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Ospedale S. Anna / “Spostate i medici, non le partorienti”

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Sull'ormai probabile "dipartita" dell'ennesimo pezzo, il reparto nascite dell'Ospedale S. Anna di Castelnovo ne' Monti (ma non si sa mai che qualcuno, in "zona Cesarini", non realizzi di rischiare di mettere sul piatto il proprio futuro politico e quindi decida di prendere in mano la questione come si deve), si gioca una bella "fetta di faccia" anche l'amministrazione pubblica locale. Proponiamo di seguito, a mo' di "editoriale del lettore", un contributo ricevuto quest'oggi (ieri).

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La questione del punto nascita dell'ospedale Sant'Anna di Castelnovo ne' Monti sembrerebbe giunta al termine con una decisione di chiusura dell’attività.

Mi pare utile ripercorrere tutto l’iter formale della vicenda per tentare di comprendere meglio quali siano gli interessi in campo.

Il decreto n. 70/15 del ministro della salute ha stabilito nuovi standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. La Regione ha già lodevolmente adottato un provvedimento generale di programmazione per realizzare un disegno globale della  rete ospedaliera  regionale.

L'azione programmatoria regionale nell'ambito territoriale reggiano ha confermato soluzioni ed attività realizzate da tempo quasi prevedendo ed anticipando le disposizioni che sono state normativamente imposte, con l'unica rilevante eccezione dei punti nascita, ed in particolare quello dell'ospedale Sant'Anna di Castelnovo ne' Monti, sul quale ora si attende il responso di una commissione tecnica.

E’ quindi, opportuno ricordare che l'intesa Stato-Regioni del dicembre 2010 stabilisce di riorganizzare la rete assistenziale, "...fissando il numero di almeno 1000 nascite/anno quale parametro standard a cui tendere, nel triennio, per il mantenimento/attivazione dei punti nascita".

La possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno potrà essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate con rilevanti difficoltà di attivazione dello Stam (Sistema di trasporto assistito materno).

Tale severa disposizione, che colpisce tutti i punti nascita con meno di 500 parti all'anno, è motivata dalla pericolosità di strutture siffatte nelle quali operatori con poca esperienza potrebbero mettere a repentaglio il successo dell'intervento.

L'intesa Stato-Regioni, peraltro, stabilisce una minuziosa elencazione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi che debbono possedere i punti nascita  con la definizione di standard operativi, di sicurezza e tecnologici obbligatori, nonchè con la previsione di funzioni collegate ai livelli assistenziali. Si vuole, cioè, che un punto nascita, sicuro ed efficiente, sia dotato  di un insieme di attrezzature e di procedure che non si possono garantire ad una molteplicità di punti nascita polverizzati in un ambito territoriale limitato, se non con spreco di risorse.

La norma, dunque, è finalizzata tanto alla sicurezza che all'economicità dell'intervento.

A ben vedere la nascita è l'effetto dell'azione di operatori che, essi ed essi soli, debbono avere un'esperienza non minore dell'esecuzione di almeno 500 parti. Il punto nascita è solo il luogo ove avviene l'intervento il quale, ovunque collocato, è sicuramente idoneo se è attrezzato come prescrive l'intesa Stato-Regioni ed è assicurato da operatori con la descritta esperienza.

L'intesa Stato-Regioni del dicembre 2010 si pone il problema della sicurezza del parto e quindi stabilisce:

1- che i punti nascita siano attrezzati perfettamente;

2- che gli operatori abbiano una qualificazione professionale adeguata.

Ma, ovviamente, non sono i punti nascita che fanno i parti, ma gli operatori nei punti nascita. E' l'equipe degli operatori (ginecologi ed ostetriche) che deve avere un'esperienza superiore a 500 parti, non il punto nascita!

Le decisioni circa l'allocazione delle strutture dovrebbero essere l'effetto di valutazioni complessive che, soddisfatte le esigenze di sicurezza, dei pazienti e degli operatori, prendano in considerazione altre esigenze della società civile quali, ad esempio, lo sviluppo socio-economico di alcune parti del territorio, disagiato per ragioni demografiche, di viabilità, di condizioni personali e sociali degli abitanti, ecc. Mantenere la popolazione nei luoghi montani corrisponde ad un preciso interesse pubblico. Ancora meglio sarebbe favorire il ritorno negli stessi luoghi. Per questo sarebbe auspicabile erogare servizi fondamentali in quel contesto e, ove esistenti, non depauperarli.

L'esistenza di punti nascita con un numero di parti inferiori a 500, ma con una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesiologica e medico-pediatrica attiva h24, con tutti i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi previsti e nei quali gli interventi siano effettuati da personale in possesso dell'esperienza (questa sì!) superiore a almeno 500 parti, non possono essere proibiti dall'intesa Stato-Regioni del dicembre 2010.

E' pacifico che le indicazioni programmatorie possono essere rideterminate con idonea motivazione.

Scopo primario dell'intesa Stato-Regioni è razionalizzare il numero dei punti nascita su un dato territorio evitando una diffusione caotica e strumentale di strutture con costi insostenibili e spreco di risorse.

Il problema, se mai, è garantire come ciò avvenga.

Se le aziende sanitarie sono più d’una, è necessario raggiungere accordi, talvolta faticosi, fra istituzioni ed operatori. Ma nel reggiano a breve si realizzerà l'unitarietà della gestione delle aziende sanitarie nello steso ambito territoriale. E i recenti sviluppi delle norme sul personale pubblico introducono utili semplificazioni in merito. Questa è la premessa che consentirà a medici ed ostetriche, con la prevista professionalità, di esser utilizzati proficuamente in ogni parte del territorio, con i dovuti incentivi economici.

D'altronde esempi analoghi, se pure in altre discipline, si registrano già positivamente a livello locale nel contesto della chirurgia mammaria (equipe dell'Asmn che opera presso l'ospedale di Scandiano) e in regione, basti citare, per ultimo, il caso di Budrio dove i chirurghi dell'Ospedale Maggiore di Bologna si recano per operare nelle sale operatorie di quell'ospedale.

Non si comprende perchè ostetrici-ginecologi, in possesso della qualificazione prevista, non possano continuare ad esercitare, così come da tempo stabilito da appositi atti, nel punto nascita dell'ospedale Sant'Anna di Castelnovo ne' Monti, attrezzato come prevede l'intesa Stato-Regioni del dicembre 2010.

In fondo non è che  la realizzazione concreta dell'antica aspirazione per cui, tutte le volte che è possibile, è preferibile che si spostino gli operatori anziché i pazienti. E, per ultimo, che dire della legge regionale 11/8/1998 n. 26 (modificata dalla dalla L.R. 20/12/13 n. 27), che disciplina il parto a domicilio! Perché a domicilio sì e in ospedale no?

(Giuseppe Carbone, già DG_DA di aziende sanitarie)

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Riprendiamo questo passaggio: "L’esistenza di punti nascita con un numero di parti inferiori a 500, ma con una copertura di guardia medico-ostetrica, anestesiologica e medico-pediatrica attiva h24, con tutti i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi previsti e nei quali gli interventi siano effettuati da personale in possesso dell’esperienza...", per chiedere (ovviamente da poveri ignoranti) se degli sbandierati (dall'assessore regionale sig. Sergio Venturi) 3 milioni di € che verranno a "potenziare" il S. Anna una quota della somma non potrebbe venire incontro a queste esigenze e rendere possibile - "volontà politica permettendo", perchè il nodo è tutto lì - la permanenza e pure, addirittura, il "potenziamento" del reparto nascite dell'ospedale.

3 COMMENTS

  1. Non me ne voglia, ma credo che se Bini destinasse a questa partita dell’ospedale anche solo una percentuale modesta dell’impegno e del tempo che dedica alla mafia, forse il problema sarebbe già risolto. Più che una critica, vorrebbe essere uno sprone. Chissà che con qualche azione eclatante non si sia ancora in tempo per fermare il “conto alla rovescia”.

    (G. Romei)

    • Firma - G. Romei
  2. La prima cosa che mi viene in mente: allora la stessa norma può essere interpretata in modi diversi! Evidentemente non è vero che “non c’è alternativa”. Altrettanto evidentemente, è dunque vero che “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”. Mi chiedo come mai, qui in montagna, siamo considerati “nemici”.

    (Commento firmato)

    • Firma - Commentofirmato
  3. Egregio signor Giuseppe Carbone, ciò che lei ha scritto, insieme alla lettera del dottor Boni, sono le uniche letture impregnate di competenza e buon senso. Grazie! Questo è parlar chiaro, con competenza e rispetto per le persone. Però mi sorge spontanea una domanda: perché sono così cambiati i dirigenti attuali? Non so farmene una ragione. Grazie ancora!

    (Luisa Valdesalici)

    • Firma - Luisa Valdesalici