione nella graduatoria stilata dall'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in cui veniamo relegati al 31esimo posto… su 32! Scolasticamente parlando siamo in castigo, dietro la lavagna, con un piede fuori dalla porta. L’aumento del personale deve essere parte di un progetto innovativo, europeo, di rilancio della Scuola, capace di accompagnare il cambiamento in ogni ambito di vita del Paese; l’alternativa è di continuare a subirlo, adesso e nel futuro prossimo.

Insomma, qui a perdere il tram non è più qualche sonnacchioso studentello: a letto ci rimane la “scuola Italia”, che deve ricaricarsi urgentemente la sveglia e ricordarsi di mettere un po’ avanti le lancette.

Comunque sia, buon lavoro Scuola!

(Roberto Lugli)