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Quand a vên la Candelôra

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candelora

La Candelora oggi non ha più l’importanza di un tempo. Dopo le feste di Natale in pratica non vi erano state altre occasioni speciali.

Oggi invece la Chiesa ricorda la Purificazione della Vergine. Presso gli Ebrei era un momento importante.

La neo-mamma rientrava ufficialmente nella comunità, dopo essersi purificata con la benedizione del sacerdote.

È difficile capire, oggi, quale ombra di peccato poteva esserci nel concepire e generare un figlio per una donna ufficialmente sposata.

Il concetto è passato anche nella dottrina cristiana. Infatti le mamme, quaranta giorni dopo il parto, andavano a “farsi tirare”.

Si trattava di una benedizione speciale. Iniziava fuori della chiesa poi il sacerdote metteva in mano della sposa il lembo terminale della stola ed entravano nel tempio.

Quella festa in onore della Vergine raggiunse una tale solennità da diventare la Festa dei ceri, (Festum candelòrum) o delle candele (candelàrum) tradotta dal popolo semplicemente in Candelora.

C’era anche l’usanza di portare a casa una candela benedetta quel giorno.

Data la quasi concomitanza con la festa di S. Biagio quelle candele venivano usate per la benedizione della gola, in ricordo del miracolo compiuto dal Santo: aveva salvato dal soffocamento un ragazzo cui si era conficcata nella gola una spina di pesce.

 

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La canonica di Crovara restaurata

Nel nostro territorio era famosa la Sagra di Crovara, dedicata appunto a S. Biagio.  Durava anche tre giorni, come tutte le sagre che si rispettino, favorita in ciò dal periodo dell’anno in cui non vi erano lavori urgenti.

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Inaugurazione del complesso di Crovara alla presenza del Vescovo

La Candelora è un altro di quei punti di riferimento per preconizzare l’andamento del tempo: Quand a vên la Candelôra / da l’invèrne i’ sèma föra.

 Ma non è poi tanto facile perché: Ma s’a piöv o a tira ‘l vênt / dell’inverno siamo dentro. Il linguaggio promiscuo del proverbio denota l’antichità del motto ma anche la difficoltà di memorizzazione.

 Quando non si ricordava tutto il proverbio ci si arrangiava mantenendo il concetto. Infatti c’era la variante: Ma s’a bàt al sûl int la candlîna / a tûrna târdi la rundanîna.

 La Candelora segnava il punto del risveglio della natura, ma veniva definita anche Seriöla, o anche Sigajöla, cioè periodo di vento freddo sferzante, e per l’instabilità del tempo:

 Per la Seriöla

o ch’ a nèv o ch’a piöva,

o ch’a nàs una viôla,

o ch’a tîra la sigajöla.

Tirâr o n’ tirâr,

quaranta dì la n’ pöl durâr!

 Che l’inverno sia davvero finito forse era un pio desiderio della gente. Si parla di nuovo di nevicate e di mal tempo:

 Al dì d’ la Seriöla

o ch’a n’in casca o ch’a n’in cröda

(di neve o di pioggia).

 Ancora una volta (e non sarà l’ultima) si va col pensiero ai vantaggi dati dalla neve al momento opportuno, condizionati da quel Sùta a la nêva al pân / sùta l’aqua la fàm:

Per la Candelora l'é mej vedre al luv che al sûl.

 Vedere il lupo in pieno inverno significa che quello non ha trovato cibo lontano dalle case, mentre qui qualche pollastrella potrebbe capitargli a tiro. Vedere il sole significa che è già partita la bella stagione, e che il grano comincerà a crescere, col rischio di morire se arriva qualche gelata malandrina. E la diatriba tra bello e brutto tempo continua imperterrita:

 La nêva per San Biêš

la dûra tút al mêš.

 

5 COMMENTS

  1. Vorrei suggerire un’altra variante: “Se per la Candelora piove e gragnola dell’inverno siamo fora. Se c’è bello e tira vento dell’inverno siamo dentro“. In alcuni paesi o borghi usano la variante: “Se a ghè al solacin i sèm dentre a l’invernin“.

    (Doriano Fiorini)

    • Firma - DorianoFiorini
  2. Stamattina, nella chiesa della Risurrezione a Castelnovo Monti, alla S. Messa delle 11,30, in una chiesa gremita, soprattutto di giovani, forse 250 di tutto il vicariato, si è festeggiata la giornata della vita, don Giovanni Bosco, cui è intitolato il nostro oratorio, e la Candelora, con la benedizione delle candele e il ricordo di Giuseppe e Maria che vanno al tempio per la purificazione della Madonna che era diventata madre. Partorendo, si perdeva del sangue che, per gli ebrei, era segno di impurità e, da qui, la visita al tempio per la purificazione. Credo che questa consuetudine sia andata avanti per anni, ora non più. I proverbi sulla Candelora hanno davvero tante varianti, io ho sempre saputo la versione: “Se piov o a nev in tla Candelora, dall’inverne sema fora“. Che è quello che preferisco, anche perchè oggi è piovuto tutto il giorno… Ciao, Savino, grazie di questo bel lavoro che continui a fare. La candela benedetta stamattina l’ho portata casa e l’accenderò a San Biagio. Saluti affettuosi a te e Maria.

    (Paola)

    • Firma - PaolaAgostini
  3. Il dialetto, ripeto, è come l’aria che respiriamo: si adatta ai paesi, alle borgate, alle persone, cambia flessione ma mantiene la sostanza. I proverbi ne sono una prova. Come un abito si adattano alle singole persone. Grazie a Fiorini e Paola e a tutti coloro che forse non hanno la possibilità di offrire il loro contributo.

    (Savino)

    • Firma - www.savinorabotti.it
  4. Chiedo scusa se posso aver dato adito a contraddizioni. Oggi il 2 febbraio è dedicato al ricordo della presentazione al tempio di Gesù. Il Concilio Vaticano II ha dato maggior risalto a quest’aspetto. Nel mio raccontino ho cercato di limitare il discorso a come si festeggiava un tempo, prima del Concilio, la festa del 2 febbraio, quando si dava risalto anche alla purificazione della Vergine. Di nuovo scuse se ho creato confusione.

    (Savino Rabotti)

    • Firma - www.savinorabotti.it