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Chi ha paura del beato Rolando Rivi?

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Riceviamo e pubblichiamo.

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La notizia della proibizione – per alcuni studenti della scuola elementare Anna Frank di Rio Saliceto – di visionare la mostra sul martirio del beato Rolando Rivi, seminarista quattordicenne ucciso da due partigiani delle brigate garibaldine – il 13 aprile 1945 – è stata su parecchi giornali nei giorni scorsi. Ho  letto e visto commenti, lettere e  prese di posizione di don Carlo Castellini, ideatore della mostra, del Vescovo di Ferrara e anche le scuse del presidente dell’Anpi di Reggio Emilia, signor Notari.

Incriminati due pannelli della mostra sulla sequenza della morte del ragazzo per mano di due figuri barbuti, uno col fazzoletto rosso al collo e una stella rossa sul berretto e l’altro con in mano una cinghia e la pistola. Faccio fatica a credere che i genitori abbiano temuto un eccessivo turbamento per i loro figli, in genere abituati ai cartoni giapponesi, ai videogiochi e alla violenza programmata quotidianamente dalle varie televisioni, senza contare nei pannelli non ci sono scene con versamento di sangue.

Questa mostra rappresenta un atroce fatto reale, i due partigiani sono stati processati e condannati a pene severe, scontando solo 6 anni di pena per la sopraggiunta amnistia voluta da Togliatti, amnistia cui non avevano diritto perché era da applicare solo ad azioni di guerra. Sarebbe stato più opportuno e più onesto se, dalla fine della guerra civile in poi, si fosse parlato della Resistenza con verità, considerando i moltissimi morti da entrambe le parti, senza voler cancellare dalla storia quelli della parte scomoda. Bisognava e bisognerebbe insegnare ai bambini che la guerra è un evento terribile, crudele, da condannare sempre e che occorre guardare le vittime - di qualunque parte siano - con molta pietà, sentimento indispensabile anche per capire la storia. Già, la pietà, che non c’è stata per un ragazzino quattordicenne condannato perché portava l’abito talare e, ‘’morto lui, domani ci sarà un prete di meno’’ (frase emersa dagli atti processuali).

La mostra che ricorda il martirio del beato Rolando Rivi, non è stata organizzata "CONTRO’’, non infanga la Resistenza, non si deve nascondere – questo sì che infanga - va vista e raccontata secondo la verità, come un episodio terribile di una guerra fratricida che ha visto pagine valorose e mattanze feroci da entrambe le parti.

(Paola Agostini)

6 COMMENTS

  1. Non ero al corrente dell’episodio, ma la cosa non mi sorprende più di tanto. Dall’episodio di Caino ai giorni nostri ognuno cura l’orticello delle proprie ambizioni per poi giustificarsi con il fatto che i tempi erano così, che non si voleva arrivare a tanto, e scuse simili. E ancora sopravvive l’omertà di quel tempo. Quando libereremo le coscienze? Quando riusciremo a capire che a contare è l’uomo, non l’abito o il tesserino del partito?

    (Savino Rabotti)

    • Firma - SavinoRabotti
  2. Sono passati quasi settanta anni da quel tragico periodo e noi Italiani non riusciamo ancora a parlare con onestà di quello che successe. Come si fa a dichiararsi democratici e pretendere che certe cose vengano nascoste?

    (Fabio Benazzi)

    • Firma - Fabio Benazzi
  3. Basta correre dietro ad una bandiera e ad ideali scaduti o mai ritenuti validi! Dobbiamo cominciare a ragionare con la nostra testa e fare tesoro delle esperienze passate. Il massacro del seminarista Rivi deve rimanere in luce perché atrocità simili non abbiano mai a ripetersi. La scuola ha il dovere d’insegnare.

    (Liliana Dazzi)

    • Firma - Liliana Dazzi
  4. Quanto successo al giovane Rolando Rivi, oggi Beato, dovrebbe avere la massima visibilità su qualsiasi mass media; non per colpevolizzare quanto fatto dalle Brigate Partigiane Garibaldine, i cui valori sono indiscutibili e intramontabili (mio padre militava in queste brigate), ma per far comprendere dove può portare il clima d’odio contro qualcuno. Una cosa è certa, chi è riuscito ad ammazzare un ragazzo di 14 anni non combatteva per la Resistenza, non aveva nulla a che fare con la Resistenza, anzi disonorava proprio coloro che combattevano per una giusta causa, quella di liberare l’Italia dal fascismo e il nazismo.
    Purtroppo fatti estremi come questo dimostrano che il male esiste dentro l’uomo, indipendentemente dal colore della camicia che indossa e come esisteva nel 1945 temo che esiste ancora, visto che qualcuno cerca di nascondere certi fatti.

    (Lino Franzini)

    • Firma - Lino Franzini