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La provincia Emilia e le sfide di un nuovo tempo

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L'attore Chicco Salimbeni

LA PROVINCIA EMILIA E LE SFIDE DI UN NUOVO TEMPO
Va bene.
C’è un problema da risolvere.
Anzi, diciamo così: c’è una situazione nuova da affrontare.
La situazione si chiama crisi, e la crisi costringe a cambiamenti profondi e
radicali, in sostituzione di qualcosa che non funziona più.
Impone delle regole che, volenti o nolenti, si devono accettare.
Le regole della crisi sono poche e semplici: rigore, tagli drastici alle spese, e
rinnovamento.
Mi soffermo sul secondo di questi punti, visto che è quello che riguarda da
vicino tutti, sia i singoli cittadini, che gli enti pubblici.
Da tempo si parlava di tagliare tutte le Province, visto che i loro costi gravano
enormemente sulle spese dello Stato.
Poi in un modo o nell’altro si è arrivati a dei compromessi, e il risultato finale è
che saranno tagliate solo quelle Province che non rientrano in due parametri:
superficie di 2.500Km² e popolazione minima di 350.000 abitanti.
Un po’ generico come principio, che ha fatto storcere il naso a tanti, ma in
qualche modo bisognava mettere dei punti, e il risultato è stato che alcune
Province scompariranno nella loro forma autonoma, andandosi ad aggregare
con la Provincia a loro attigua rientrante nei parametri.
Naturalmente questo avverrà anche nella nostra regione, visto che Reggio e
Piacenza non hanno i requisiti richiesti, e in virtù di ciò hanno cominciato a
susseguirsi proposte e ipotesi, a volte anche molto fantasiose.
Come ad esempio la “Provincia Cispadana”, in memoria di confini passati che ci
riportano indietro non ai tempi di “Carlo Códga”, ma addirittura di Napoleone!
O alla poco fantasiosa unione dei nomi “Parma-Piacenza” e “Modena-Reggio”,
fino ad approdare a quella che io ritengo la vera perla tra tutte le proposte:
la “Provincia del Gusto”.
Bellissimo!
Pensate che bello sulla carta di identità, vedere scritto:
PROVINCIA DEL GUSTO!
Che poi gli italiani, se ogni accorpamento nazionale dovesse seguire questo
filone, dovrebbero ristudiarsi a memoria tutte le province e le rispettive
regioni!
Non si ricordano neanche quelle attuali! Figuriamoci dopo!
Da dove vieni?
“Provincia delle nocciole”
“io Provincia del tonno pinna gialla”
“io Provincia del panorama”
“io Provincia transpeninsulare est”!
La fantasia non ci manca.
Però forse ora è il caso di pensare a qualcosa che sia meno stravagante e
molto più concreto.
Sarà che noi siamo una popolazione fortunata, sarà che la risposta c’è già da
molto prima di noi, ma la soluzione che io trovo perfetta si chiama EMILIA, e ci
comprende e accontenta tutti; ci fa essere molto meno costosi per lo stato,
molto più efficienti per le nostre autonomie, e soprattutto continuare ad essere
“ognuno” pur trasformandoci in “uno”.
Per tutti, noi saremo “Emilia” (come del resto già siamo), ma noi sapremo di
continuare ad essere Modena, Reggio, Parma e Piacenza!
Se ci coalizzeremo tutti nella matrice “Emilia” che ci ha generato e faremo
convergere i pensieri, le politiche e le forze in campo in un’unica strategia, in
un unico coordinamento, in un unico circolo virtuoso che consenta ad ognuno
di avere la forza di spinta della totalità, mantenendo intatta ed efficacie la
propria forza identitaria, potremo divenire un faro dalla luce fortissima, grazie
all’ unione delle nostre eccellenze (sanità, economia, industria, agricoltura,
architettura, gastronomia, territorio, cultura, turismo, arte, terziario,
volontariato) e riuscire con grandi possibilità di successo, a migliorare i nostri
punti di debolezza, creando un volano unico di rinascita, valorizzazione,
denominazione...
Emilia c’è già, esiste da sempre, non sarebbe un orpello posticcio da
appiccicarci addosso!
Emilia è ognuno di noi, Emilia è popolo, etnia, lingua (e ribadisco lingua, non
dialetto).
Inventarsi nomi non appartenenti al nostro passato e al nostro presente,
sarebbe distruggere noi stessi e la nostra identità, sarebbe dare un vantaggio a
chi altrove si sta riorganizzando per le sfide del futuro.
L’ ”emililianità” è quella cosa unica al mondo, riconosciuta in tutto il mondo,
ammirata in tutto il mondo, bandiera della nostra terra in tutto il mondo.
Rispetto a chiunque altro, abbiamo il vantaggio enorme di esistere già, di non
dover rifondare da zero qualcosa di nuovo, a partire dal nome.
L’Emilia sarà il corpo, i Capoluoghi le membra, i paesi gli organi, e ogni piccola
località sperduta, anche lontana, la pelle, i capelli, i profumi, i sogni, le
essenze, le forme, i colori.
Sarà proprio questa la base del nostro rifiorire!
La valorizzazione del nostro patrimonio comune, sia materiale che immateriale.
Non faccia pensare a campanilismo questa idea, visto che nasce in terra
reggiana (Reggio è fuori dai parametri per 200Km² pur essendo la terza
provincia dell’Emilia Romagna per reddito e popolazione).
La trovo vincente per tutte le province attraversate dall’omonima via
consolare, da Piacenza a Modena (Bologna è provincia a sé), perché le
aggregherà sotto il loro comune denominatore, senza togliere nulla,
includendole in un nuovo contenitore grosso anziché racchiuderle in due gabbie
strette di convivenza forzata, formando così un unico blocco geografico ed
economico di portata mondiale.
E mentre altrove si cerca ancora di capire come aggregare in una forza sola
realtà differenti, noi abbiamo già il tessuto sociale, economico, linguistico e
amministrativo pronto, e soprattutto non ci sarà bisogno di spiegare a nessuno
in Italia e all’estero dove si trova la “Provincia Emilia”,
perché lo sa già tutto il mondo!
Siamo Emilia.
Lo abbiamo visto nel disastro del terremoto!
C’eravamo tutti e sentivamo il dolore degli altri come fosse nostro.
Ci siamo uniti per ricominciare, per ricostruire, forti di un’identità che si
rispecchia in un innato spirito di solidarietà.
Siamo Emilia nel dire di no a certe degenerazioni come la malavita o il
razzismo.
Siamo Emilia nelle tante associazioni di volontariato, nella laboriosità e nel
darsi da fare e a proposito di ciò, nel complimentarmi con gli organizzatori e gli
artisti del Campovolo del 22 settembre, voglio ricordare come spesso gli eventi
precedano i tempi: il nome del concerto infatti era:
“ITALIA LOVES EMILIA!”
Esistiamo già.
Facciamocene una ragione, e anche un vanto, un onore, un sogno!
Il mio invito ai recalcitranti è sincero, carico di entusiasmo e pieno di curiosità.
Apriamoci a nuovi corsi. Non puntiamo i piedi su posizioni superate.
Guardiamo avanti senza la paura del “poi”.
E’ dalle difficoltà che emergono i leader, è dalle nuove idee che scaturisce
l’energia viva, e questa crisi sarà per tutti un trampolino da cui ripartire con
rinnovata forza e nuovi orizzonti.
Quando si sale un monte, non si sa dove si metteranno i piedi.
Si sa solo che si arriverà sulla cima, perché c’è la volontà e il desiderio di farlo.
Ogni giorno che passa sento il mio entusiasmo salire, la mia curiosità
aumentare, la mia energia crescere... e queste mie parole sono per condividere
tutto ciò, con la mia gente.
Sono emiliano e dico “Si parte”!
Enrico Salimbeni

5 COMMENTS

  1. Bravo Chicco, tutto bene e d’accordo, anche se Cillo senjor preferirebbe mantenere la nostra provincia. Ma sai che lui è un bastian contrario sognatore… ed è anche un po’ alterato perchè al super concerto del 22 un signore modenese, con gli occhiali, di cui non ricorda il nome, si è appropriato con assoluta facilità, della paternità sulla produzione del “NOSTRO” Parmigiano-Reggiano… Dovresti vedere com’è… anche perchè, a proposito di cultura, mancavate voi de LASSOCIAZIONE! Cari saluti e auguri anche a Vania

    (I cugini Laura Franchini, Antonio Cilloni)

    • Firma - LauraFranchini,AntonioCIlloni
  2. E dai con ‘sta paternità del Parmigiano Reggiano, appunto. Mi risulta essere nato tra Parma e Reggio Emilia, poi solo dopo comprendere anche tutta la provincia di Modena, poi anche Bologna alla destra del Reno e Mantova alla sinistra del Po (o l’incontrario?). La vogliamo smettere di togliere TUTTE le paternità a Reggio Emilia? Il tricolore secondo qualcuno doveva essere dei milanesi fino pochi anni fa. Invece i tre colori sono nati da un contadino del Fariolo (lo sapevate?) e depositato dopo tre settimane in provincia. L’aceto balsamico dei nostri AMICI modenesi, sebbene ci fossero delle signore acetaie anche a Reggio Emilia, ma lì, passi. Ma che il Re dei formaggi sia nato a Modena, non ci crede NESSUNO! Attendo smentite se ci sono.

    (Mariapia Corsi)

  3. Ciao Chicco, voglio innanzi tutto dire che quello che hai scritto è tutto bellissimo e sarebbe auspicabile una unificazione di tutte le province sotto l’unico nome di “EMILIA”. Sarebbe aggregante, sarebbe identificativo, sarebbe orgogliosamente bello, sarebbe d’esempio per le altre province che si ostinano a voler sopravvivere alla loro inutilità, sarebbe… Ma io mi domando? La proposta non è mai stata quella di aggregare enti inutili o sopprimibili. La proposta era l’ELIMINAZIONE delle province, proprio perchè il loro esistere era inutile o comunque non indispensabile. Se la proposta era quella dell’eliminazione, perchè bisogna, da soliti italiani, trovare sempre delle soluzioni cerchiobottistiche per far sì che coloro che hanno trovato posto pubblico a sedere debbano continuare a stare comodi su quello scranno? Senz’altro quello che tu dici avrebbe ragion d’essere e sarebbe auspicabile se non vigesse la seconda necessità che tu riferisci nella tua lettera, cioè IL RISPARMIO con tagli drastici alle spese. Bene, da quanto si sente dire in giro, da articoli di giornalisti reggiani e da economisti non di primo pelo, l’accorpamento delle province esistenti NON PORTEREBBE ALCUN SIGNIFICATIVO CONTRIBUTO al risparmio in seno alle REVISIONI DI SPESA (scriviamo e parliamo in italiano, ogni tanto) previste per salvare il Paese Italia. L’unica lieve diminuzione sarebbe data dal risparmio, minimo a dire il vero, sugli affitti delle strutture ora utilizzate e per un lieve taglio ai colletti bianchi. Non sono mie opinioni. Mi baso su quanto detto da chi ne sa più di me. Quindi, voglio nuovamente riportare alla luce un mio vecchio cavallo di battaglia: aboliamo definitivamente l’ente PROVINCIA. Lasciamo campo e più potere ai SINDACI, i veri ed unici “dipendenti” di noi cittadini. Devono essere i sindaci a portare direttamente in regione le richieste dei cittadini. Devono e possono essere loro ad inoltrare, tramite queste ultime, le richieste di sovvenzionamento allo Stato ed alla Comunità europea per i fabbisogni ai quali loro stessi, per le loro a volte misere casse comunali, non possono sopperire. Ogni comune deve essere responsabile del territorio a lui competente, strade comprese, e saremo noi cittadini che in questo modo avremo più potere di controllo su ciò che ci riguarda e ci compete. Se la politica del risanamento viene attuata dai cittadini e non dai politici, forse davvero le cose possono cambiare in meglio. Ma credo, che come tutti i grossi colossi, anche quello della provincia sarà duro a crollare. Vedremo!!! Buona vita.

    (Fabio Mammi)

    • Firma - MAMMIFABIO
  4. La provincia Emilia, così concepita, più che una nuova provincia risulterebbe essere una mini secessione all’interno della Regione. Perchè allora non ufficializzarla? Lo stesso territorio, diventato Regione, avrebbe più valore contrattuale con lo Stato centrale e, in quel territorio, la gente avrebbe un controllo diretto sulla cosa pubblica: ai Comuni, infatti, verrebbero assegnati ruoli delle provincie soppresse. …“I had a dream”…

    (mv)

    • Firma - (mv)
  5. Parto da lontano, Chicco. Dice Hermann Hesse nella poesia “La nebbia”, che nessuno conosce nessuno. Figurarsi ogni istituzione complessa e per natura non dedita alla trasparenza. Io non so se ogni Provincia in Italia davvero ha avuto un ruolo importante almeno in qualche settore. A pelle non mi sembra. Ma non vorrei infierire, quello che mi interessa è mettere in primo piano che ogni centro di potere, come abbiamo scoperto in questi ultimi tempi, si è sempre trasformato più che in un centro di servizi, in un centro di spesa. Quello che sta accadendo alla Regione Lazio, non solo ha dell’incredibile, ma dell’irrazionale. Sono per l’abolizione perchè non ci fidiamo più neanche dei virtuosi, è troppo difficile orientarsi, vogliamo meno cose da controllare. Credo che debbano essere i cittadini, almeno gruppi di cittadini, a farsi carico del controllo. Meno istituzioni da controllare, meglio è. Comuni e Regioni bastano. Negli altri paesi l’opposizione attua modelli di controllo, da noi anche le opposizioni hanno fallito, non hanno fatto il loro dovere, in qualsiasi schieramento.

    (Dilva Attolini)

    • Firma - DilvaAttolini