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Un contributo di Enrico Bussi alla Conferenza regionale della montagna

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1. Fermare adesso l’estinzione
Il settore primario assicura l’economia più importante e sostenibile in Appennino, utilizza il sole, unica risorsa rinnovabile, per ricavare l’energia dal legno e il cibo dall’erba. Genera un alto valore speso quasi interamente in loco, sostiene l’intera società con le attività agroforestali e quelle connesse dell’artigianato e del terziario, offre nello stesso tempo il paesaggio e provvede alla sua manutenzione.

Ma alla sua base si estingue l’azienda famigliare che coltiva, alleva e raccoglie ed è un fatto irrimediabile. Infatti, questo tipo di famiglia non si forma in altri settori dato il cumulo di capacità richieste in termini di competenze professionali, predisposizione al fare, collaborazione tra generazioni e investimenti elevati. Una provenienza esterna è impossibile nel caso del sistema foraggio-formaggio Parmigiano Reggiano basato sull’anticipare in società il valore del latte per più di 12 mesi e tendenzialmente per oltre 24 mesi dovendo collegare meglio la produzione al consumo.

In breve, per la vita di questa montagna sono fondamentali le produzioni (apprezzate al consumo) che dipendono dall’allevamento famigliare poiché gli altri due tipi di impresa stentano, scompaiono e si diventa contadini solo se si nasce nella famiglia contadina.

Tuttavia, ancora oggi la Regione Emilia-Romagna non prevede il sostegno diretto alla famiglia contadina, pur essendo realizzato da tempo nei Paesi più importanti dell’UE attraverso strumenti che comprendono la sede pubblica riservata a questa parte minoritaria della popolazione (per poter dare equilibrio alle scelte sull’uso delle risorse), la formazione permanente della famiglia (giovani, adulti e anziani, uomini e donne), la diffusione di tecnologie appropriate e il servizio del lavoro sostitutivo (in azienda e in casa).

Il fatto emblematico di questo ritardo è la mancata identificazione della popolazione rurale che oltre le famiglie contadine comprende chi opera al loro fianco per fornire alimenti, accoglienza, manutenzioni e servizi privati o pubblici connessi al settore primario. Manca persino un registro dei giovani interessati ad avviarsi all’attività produttiva nel primario e questo fatto li esclude dalla possibilità di accedere alla formazione professionale finanziata dal programma regionale. Però, la Regione può dedicare un piccolo sforzo a definire l’identità della popolazione rurale (ubicata all’esterno dei centri urbani, in alcuni casi al loro interno) e impostare una collaborazione tra Comune, CCIAA, INPS, Bonifica per aggiornare l’anagrafe dei rurali. In modo analogo la Regione può accertare in via preventiva lo stato dei terreni coltivati e da coltivare senza colpire con sanzioni mostruose i pochi che si adoperano su campi e boschi di proprietà più o meno dimenticate.

2. Avviare subito la riforma
La 13^ Conferenza non prevede di ascoltare la voce del luogo al fine di superare gli errori ripetuti e di migliorare l’attuazione delle politiche dell’UE per lo Sviluppo Rurale e obiettivi connessi.

Invece, presenta rapidamente l’azione di ben 5 Assessorati e senza quello della Sanità che pure incide su produzione e trasformazione senza riconoscere le altre competenze agroalimentari e contribuisce ad aggravare il peso degli apparati pubblici sovrapposti, separati e sempre più lontani.

Le varie modificazioni introdotte negli ultimi lustri non sono una riforma e generano su questo territorio 44 entità pubbliche disgiunte, più di 10 controllori e almeno 10 intermediari privati che volteggiano sulle ultime imprese del primario il cui ruolo è vitale per l’intera popolazione.
Di fatto, la Regione rivolge al mondo rurale norme, procedure, bandi, controlli senza fornire alcun supporto effettivo e così accelera lo svuotamento fuori dai centri, dal crinale sino alla pedemontana.

L’Appennino non può affrontare cambiamento climatico, guerra mondiale a pezzi e mercato globale mentre manca un ente del territorio per dirigere servizi organici a sostegno del primario e col potere di programmare com’era previsto alla nascita delle Regioni e delle Comunità Montane.
Associazione Rurali Reggiani

Appennino reggiano e 44-10-10 apparati per il territorio rurale

44 attori pubblici dispongono sul territorio rurale
5 amministrazioni statali o interregionali per fisco, previdenza, formazione, salute e rifiuti (oltre 5 milioni di ton di rifiuti urbani accumulati in questo Appennino ammorbano l’aria e scolano su acque profonde da prelevare, su acque superficiali da irrigare con l’approvazione della Regione)
5 Assessorati della Regione Emilia-Romagna operano da Bologna su Agricoltura, Ambiente-Forestazione, Sanità-Sicurezza alimentare, Turismo, Programmazione territoriale
3 Assessorati della Provincia Pianificazione territoriale, Promozione del territorio, Ambiente
1 Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura, fornisce il Registro imprese, la Borsa merci (formaggio, burro, suini), supporti, incentivi e l’Osservatorio economico sull’Appennino
1 Consorzio di Bonifica dell’Emilia centrale (Appennino reggiano e sponde parmensi, modenesi) di grande importanza per il territorio ma ora incagliato nella faida tra organizzazioni
1 Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, progetta il futuro del territorio con aquile, astori, lupi, eccetera, la sua gestione dipende dallo Stato, dalle due Regioni e dai Comuni inclusi
1 Consorzio Fito-Sanitario, prescrive le cure alle piante anche nei Comuni dell’Appennino
1 GAL-Gruppo di Azione Locale dell’antico Frignano e dell’Appennino reggiano agisce su tutti i Comuni che facevano parte della Comunità Montana (non solo quelli dell’Unione Montana)
15 Comuni e Municipalità (il numero comprende quelli aboliti che conservano le loro Municipalità)
4 Unioni di Comuni (l’Unione montana e quelle di Vezzano con Albinea e Quattro Castella, di Baiso e Viano con Castellarano e Scandiano, di Canossa con S. Polo e Montecchio)
4 Distretti sanitari (di Castelnovo, Montecchio, Reggio Emilia, Scandiano) stabiliscono compiti di stalle, caseifici, laboratori alimentari, amministrati dai Comitati di Distretto composti dai Sindaci
1 ARPAE-Ag. Regionale Prevenzione Ambiente Energia, dall’1-1-16 si occupa di tutto per gestire Nodi (?) e rilasciare autorizzazioni, concessioni in rapporto con le Autonomie locali (i Comuni)
2 ATC-Ambiti Territoriali di Caccia per la montagna e per la collina (prima controllati dalla Provincia poi dalla Regione) stabiliscono le relazioni tra agricoltura/avifauna/ambiente.
(all’elenco manca l’Area MaB-Unesco di natura incerta, sorta in riferimento all’antica cultura agroalimentare espressa dagli operatori in questo territorio, tuttavia non convocati a eleggere i propri rappresentanti)
10 istituzioni per i controlli su Ambiente-Albero-Agricoltura-Alimentazione
Guardia di Finanza, 3 corpi specializzati dei Carabinieri NOE, NAS, Corpo Forestale dello Stato (inserito nell’Arma dal 2017), Polizia provinciale, Polizia municipale, 2 associazioni delle Guardie ecologiche,
2 organi per controllare la qualità del Parmigiano Reggiano, il prodotto Biologico (altri…)
10 organizzazioni private per i carichi burocratici sul settore primario
4 per le aziende agricole, 2 per le cooperative, 2 per gli artigiani dell’alimentare sono impegnate a sbrogliare le procedure calate dalla PA locale, regionale, statale su chi opera nel settore primario, inoltre è obbligatorio il veterinario privato per seguire stalla, porcilaia, arnia, cavallo, asino, poi il progettista e…

RIASSUMENDO

1000 famiglie nell’Appennino reggiano raccolgono l’erba, il legno, li trasformano in cibo, energia (in più ci sono i prodotti minori, il lavoro in nero di pensionati e di addetti ad altri settori).
Quelle famiglie generano valore per oltre 130 milioni di € all’anno, pagano tasse e contributi,  ma per rispondere alle procedure richieste dagli apparati di un enorme disservizio pubblico spendono 1/4 di quanto ricavano dall’unica risorsa rinnovabile (il sole).