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Uno contro tutti, tutti contro uno. Degli agricoltori di montagna e del grana di montagna

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La disfida attraversa il mondo agricolo italiano e i due schieramenti sono impegnati al massimo per battersi ovunque,

Domenica 13-12 per la prima volta la Bonifica di Reggio ha rinnovato il suo vertice con una campagna elettorale tra organizzazioni e questa lotta in terra reggiana distoglie l’attenzione dalle manovre micidiali in corso che si svolgono attorno al nostro Appennino e lo hanno investito.

Abbattute le barriere delle quote nazionali nel 2014, l’invasione di latte dal nord Europa punta decisamente verso sud a conquistare le cittadelle italiane che avevano assicurato una difesa dei produttori con prezzi del latte alla stalla più alti. Nelle zone favorite con i terreni sciolti, l’effetto della corrente del golfo consente di pascolare tutto l’anno con un costo inferiore al prezzo attuale di 30 centesimi per chilo di latte, mentre i nostri caseifici sino al 2013 hanno retto l’allevamento pagando mediamente più del doppio. La prima sostituzione è avvenuta per il latte destinato a consumo diretto, formaggi teneri ecc., ora due multinazionali occupano in Padania aziende e marchi italiani di nome.

La seconda manovra punta sui formaggi a pasta dura attraverso i similgrana: salgono sugli scaffali a prezzi stracciati e soprattutto penetrano nel grattugiato, nel fuso, nei barattoli e negli snack, in tutti i preparati che tolgono al consumatore la possibilità di percepire differenze con Grana Padano e Parmigiano Reggiano, tantomeno apprezzare quello di montagna rispetto alla pianura. Sfruttano la tendenza ad affermare il marchio del confezionatore che ha tutto l’interesse a standardizzare il tipico prodotto artigianale. C’è già in città uno degli ultimi similgrana arrivati dal nord con il nome di ‘Gran Montagna stravecchio’, non è abusivo, si mimetizza con i nostri costumi tradizionali e approfitta della confusione. Fuori UE il similgrana ha la possibilità di adoperare anche parole e immagini che richiamano il Parmigiano Reggiano, ma persino all’interno del comprensorio si tollera la marca aziendale che si è impadronita dei nomi delle due città pur essendo un abuso.

Nella prima metà dell’anno la Diocesi, con il vicario don Zanni, è riuscita a mettere attorno a un tavolo le organizzazioni agricole e la breve tregua ha permesso di prendere in considerazione un progetto dell’associazione Rurali Reggiani per coinvolgere i 21 caseifici che assicurano la vitalità del territorio più difficile, da Vezzano in su. La proposta è di marchiare le forme sul piatto ripetendo il nome di ciascun caseificio per ogni punta e di precisare la provenienza ‘montagna dell’Appennino di Reggio Emilia’ mettendoci anche il simbolo della Pietra. La soluzione di rendere riconoscibile ogni punta di formaggio viene praticata con successo nel Parmigiano Reggiano delle Vacche Rosse, dei caseifici di Bibbiano-La Culla, ecc. Ha il pregio di essere gestita dal produttore, costa molto poco e informa in modo preciso il consumatore lontano su chi ha prodotto questo Parmigiano Reggiano e in che luogo, bisogna far saper di quale montagna si tratta se qualcuno la vuole visitare.

Per mantenere l’agricoltura che ha costi superiori è indispensabile che il formaggio del nostro Appennino ottenga un prezzo più alto di quello di pianura. Potrà essere preferito e premiato (quale che sia il modo di metterlo in commercio) solo se il consumatore sarà in condizione di riconoscere questo formaggio e distinguerlo, senza sperare che sia qualcun altro a provvedere, grossista o distribuzione. Le parole montagna, crinale, parco sono generiche e utilizzabili anche da chi produce in altre zone, per evitare confusioni o incertezze è sufficiente dire la verità scrivendo il nome del caseificio e di questa montagna sulle forme e sulle porzioni. Si tratta di un criterio elementare, non ci sono divieti, anzi, gli esperti di mercato raccomandano di fornire le informazioni più complete, pure sul numero dei mesi di stagionatura, e l’efficacia della piena trasparenza viene spiegata in questi giorni sulla stampa dall’operatore che esporta Parmigiano Reggiano in nord America.

Si è discusso di tutto questo nell’incontro che si è svolto venerdì 11-12 al Parco Tegge di Felina. Il Presidente della Camera di Commercio rende disponibile il suo ente per favorire un intesa tra i caseifici dell’Appennino reggiano e gli operatori commerciali. Il direttore di Confcooperative ricorda il forte legame tra caseificio e grossista in un rapporto coltivato nel tempo per una transazione che si basa sulla fiducia reciproca nella qualità del prodotto e nella capacità finanziaria. Il Vicepresidente dell’Unione Montana spiega l’iniziativa in corso di aggregare i caseifici per raggiungere maggior peso nella commercializzazione. Il Sindaco di Casina fa presente la vetrina che organizza il suo Comune con la Sagra del Parmigiano Reggiano. La docente del Cattaneo-Dall’Aglio ricorda che la Conferenza sul clima di Parigi spinge a valorizzare le zone interne. Il Presidente dell’ente Parco è impegnato a valorizzare questo Appennino con il riconoscimento concesso dall’Unesco. Il Consigliere regionale si adopererà per affrontare in Regione i disservizi veterinari, le barriere di procedure agricole sempre più complicate e la necessità di uno sportello regionale presso l’Unione montana. RuRe espone la convenienza a utilizzare l’erba buona di montagna per ridurre i costi, migliorare la qualità di latte-formaggio-burro e ottenere la preferenza del consumatore grazie agli elementi salutari insostituibili che arrivano dall’erba e dalla sua ruminazione. I giovani di Futuro Verde hanno intenzione di approfondire questi aspetti. Il Direttore del CRPA sottolinea le possibilità di finanziamento offerte dal Piano di Sviluppo Rurale, ma per innovare i processi e formare le persone bisogna concepire subito i progetti da preparare entro febbraio, sennò si deve aspettare il 2017.

Auguri a don Romano Zanni che parte e va il Brasile.
Enrico Bussi, associazione Rurali Reggiani

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