Home Cronaca Cinque personaggi in cerca d’autore – Le primarie di coalizione in montagna

Cinque personaggi in cerca d’autore – Le primarie di coalizione in montagna

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Nell’edificio della Comunità montana venerdì 16 novembre sono state illustrate le figure di Tabacci, Puppato, Renzi, Vendola, Bersani che si candidano per essere votati (il 25 novembre) a guidare la coalizione (PD, SEL, Socialisti) nelle elezioni di primavera. Uno di loro avrà la possibilità di diventare Presidente del Consiglio se la coalizione raccoglierà voti sufficienti e se troverà abbastanza alleati in parlamento. Per i cinque candidati nazionali hanno parlato cinque montanari che a loro volta si sono presentati per il ruolo svolto di amministratore locale in comune o in regione. Nei giorni successivi ci sono stati altri due incontri a Castelnovo dedicati al più vecchio e al più giovane, tutti e cinque sono comparsi in TV, tuttavia non è stato messo in evidenza il diverso contenuto dei loro programmi ed emerge solo l’aspetto del ricambio.

Una prima considerazione sulla montagna. Se la scelta di un amministratore pubblico viene giocata tra amministratori pubblici, è difficile fare entrare altri. Sin dal livello più periferico, di montagna, la cordata si forma col principale scopo di conservare una scelta di vita molto precaria e che potrà migliorare se dopo la competizione si viene collocati uno degli enti amministrati, in una delle aziende partecipate o in una delle organizzazioni sostenitrici. L’intrusione partitica mina da tempo la democrazia italiana, Berlinguer 30 anni fa e Dossetti 60 anni fa hanno avvertito il pericolo e altri Paesi cercano di evitarlo con due soluzioni. La più antica è l’elezione di persone che hanno un attività privata a cui ritornano quando finisce l’incarico pubblico. La più recente è l’elezione di amministratori pubblici di mestiere, che studiano, si laureano per fare questa professione, si esercitano e possono essere eletti da qualunque parte. L’incarico a una persona con precise competenze toglie di mezzo due equivoci, l’eletto che appare e non dirige e il dirigente che comanda sempre senza essere eletto. Se gli elettori hanno la possibilità di scegliere si riduce la spesa pubblica, si premia il merito o si allontana il demerito sempre più annidato e sviluppato nelle nostre pubbliche amministrazioni. Molte persone fanno finta di lavorare, per esempio negli sterminati uffici della sanità.

In Italia la scelta di un governante preparato è stata messa in pratica un anno fa con l’elezione in Parlamento di un Presidente del Consiglio capace di difendere il Paese dalla bancarotta, in grado di presentarsi e di ottenere credito internazionale per sopravvivere. E’ riuscito a rinnovare il prestito nazionale di 2 miliardi di euro, una cifretta, per tenere in piedi il debito pubblico e pagare interessi non troppo esosi. Grazie allo sforzo compiuto il pedaggio che paghiamo quest’anno è ‘soltanto’ di 80 milioni di euro e l’aumento del debito è stato frenato, salvo altre cattive sorprese nei bilanci di regioni, unità sanitarie, comuni, ecc. Il governante di prima, un po’ disordinato, non era in grado di convincere i prestatori, ne’ di stringere con gli altri capi di governo (forse solo con Putin per gli affari propri) venne rapidamente bocciato. Il nuovo amministratore qualificato ha dimostrato di saper fare, avevano scelto bene i suoi due grandi elettori, Napolitano e Bersani massimi rappresentanti della sinistra, e non si capisce perché l’abbiano mollato dopo un annetto di lavoro iniziato. Ma dalle passerelle dei candidati e dei loro presentatori locali si capisce che hanno voglia di ricominciare a ballare sul ponte della nave e non si decidono a vedere che si tratta di un barcone malmesso.

L’Italia è cambiata del tutto, è un Paese più vecchio degli altri, sta perdendo il ruolo industriale e affonda sotto il peso di amministrazioni pubbliche e servizi inefficienti. Su 60 milioni di abitanti sono soltanto 23 milioni le persone in età di lavoro e, peggio ancora, 10 milioni hanno trovato un posto nel pubblico impiego, altri 6 milioni sono impiegate nel commercio e servizi privati. Dunque, più di due terzi stanno nel terziario e gravano i loro prelievi eccessivi (per le tasse e l’inflazione) sulla minoranza che lavora nei settori che producono ricchezza: poco più di 6 milioni in industria e artigianato, meno di 1 in agricoltura, pesca, foreste. Gli amministratori locali sperano di affidare la sorte dei figli all’aumento insostenibile della spesa pubblica e del terziario privato? Hanno intenzione di piazzare dell’altro parentado nell’arcipelago di enti e aziende che pesano sulla spesa pubblica? Vogliono urbanizzare e stimolare delle altre costruzioni invendibili? Non vogliono riorganizzare gli uffici per tornare a dare dei servizi reali alla gente come avveniva un tempo quando c’era meno personale?

Nella sinistra torna a battere il cuore del lavoro solo se supera l’assuefazione all’assistenza. Se riconosce tutta l’importanza che hanno le aziende produttive agricole e artigianali con azioni di formazione adeguate e stimoli giusti. Se affronta l’inerzia che rallenta istituzioni pubbliche importanti come l’ospedale e il municipio. Se prende la strada di utilizzare appieno le risorse, come le fonti di energia rinnovabili e locali con azioni organiche. Se cambia le impostazioni facili, come quella dello smaltimento dei rifiuti dove chiediamo alla grande impresa di farli passare in un impianto enorme e riportarli a seppellire in montagna.

Enrico Bussi