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Fiera di San Michele: oltre alle calze c’è di più

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Una bancarella tipica

-"Alùra csat cumprà?"

-"Ah, du o tri stùpidade. An la sò gnian mè, ma i u finì tùt i sold li stess..."

-"Fàm vèder sàh!"

Chi si aggira per la tradizionale fiera di San Michele coglie spesso spezzoni di dialoghi simili.

Alla fiera ci si va tutti gli anni, e si comprano sempre più o meno le stesse cose. Le calze, l'articolo per eccellenza, biancheria intima  e per la casa, il copriletto da mezza stagione, i cuscini per le sedie della cucina, le tende nuove per la cameretta, le ciabatte per lo zio, i famigerati pile, felpe di nuova generazione dal pregio di tenere molto caldo e di essere molto leggeri. Insomma ognuno fa fiera a modo suo.

Una categoria ben precisa di persone soffre di SAC, ovvero sindrome acquisto compulsivo "dell'aggeggio-ti risolvo la vita nei lavori di casa"- che si trova soltanto alle fiere. Potremmo chiamarli oggetti "mai più senza". Non tanto per la loro effettiva caratteristica di essere indispensabili, ma per il pensiero che ogni casalinga, rèsdora, o chiunque sia alle prese coi lavori domestici pensa di fronte a quelle bancarelle: "come ho fatto a vivere finora senza...?"

Frullini magici che centrifugano, sminuzzano, montano la panna e scolano l'insalata in trenta nanosecondi per solo 10 euro sono una tentazione esibita a voce alta da un sapiente venditore che illustra le doti miracolose del piccolo attrezzino. E pensare che il robot regalato dalla zia Erminia è lì a prendere polvere e non fa neanche la metà dei servizi di questo miracoloso utensile.

Senza resistere oltre la massaia speranzosa di far presto e bene in cucina ha già tirato fuori i 10 euro e via.

Poche bancarelle più in là un'altra meraviglia ancora più necessaria e affascinante: le forbici a dieci lame. Con ulteriore maestria il venditore esibisce ed elenca un'interminabile lista di applicazioni aggiornate nella versione 2.0 del 2012: verdure ridotte  a listerelline, carote che si tritano quasi da sole, cipolle affettate con una precisione incredibile. In men che non si dica anche le forbici tagliazucchine sono dentro a una ennesima borsina di plastica.  E vai, altri 10 euro.

A cena, tutta contenta, la signora proverà poi a utilizzare il suo acquisto nuovo di pacca che le farà risparmiare tempo e pulizie, ma ahinoi, una triste delusione nella maggior parte dei casi l'attenderà: le lame che alla fiera erano sembrate così efficienti ora a casa si inceppano, e le zucchine resteranno per sempre imprigionate tra quelle forche, nonostante lo sforzo dell'acquirente, a cui si è lussato un dito per lo sforzo nel frattempo.

Tornando alla passeggiata in fiera, si incontrano anche molti prodotti per la pulizia della casa. Il deragnatore telescopico, un po' ingombrante nel suo metro e novanta, da chiuso, perché arriva anche a quattro metri e mezzo, sostiene la storica venditrice, alta sì e no uno e cinquanta, come è strana la vita. Ma si sa... una volta comprato il deragnatore, esso dura almeno 5 anni per cui... si va oltre.  E subito dopo ecco il signore che lava i vetri. La novità 2012 il panno in caucciù, al tatto sembra un pezzo di plastica da un lato e dall'altro polistirolo. Sarà vero? Funzionerà? Mal che vada sono solo 10 euro. E sono già 30 in neanche mezzora.

Per fortuna i mariti sono a casa, altrimenti tutta sta mercanzia mica si poteva racimolare in così pochi banchi.

Soddisfatta dei prodotti per la casa, è ora di fare gli acquisti enograstronomici. Ogni fiera che si rispetti ha del cibo che si trova solo lì: la frutta seccata, i cestoni enormi con olive grosse come mele, peccato costino 5 euro l'una, i lupini in salamoia, quella specie di fagioloni gialli che sembrano esistere solo nei Malavoglia di Verga e alla fiera.

La bancarella dei dolciumi spaccia coloranti e zuccheri da far venire il diabete solo a guardare. Tuttavia vuoi non prendere niente? In fin dei conti la fiera c'è solo una volta all'anno: e si investe qualche euro nei cosiddetti "pocci", le noccioline caramellate costano circa 30 euro al chilo, manco il formaggio grana 36 mesi! Ma  una bustina ci scappa, sa di infanzia.

Infine sulla via di casa, dopo aver resistito tutto il pomeriggio alle varie sollecitazioni papillo-gustative, l'olfatto viene stimolato inesorabilmente dal profumo dei bomboloni fritti. Suvvia,  per una volta chi se ne frega della dieta. E partono altri 6 o 7 euro perché a un certo punto viene anche sete.

Dopo mezzora un altro stand offre patatine fritte calde, appena fatte. E che diamine, a casa non si frigge mai perché fa odore e poi bisogna pulire, beh, ci stanno anche due patatine con la maionese, crepi l'avarizia. A sto punto una lieve nausea inizia a farsi sentire, con un cerchio alla testa per la confusione, il mal di schiena e le spalle per il peso da portare.

Piena di borsine, e col fegato che urla pietà, la signora visitatrice si volge verso la macchina. Impresa difficile, come minimo si incontrano una decina di conoscenti da salutare, parenti e amici che esibiscono gli acquisti e chiedono il rendiconto della giornata. Le compere degli altri sembrano sempre migliori e  più vantaggiose delle proprie, peccato le abbiano fatte in una bancarella laggiù in fondo a 4 km che ormai tornare indietro sembra più faticoso dell'Odissea.

Stremata, col portafoglio vuoto e i piedi sfrangiati per la strada fatta avanti indietro, la nostra giunge sfinita alla macchina, parcheggiata a casa del diavolo, quando ormai è buio.

Che bella però la fiera, fa tanto paese.

 

 

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