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In Regione si discute una nuova legge per proteggere i dialetti dell’Emilia, anche se sui modi migliori per non perdere la parlata dei nostri nonni ancora non c’è accordo

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Vuoi che l'antico dialetto del pievanino (Pieve San Vincenzo in comune di Ramiseto e antica matrice di tutte le chiese dell'Alta Val d'Enza e cioè di tutti i comuni di Ramiseto, Palanzano e Monchio delle Corti con pertinenze anche nel tizzanese) non vada perso per sempre ma si mantenga tale e quale anche per le future generazioni che non possono disperdere un tale importante patrimonio? Incrociamo le dita perchè a Bologna, in Regione, si discute una nuova legge per proteggere i dialetti dell’Emilia, anche se sui modi migliori per non perdere la parlata dei nostri nonni ancora non c’è accordo.
È iniziata in commissione Cultura della Regione Emilia-Romagna la discussione di due progetti di legge finalizzati alla salvaguardia e valorizzazione dei dialetti.

Il testo-base è stato depositato da nove consiglieri dei gruppi Pd e Sel-Verdi, l’altro documento è a firma Giovanni Favia del gruppo misto.

Nelle intenzioni espresse in entrambi i progetti, si tratta di rilanciare gli obiettivi non raggiunti con la Legge regionale 45/1994, abrogata nel dicembre scorso. L’Emilia aveva infatti già una norma salva-dialetti, ma è stata un fallimento. La legge abrogata aveva affidato all’Istituto per i Beni culturali il compito di conservare, proteggere e trasmettere quello che a tutti gli effetti è un bene culturale: i diversi dialetti della Regione. L’Istituto a sua volta si era proposto di farlo attraverso l’istituzione di un osservatorio linguistico, di un archivio lessicale, di un corpus di documentazione toponomastica e di una banca dati della memoria contadina, artigiana e industriale. Troppo! Per fare tutto questo sarebbero serviti molti soldi, che invece non c’erano. La vecchia legge è morta proprio per mancanza di denaro.

Il progetto di legge della maggioranza propone una serie di interventi pro-dialetti: la promozione di studi e ricerche sui dialetti locali in collaborazione con Università e centri di ricerca; l’organizzazione di seminari, convegni e corsi di aggiornamento; la costituzione di un fondo bibliografico specialistico e un archivio documentale consultabili on-line; la messa in rete degli archivi e dei fondi pubblici e privati esistenti in lingua dialettale e la creazione di specifiche sezioni nelle biblioteche. Sono previsti anche progetti didattici rivolti alle nuove generazioni ed il sostegno a manifestazioni artistiche e letterarie di vario genere, premi e sovvenzioni per studi e ricerche, tesi di laurea e di dottorato, associazioni impegnate nell’attività di tutela e diffusione dei dialetti regionali.

Chi dovrebbe occuparsene? L’Istituto dei beni artistici, culturali e naturali della Regione. Mentre un comitato scientifico di undici persone (non retribuite) avrebbe il compito di dare consigli e vigilare sul rispetto alle azioni previste. Sul bilancio 2014, si propone di stanziare 50mila euro (forse un po' poco...).

Il progetto di legge Favia mette invece al centro la diffusione dei dialetti a scuola, anche se pure qui si prevedono “interventi di valorizzazione delle lingue locali storicamente utilizzate nel territorio regionale, attraverso attività di studi e ricerche storiche, seminari, sostegno alle attività editoriali, culturali teatrali e cinematografiche”. Anche in questo caso, l’attuazione della legge sarebbe affidata all’Ibacn e la Regione dovrebbe garantire l’assegnazione all’Istituto di un finanziamento annuale.

Chissà se grazie a questi progetti di legge il pievanino e gli altri dialetti delle terre alte potranno sopravvivere. Noi ce lo auguriamo di cuore sperando che chi di dovere preveda di fissare la memoria orale dei nostri dialetti in dizionari stampati e che si possa incentivare e favorire le compagnie teatrali locali che si esibiscono in dialetto, magari conservando i canovacci alla base delle recite dialettali per preservare la nostra memoria comune.

7 COMMENTS

  1. Una iniziativa lodevole, la conservazione e la ricerca dei dialetti rappresentano una crescita culturale di un popolo, come conservare un castello o una torre antica. In regione un po’ su tutti i territori locali ci sono pubblicazioni di vocabolari e dizionarietti presentati da persone appassionate che hanno ricercato termine, parole e modi di dire di un tempo passato.. La legge semplice dovrebbe favorire la conservazione della memoria…

    (Cia montana)

    • Firma - ciamontana
  2. A Parma è in atto un’iniziativa molto simpatica che sta facendo riscoprire il dialetto anche alle giovani generazioni. E’ in rete una trasmissione che si chiama “Io parlo parmigiano”, dove tra l’altro si raccontano splendide barzellette, ovviamente in dialetto. Non conosco bene come è strutturata la trasmissione, ma la conosco perché mio nipote di tredici anni di Traversetolo mi fa ascoltare le cose che ha trovato divertenti. Da parte sua ha già imparato la pronuncia del dialetto parmigiano.

    (Dilva Attolini)

    • Firma - DilvaAttolini
  3. Lodevole, ma ritengo che in regione in questo momento avrebbero cose ben più importanti da discutere… isolati da una frana come quella della cantoniera di Vetto non ci aiuta sapere il dialetto… fa pure rima.

    (Alle)

    • Firma - alle
  4. …dopo 15 anni rispetto ad regioni ci accorgiamo che anche i dialetti vanno valorizzati come valore aggiuntivo a ció che ci distingue e ci fa appartenere ad un territorio… Meglio tardi che mai!!? Forse valorizzare le diversitá proposta da questi gruppi non passa come razzismo per cui avanti a tutta… Anche se ora i problemi importanti sono altri, mai noi arriviamo dopo…

    (Chicco Ferretti)

    • Firma - ChiccoFerretti
  5. Caro Campari, cerca di capire chi ha preso materialmente i soldi in base a una delibera 2004 Ibacn per la tutela e valorizzazione dei dialetti per la provincia di Reggio Emilia, per cose fatte da qualcuno che dopo 6 anni scopre che la delibera aveva assegnato 5000 euro ma, guarda caso, non si sa chi li ha presi.

    (mc)

    • Firma - www.savinorabotti.it