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24 marzo: Giornata mondiale della tubercolosi

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Scoperta il 24 marzo 1882 dallo scienziato Robert Kock, in questa data, a più di un secolo di distanza, si celebra ancora la Giornata mondiale della tubercolosi.

Grazie al miglioramento delle condizioni di vita, alla scoperta degli antibiotici e alla diffusione dei sistemi di prevenzione sono stati fatti enormi passi avanti nel trattamento di questa malattia, tuttavia la tubercolosi rimane un problema molto attuale. Vi sono aree in cui la Tbc è ancora molto diffusa: si stima che nel 2012 nel mondo circa 8,6 milioni di persone abbiano sviluppato la Tbc con 1,3 milioni di morti (Report OMS, 2013).

In Italia, fortunatamente, è ormai rara: negli ultimi cinquant’anni l’incidenza è diminuita drasticamente (del 70% circa) e si è stabilizzata intorno a valori di 7 nuovi casi all’anno ogni 100.000 abitanti (Rapporto Ministero della salute, 2008).

Nella provincia di Reggio Emilia ci sono 50-60 nuovi malati di tubercolosi ogni anno. La trasmissione avviene per via aerea, in seguito a contatti stretti e prolungati in un luogo chiuso con un malato contagioso.

La Tbc colpisce soprattutto alcuni gruppi di popolazione a rischio: anziani, immigrati provenienti da paesi con alta diffusione della malattia, soggetti con malattie croniche importanti o che assumono terapie immunosoppressive, e chi si trova a vivere a stretto contatto con malati di Tbc contagiosa.

Continuare a parlare di questa malattia è importante perché oggi il sistema sanitario si trova ad affrontare nuove sfide. Dopo la chiusura dei dispensari antitubercolari, gli operatori sanitari hanno adottato nuovi modelli organizzativi, per garantire una gestione efficace dei malati e delle collettività a rischio.

La Tbc, inoltre, apre importanti problematiche per la sanità pubblica: i malati spesso frequentano collettività scolastiche, ambienti lavorativi e strutture sanitarie, pertanto, nelle forme contagiose, è necessario attivare tempestivamente una rete d’interventi di prevenzione per evitare la diffusione dell’infezione. Inoltre, è fondamentale che i pazienti portino a termine correttamente l’iter terapeutico, per evitare che trattamenti incompleti o inadeguati portino all’insorgenza di resistenze ai farmaci.

Nella Provincia di Reggio Emilia è stato adottato e sviluppato negli anni un modello organizzativo che prende il nome di Dispensario Funzionale. Gli operatori sanitari che si occupano di TBC hanno ruoli diversi (di prevenzione e di cura) ma agiscono in modo coordinato e integrato, creando una rete di attività e di percorsi che si sviluppa a più livelli e su tutto il territorio provinciale.

Ogni anno nella nostra Provincia vengono effettuati più di 2.500 test di screening sui gruppi di popolazione a rischio, garantendo così la diagnosi precoce, l’isolamento dei malati contagiosi, il follow-up ambulatoriale fino al termine del trattamento, con monitoraggio stretto dell’adesione alle cure.

Il 90% dei malati porta a termine correttamente il trattamento, valore molto elevato rispetto alla media nazionale del 67%. Il Dispensario Funzionale è quindi un luogo virtuale in cui le diverse professionalità accolgono l’utente, la sua famiglia e la collettività garantendo competenza, accessibilità ai servizi e supporto fino al termine del percorso di prevenzione o di cura.