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La gestione dei conflitti sul luogo di lavoro

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Una situazione conflittuale sul lavoro
Una situazione conflittuale sul lavoro

In una situazione conflittuale si oppongono diversi punti di vista. In una relazione tra colleghi alla pari la configurazione è simmetrica. Con le figure preposte si è in una condizione di asimmetria.

In entrambi i casi ci si troverà a scegliere se cercare di far valere il proprio punto di vista o soccombere e subire.

Sarebbe auspicabile riuscire  gestire le dinamiche conflittuali in modo equilibrato cercando di rispettare se stessi e l’altro.

Non sempre si riesce. Chi svolge un ruolo di dirigente ha in sé già un ruolo superiore, che condiziona e crea squilibrio. Inoltre succede a chi dirige di dover far fronte a più correnti contemporaneamente. Chi si trova in condizione di parità di ruoli dovrà fare i conti con la collaborazione, il rispetto, il gioco di squadra. E potranno subentrare competizione, rivalità. Ognuno crede fermamente che il proprio punto di vista sia giusto e sacrosanto.

Quando si tratta di sostenere una propria idea la persona equilibrata riesce a distinguere Sé e ciò per cui si batte.  Chi questo equilibrio non ce l’ha si identifica col problema e vincere sul conflitto diventa di vitale importanza “vinco ergo sum”, “se riesco a farmi dare ragione esisto”, il monologo interiore con la persona con bassa autostima sarà permeato di fantasie vendicative e punitive: “glielo farò vedere io, gliela farò pagare, voi non sapete chi sono io”, ecc ecc. Il malato di insicurezza in un contesto lavorativo crea conflitti poiché usa qualsiasi pretesto per dimostrare di valere, sforzandosi di avere conferme da tutti. Ma tale processo è già faticoso in partenza quando si ha a che fare con altri, magari con più o meno gli stessi problemi.

In questo processo entrano in causa numerose variabili. Il proprio temperamento, docile o spinoso, la capaictà di mediare, l’idea che si ha sul mondo e le cose, e le proprie ferite irrisolte.

Chi si approccia nei confronti dei conflitti da uno spazio di sua inadeguatezza leggerà ogni cosa contro di sé, poiché pervaso di un senso di inferiorità che lo perseguita e gli farà interpretare ogni decisione altrui come screditante per il proprio ego.

Sul luogo di lavoro le persone affette da un senso di inadeguatezza saranno le più difficili da gestire sia dai colleghi che dai dirigenti. Esse si muoveranno dovendo dimostrare a se stesse e al mondo di valere e di aver ragione. E per salvare la propria immagine interiore saranno disposte e battersi allo sfinimento. O, se subiscono, coltiveranno frustrazione in un fiume sotterraneo carico di rancore e desideri più o meno consci di vendetta.

La gestione del conflitto può procedere su due binari paralleli: l’obiettivo e la relazione. Se si vuole ottenere efficacia si opterà per il minor danno, dando soluzioni che medino i vari punti di vista.

Così facendo non si andranno a toccare punti nevralgici per le persone varie, le cose potranno lì per lì funzionare, ma i conflitti si ripresenteranno poiché resteranno correnti di negatività inespresse e sotterranee.

L’alternativa è scegliere di lavorare sulla relazione. Questa opzione è molto più complessa, implica tempo, volontà e capacità delle persone in causa di leggere se stesse e gli altri. A volte si è così feriti che non si ha la capacità di guardarsi dentro poiché ciò che si andrebbe a scoperchiare sarebbe troppo doloroso e devastante per il Sé.

Scegliere di lavorare sulla relazione pare pertanto non sempre possibile. La mente umana attua costantemente meccanismi di difesa, e una persona ferita, affetta da scarsa autostima oscillerà continuamente tra il sentirsi una nullità e dare la colpa al “cattivo” di turno su cui proietta la propria frustrazione di non sentirsi mai contento e appagato di se stesso.

Quando ci si trova coinvolti in situazioni conflittuali è bene ricordarsi di scindere i problemi, osservare  e prendere più possibile le distanze da temperature emotive alte, aspettare a reagire e magari chiedere un parere super partes di un supervisore non coinvolto che riesca ad includere le varie posizioni.

Più si riuscirà a guadare al problema “dalla collina”, più si scoprirà che le persone che urlano maggiormente stanno solo chiedendo aiuto, riconoscimento e apprezzamento che magari non hanno ricevuto altrove. Se si riuscirà ad osservare con neutralità chi emergerà dalla dinamica conflittuale  è un bambino ancora ferito per non essere stato visto adeguatamente, e ora, nei panni dell’adulto, cerca disperatamente con tutto se stesso di farsi valere e riscattarsi dalle ferite narcisistiche subite tanto tempo fa.

Di fronte a tali schemi proiettivi resta difficile non farsi coinvolgere.

La consapevolezza di chi si è, del perché si hanno certe reazioni è un primo passo per fermarsi prima di innescare certe danze che si ripeteranno sempre e ovunque finché non verranno portate alla luce le radici di tali comportamenti.

Nel frattempo chi si trova a convivere sul luogo di lavoro con tutte queste tematiche, che ognuno più o meno si porta dietro, dovrà stare in equilibrio su una fune sottile, cercando vie di fuga alle pressioni di chi vuole emergere e vincere. Chi dirige una squadra dovrà, come un direttore d’orchestra, ascoltare tutte le note e cercare di creare una melodia armonica. Chi è nella squadra dovrà ricordarsi di giocare non solo per sé.

Migliorare la propria autostima è possibile. Se il proprio vissuto irrisolto interferisce troppo sulla qualità del lavoro è indicato intraprendere un percorso di crescita personale che porti a una maggiore consapevolezza di sé. Il dirigente per quanto sappia fare il proprio lavoro non può sostituirsi a un terapeuta per sanare i conflitti sul luogo di lavoro. In alcuni casi è utile avvalersi di un esperto esterno che prenderà in esame le situazioni varie e offrirà strategie di fronteggiamento atte al potenziamento delle risorse umane.

Serenità e senso di autorealizzazione in campo lavorativo creano una società capace di agire in modo efficace.

Per poterlo fare occorre alleggerirsi dei propri buchi affettivi irrisolti.