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Dilva Attolini racconta il racconto

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Dilva Attolini ci invia le impressioni ricevute nel corso della presentazione della sua ultima opera: “Piccolo Piero sogna la nazionale”, lunedì scorso, 12 settembre, al teatro Bismantova di Castelnovo ne' Monti. Di seguito le riportiamo.

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(Un momento della presentazione)
(Un momento della presentazione)

E' stata una bella serata dove si è parlato di sport, di valori, di libri e di fantasia. Condotta da Nicola Simonelli, SGS della FIGC regionale, erano presenti sul palco componenti dello staff Reggiana Calcio: Guido Tamelli AD, Paolo Beretti allenatore settore giovanile, Albert Bertolini, capo scouting, poi i giocatori Davide Addona e Paolo Amir Tabloni, anche autore dell'altro libro presentato, “999 Le storie vere dei Campioni mancati”. Un ringraziamento all'Amministrazione comunale nelle persone degli assessori Emanuele Ferrari e Silvio Bertucci, e uno in particolare a mio figlio Daniele "Billo". che ha ben diretto dalla cabina di regia insieme al sempre gentile Sacca.

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Che notte, quella in cui venni alla luce! Era martedì 4 luglio. A Dortmund si giocava Germania Italia... semifinale del Campionato del Mondo di Calcio 2006...

Il protagonista di “Piccolo Piero sogna la nazionale” nasce in quella notte magica, negli stessi minuti in cui Fabio Grosso e Alessandro del Piero segnavano quegli splendidi. Nasce sui monti d’Appennino, a Castelnovo, in una stanza d’ospedale, sotto un cielo come a Dortmund pieno di stelle. Nasce all’ombra della Pietra di Bismantova, il Gigante di Roccia, che avrà un ruolo importante nella storia.

In verità non aveva molta voglia di nascere. Desiderava restare il più a lungo possibile nella pancia morbida e calda della mamma, arrotolato come un gattino dormiente. Non aveva nessuna fretta, aveva timore di venire alla luce, come se presagisse che il mondo che l’attendeva non fosse poi così bello.

Scoprirà, invece, che nascere è una grande gioia, una stupenda avventura. Sono stati meravigliosi i suoi giorni di bambino. Gli sono accadute cose bellissime, che ha tutte dentro al cuore. Ha incontrato perfino un drago viola! Nelle storie può accadere, specialmente in un posto dove c’è un monte magico come la Pietra.

Piccolo Piero è un bambino fortunato. Dentro casa ha uno spazio dove può giocare a calcio ogni giorno, nel lungo inverno. E’ una storia vecchia come il cucco che i bambini debbano avere una stanza o uno spazio tutto per loro. Raramente avviene. Piccolo Piero, però, può godere di questo privilegio. Ma può giocare solo con una palla morbida, di spugna, perché ha il dovere di non fare danni, di sottostare a vincoli e regole precise. Può allenarsi un poco ogni giorno: per diventare bravi ci vuole molta costanza.

Piccolo Piero è un bambino fortunato anche perché ha una nonna che ama raccontare storie. Soprattutto la sera, per accompagnarlo a dormire, con il silenzio della notte a far da sfondo. La nonna ha spesso un libro tra le mani. E’ il suo passaporto per la vita. Un portafortuna. Una mente senza storie, lei dice, è un posto buio, una selva oscura, un pozzo secco, senz’acqua e senza luna.

Il parallelismo abilità fisiche e abilità mentali ora è evidente, scoperto, scontato. Come si allena il gioco del calcio, così è indispensabile allenare il gioco della mente. Anche la mente senza allenamento diventa una brughiera di sterpaglie, un luogo senza colori, un cielo privo di stelle.

Eppure tutti amiamo le storie, perché siamo fatti di storie, ogni ora, ogni giorno. Basta tenere un diario per capirlo. Siamo curiosi delle storie degli altri. Se qualcuno racconta siamo tutt’orecchi! Vogliamo sapere come andrà a finire. Amiamo le storie degli amici, furbi, maldestri, chiacchieroni, spregiudicati, simpatici, siamo curiosi di tutto.

Ma non amiamo leggere. Come genitori non riusciamo sempre a stimolare i nostri figli alla lettura.

Piccolo Piero dice che c’è un vizio di forma. Leggiamo libri ai nostri figli fino a sei anni, poi, appena vanno a scuola e cominciano a leggere, li abbandoniamo al loro destino, lasciandoli “letteralmente” allo sbaraglio, pretendendo da loro un’autonomia “letteraria” che non possono aver raggiunto in breve tempo. Piccolo Piero quasi lo urla: “Anche i libri crescono! Nel senso che diventano più difficili! Ma come fanno i grandi a non capire una cosa così semplice?”

Per fortuna compare un drago viola. C’entra qualcosa con i libri? Ma soprattutto cosa ci fa un drago viola sui monti d’Appennino nei pressi della Pietra di Bismantova?

Non posso spiegarvi tutto... per saperlo dovete leggere il libro.

Vi posso solo dire che il drago viola non ama molto i giochi elettronici. Li ama solo un poco. Non ama gli eccessi di tecnologia che possono addormentare l’immaginazione, la fantasia, la creatività. E si dà da fare per esprimere il suo punto di vista.

Il drago viola ha nome, Gragun. Il nome lo ha preteso lui stesso. Tutte le volte che scrivevo drago al computer, siccome la “d” e la “g” sono vicine sulla tastiera, veniva fuori grago. Allora l’ho chiamato Gragun. Poi ho capito: dentro Gragun con la “g” di grrr c’è l’urlo del leone!

(Dilva)