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Un proverbio tira l’altro (17) / Per l’arugânsa a va bên ânch al pastìgli per la presiûn âlta (Ugo Viappiani)

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aquila

    Per l’arugânsa a va bên ânca al pastìgli per la presiûn âlta. (Viappiani Ugo)

                 Aquila non capit muscas

L’aquila non va a caccia di mosche.

In collegio citavano questo motto per farci capire come fosse pericolosa la superbia. E ce lo illustravano col seguente aneddoto: un vescovo era andato in visita al seminario diocesano, e prima che incontrasse i singoli seminaristi il Rettore gli fece un ragguaglio dettagliato su ognuno di loro. Di uno in particolare elogiò la grande conoscenza del latino ma sottolineò la presunzione che gli derivava dal ritenersi bravo. Quando fu il turno del seminarista, dopo qualche preambolo, il vescovo gli chiese di declinare rosa, rosæ, cioè gli elementi più semplici della lingua latina. Roba da principianti, insomma. Il seminarista rispose: Aquila non capit muscas. Come dire che sapeva ben altro. E il vescovo gli rispose: Neque Ecclesia superbos, [Neanche la Chiesa va a caccia di superbi] e lo rimandò a casa.  E a conferma ci citavano l’epigramma:

La superbia, soggetta ad ogni scorno,

parte a cavallo, e a piedi fa ritorno.

Perché si dice...

Eminenza grigia

a emininenza

L’espressione indica persone che agiscono nell’ombra, senza comparire, ma che, in realtà, sono quelli che stabiliscono l’andamento della politica o la gestione di ditte importanti. Veniva definito così François Le Clerc du Tramblay, cappuccino, occulto consigliere di Richelieu, per il quale aveva organizzato una rete di spie e referenti da fare invidia alle moderne agenzie investigative.