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Strana sera

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Strana sera.

Qualche anno fa non avrei mai pensato che stare soli con se stessi potesse essere così bello, così appagante. Pensare al giorno trascorso, così dolce. Tornando a casa, il cielo era mio. Lattiginoso di vapore d'afa, sembrava l'estensione del caldo, fino a Dio.

Me lo immaginavo sdraiato sulla sua sedia a dondolo, sotto al portico di casa sua, a godersi l'aria fresca del tramonto, quell'aria fresca che a noi manca qui. Già, perchè Dio ha un portico e una sedia a dondolo. E' sicuro, è certo, ne possiede una. Lo so. Lo so, perchè quando il cielo è mio, se chiudo gli occhi, la sento cigolare.

Cigola di vecchio legno corroso dai tarli, mentre il suo piede scalzo e sottile la spinge con la delicatezza di un saggio... Lo fa sempre, di dondolarsi quando mi approprio del cielo. Non so se pensa o se lo innervosisco perchè gli leggo il cuore... o se lo fa perché è lui a leggerlo a me... ad ogni modo, dondola e cigola, cigola e dondola.

Gli ho spiegato alcune cose di me, ne avevo l'impellenza, il bisogno di fargliele sapere. Ha detto che tutto va bene, ma per lui sempre tutto va bene... perché la storia, anche se la scrivo io, lui già la sa... e si fida di me, che troverò un lieto fine comunque sia, perchè sono abile a scrivere la vita.

Oggi è stato il giorno della lentezza, uno di quei giorni che scivolano via, ovattati , silenziosi come una delle tante perle infilate nel lungo filo della collana della mia esistenza. Una di quelle perle che scorrono via senza intoppi, senza impigliarsi nei nodi del filo. Una delle tante e tante di cui comincia ad adornarsi il mio collo.... Ecco, appunto, di questo volevo parlargli. Della lentezza del giorno scivolato via e delle tante perle. Ma siccome sono brava a scrivere, mi inventerò qualcosa... per esempio che le perle perdono peso e diventano come tanti minuscoli palloncini opalescenti... e mi portano sù, lontano nel cielo, come nei miei sogni di bimba, quando pensavo che con tanti soldi si potevano comprare tanti palloncini, ma talmente tanti che si poteva volare in alto, essere senza peso e andare sù... vedere le case che diventano presepe, sentire i rumori che svaniscono e poi oltre nubi, dove il sole riverbera il bianco più bianco e poi ancora sù, fino al buio dello spazio... io un piccolo corpo che diventa anche lui senza peso. Perché è il peso che ci imprigiona, la lentezza no, è solo un preludio alla leggerezza.

E così voglio addormentarmi: perdendomi nel buio dello spazio, avvinghiata alle infinite, leggere, iridescenti piccole perle di tutti i miei giorni, di tutte le mie esistenze. Fatte leggere.

 

(Alessandra Carrera)