Home Economia “La montagna del latte”: intervista con Enrico Borghi e Giampiero Lupatelli

“La montagna del latte”: intervista con Enrico Borghi e Giampiero Lupatelli

22
0

L’on. Borghi col suo intervento al convegno "La montagna del latte" a Castelnovo ne' Monti ha scaldato gli animi e risponde volentieri ad alcune domande.

Stato, Regione, Parco, Riserva MaB, Gal, Unione montana, area pilota Appennino emiliano, comuni… non sono troppi referenti per attuare una politica organica per la zona?

La strategia è identificare una leadership locale riconosciuta da tutti e il soggetto cui fare riferimento è l’Unione montana dei comuni dell’Appennino reggiano. Bisogna essere capaci di dare corpo all’associazione tra comuni come prevista dalla legge Delrio e qui ci sono i 7 comuni dell’Unione montana e in più quelli attorno.

Anche in montagna la popolazione rurale è una minoranza rispetto alla popolazione urbana, sono previsti strumenti per consentire la sua partecipazione alle scelte?

La popolazione rurale va costituita con tavoli di lavoro nei quali far scaturire la sua identità e stabilire rapporti con la pubblica amministrazione.

Come vanno spese le nuove risorse finanziarie per le zone interne?

Non si tratta di una spesa pubblica aggiuntiva, è la scelta di destinare risorse esistenti per una ricostruzione delle comunità locali. Richiede la capacità di immaginare la montagna tra 20-30 anni e che i giovani siano protagonisti.

* * *

Giampiero Lupatelli

Giampiero Lupatelli, responsabile di Caire-Consorzio, è l’esperto dell’operazione area pilota Appennino emiliano e risponde a domande sulla novità che interessa a tutti.

Nel convegno del 7 ottobre “La montagna del latte” è stata presentata l’area pilota Appennino emiliano divisa tra un’area progetto e un’area strategia, qual è la differenza?

L’area pilota Appennino emiliano comprende l’area progetto - cioè l’Unione montana comuni dell’Appennino reggiano su cui si concentrano gli interventi - e l’area strategia con altri comuni limitrofi nel reggiano, nel parmense e nel modenese su cui ricadono i benefici degli interventi realizzati. La candidatura per l’area pilota presentata dall’Unione montana comprendeva, oltre alla parte centrale dei suoi comuni, altri sei comuni collegati all’Appennino reggiano, quelli modenesi in val Dolo (Frassinoro, Palagano, Montefiorino) e parmensi in val d’Enza (Monchio, Tizzano, Neviano). La Regione invece ha fatto leva sulle scelte fatte per le due riserve MaB (Appennino e Delta padano), in tal modo l’area pilota Appennino emiliano è stata estesa a comuni che hanno scarse relazioni con la parte centrale e a Langhirano che non si può dire sia una zona interna.

Quali comuni dell’Appennino reggiano sono compresi nell’area progetto e nella area strategia?

Nell’area progetti i comuni dell’Unione montana Appennino reggiano. Nell’area strategia Baiso, Canossa e Vezzano. La stranezza è che rimane fuori il comune di Viano e ciò deriva dal fatto che non era stato compreso nella Riserva MaB.

Abbiamo l’Ente Parco naturale, l’area leader del Gal, l’Unione dei comuni, i distretti sanitari. Nell’insieme sul territorio rurale operano 54 organismi pubblici elencati nel prospetto (fornito alla Conferenza regionale della montagna svolta a Castelnovo ne’ Monti a inizio anno) cui s’aggiungono l’area progetto e l’area strategia. Si tratta di tanti ordini sovrapposti con differente estensione, ritiene possibile conciliarne la gestione?

La strategia nazionale aree interne ha tra gli obiettivi il coordinamento dei soggetti pubblici e la partecipazione della popolazione che sono condizioni fondamentali per rilanciare queste zone. L’area pilota permette di sperimentare soluzioni importanti nel campo dei servizi e degli interventi, è la possibilità da sfruttare nel sistema del latte per raggiungere la distintività di questo Parmigiano Reggiano con impiego dell’erba, la formazione degli adulti, il supporto alla famiglia, altri traguardi.

* * *

Prospetto fornito da Rurali Reggiani alla conferenza regionale della montagna, Castelnovo 22 gennaio 2016.

Appennino reggiano governato da 54 (+2) organismi pubblici.

Il primo problema è che la popolazione rurale svolge enormi compiti nell’uso delle risorse e nella conservazione del territorio, ma è priva della possibilità di incidere sulle decisioni pubbliche essendo in ogni sede in minoranza rispetto alla popolazione urbana. Il secondo problema è la patologia della pubblica amministrazione con tanti organi separati a geometria variabile.

44 attori pubblici agiscono sul territorio rurale dell’Appennino reggiano;

4 assessorati della Regione Emilia-Romagna (agricoltura-forestazione, ambiente-assetto idrogeologico, sanità-sicurezza alimentare, programmazione territoriale);

3 assessorati della Provincia amministrata dai sindaci si occupano di pianificazione territoriale, promozione del territorio, ambiente;

1 Camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura fornisce l’Osservatorio economico sull’Appennino, il registro imprese, la Borsa del formaggio, contratti di rete, alcuni incentivi;

1 Consorzio di bonifica dell’Emilia centrale (comprende alcuni comuni delle montagne modenese e parmense) amministrato anche da tre sindaci designati dai sindaci in Provincia;

1 Ente Parco nazionale dell’Appennino Tosco-emiliano intento a progettare il futuro, la sua gestione dipende dallo Stato, dalle due regioni e dai sindaci dei comuni inclusi in questo territorio:

1 Consorzio fito-sanitario provinciale, avverte sullo sviluppo delle malattie nei vegetali;

1 Gal-Gruppo di azione locale dell’antico Frignano e dell’Appennino reggiano, comprensivo dei comuni che facevano parte della Comunità montana;

15 comuni e municipalità (il numero comprende quelli aboliti che conservano le loro municipalità);

4 unioni di comuni (l’Unione montana e quelle di Vezzano con Albinea e Quattro Castella, di Baiso e Viano con Castellarano e Scandiano, di Canossa con S. Polo e Montecchio);

4 distretti sanitari (di Castelnovo, Montecchio, Reggio Emilia, Scandiano) stabiliscono compiti di stalle e caseifici e sono amministrati dai comitati di distretto composti dai sindaci;

1 Arpae-Ag. reg. prevenzione ambiente energia dall’1 gennaio 2016 si occupa di tutto, compreso l’ambiente di lavoro, per gestire nodi, autorizzazioni e concessioni in rapporto con autonomie locali (sindaci);

2 ATC-Ambiti territoriali di caccia per la montagna e per la collina agiscono sulle relazioni tra ambiente-avifauna-agricoltura, prima controllati dalla Provincia (sindaci) poi dalla Regione;

1 Area MaB-Unesco entità recente per valorizzare quel rapporto equilibrato tra uomo e biosfera raggiunto nel tempo dal primario in Appennino reggiano, parmense, modenese, ligure, toscano (iniziativa promossa dal Parco naturale che non ha alcuna competenza nell’agroalimentare e agisce oltre i suoi confini con l’avallo dei sindaci di 38 comuni);

5 amministrazioni statali o interregionali per fisco, previdenza, formazione, salute e smaltimento dei rifiuti. Oltre 5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani accumulati in questo appennino ammorbano l’aria e scolano su acque sottostanti da prelevare, su acque superficiali da irrigare, con l’assenso dei sindaci (s’aggiungono l’area progetto e l’area strategia);

10 organismi controllano il settore primario per ambiente - albero - agricoltura - alimentazione;

Guardia di Finanza, tre corpi specializzati dei Carabinieri Noe, Nas, Corpo forestale dello Stato, Polizia provinciale, Vigili del fuoco, Polizia municipale, due organi volontari di Guardie ecologiche, l’organismo controllo qualità del Parmigiano Reggiano (in aggiunta altri enti di certificazione accreditati);

10 organizzazioni private assistono le aziende del primario nei confronti della pubblica amministrazione;

4 per le aziende agricole, 2 per le cooperative, 2 per gli artigiani dell’alimentare sono impegnate a sbrogliare le procedure calate dalla pubblica amministrazione locale, regionale, statale su chi opera nel settore primario, inoltre c’è l’obbligo del veterinario privato per seguire stalle, porcilaie, arnie e poi occorre il tecnico progettista e…

1000 famiglie nell’Appennino reggiano raccolgono erba, legno, li trasformano in cibo, energia, e per rispondere alle pratiche chieste dagli apparati di un enorme disservizio pubblico spendono tra 1/4 e 1/3 di quanto ricavano dall’unica risorsa rinnovabile (il sole).

(Enrico Bussi, associazione Rurali reggiani)