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I sindacati a proposito di riordino delle province

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Come è noto, negli scorsi giorni il Cal dell’Emilia Romagna, come previsto della legge nazionale sul riordino istituzionale, ha votato all’unanimità un ordine del giorno che indica l’accorpamento delle attuali province di Reggio e Modena, mentre per Piacenza si propone l’accorpamento con Parma. Noi siamo convinti che l’idea di razionalizzare i livelli istituzionali ed i costi della politica è certamente giusta, ma il modo in cui viene messa in pratica rischia di non far raggiungere l’obiettivo. Anzi, in realtà potrebbe indurre ad allocazioni inadeguate di deleghe e funzioni, verso i comuni spesso troppo piccoli per esercitarle efficacemente od alla regione che per talune funzioni è troppo lontana dai cittadini e dal sistema economico dei territori.

Non solo, il Governo, complice il Parlamento, non potendo sopprimere del tutto le province, ha deciso con sentenza sommaria di svuotarle  di funzioni, senza fare una riflessione su quali sono le dimensioni territoriali ottimali per governare le varie problematiche, nel rispetto dei principi costituzionali dell'adeguatezza, della differenziazione, della sussidiarietà : purtroppo  niente è stato deciso su queste basi.

I criteri utilizzati per decidere quali delle attuali province non sopravvivono, resi obbligatori da Governo e Parlamento, sono quelli dell’ampiezza del territorio e del numero degli abitanti. Parametri che da soli non possono leggere i bisogni delle comunità territoriali. Inoltre, i tempi stretti imposti dalla legge nazionale hanno reso impossibile decidere, come sarebbe stato necessario, sulla base di studi di fattibilità e di analisi serie sui tessuti sociali, economici e produttivi dei territori coinvolti.

I confini delle nuove province appaiono incoerenti con alcune delle scelte di governo del territorio del recente passato: Iren che opera a Parma, Reggio e Piacenza mentre Modena è socio importante di Hera; oppure il servizio sanitario per il quale si è scelto di implementare sinergie e collaborazioni nell'area vasta che comprende le aziende sanitarie ed ospedaliere delle quattro province emiliane insieme.

Cgil, Cisl e Uil di Reggio Emilia non hanno mai escluso in modo pregiudiziale alcuna ipotesi, ma certamente ritengono che l'occasione del riordino istituzionale deve essere utilizzata per valorizzare  distretti e comprensori omogenei, a partire dalla dimensione sovraccomunale che deve dare un maggior ruolo alle unioni di comuni, se non addirittura procedendo verso la vera e propria fusione di comuni facenti parte dello stesso distretto socio-economico, in modo tale che nessun territorio debba subire penalizzazioni su aspetti fondamentali della programmazione amministrativa.

Ora tocca alla Regione, alle quale Cgil, Cisl e Uil chiedono di non imitare il Governo e di aprire un confronto a tutto campo con le organizzazioni sindacali, per valutare insieme come distribuire opportunamente ed  efficacemente tra le nuove province, i comuni e le unioni comunali, le funzioni di cui ha titolarità, che sono tante ed importanti, si pensi solo al mercato del lavoro e alla formazione professionale, all'agricoltura, alle politiche sociali, alle politiche per lo sviluppo economico, alla tutela ambientale, al tema  dei cicli integrati idrici e dei rifiuti.

Insieme a tutto questo, occorre ricordare che la provincia è anche costituita dalle persone che vi lavorano,  mortificate da scelte politiche senza costrutto, che non gli riconoscono  professionalità e competenze espresse al servizio della comunità. Bisognerà provvedere a  tutelare e valorizzare i tanti dipendenti pubblici  che saranno coinvolti da questo riordino.

(Le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil)