Home Cronaca Han scritto che siamo morti. Ma non ce n’eravamo accorti…

Han scritto che siamo morti. Ma non ce n’eravamo accorti…

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Morire senza accorgersene. No, non stiamo parlando di eutanasia ancor prima che il nostro Parlamento licenzi pure una legge che di tale tema tratta.

No, qui parliamo di noi, della nostra Radionova. Da tempo, un annetto circa, come abbiamo già avuto modo di comunicare, pur essendo sempre regolarmente in onda, sui consueti 94,3 MHz, trasmettiamo "a giri ridotti", soprattutto (ma non esclusivamente) musica in automatico, a causa di un laborioso spostamento di sede inserito nell'operazione costruzione del nuovo oratorio/demolizione dell'ex "Motti" (dove ci trovavamo dal 1998), ancora in corso.

Cos'è successo, dunque?

Di recente, un ex quotidiano - che fa capo ad un ex europarlamentare - che da tempo esce solo una volta alla settimana ("Il Giornale di Reggio", tanto per chiarire) ha pubblicato un articolo, a firma Lorenzo Immovilli, ex direttore di Mondoradio (interessata alla vicenda, come vediamo più sotto), intitolato, virgolettato, "Radio reggiane decimate: è un deserto".

Bene, nel tale articolo, dopo la consueta premessa che prepara il seguito, leggiamo anche della nostra morte. Questa parola, "morte", non è fuori luogo. Infatti proprio in termini funerari si esprime Immovilli: "Le lapidi nel cimitero dell'etere sono tante: Radio Venere, Radio Centrale, Radio Onda Uno, Radio Condor, Aradio Città Uno, Radio Musichiere, Radio Monte Croci Tre, Mondoradio, Radio Tupac, Radio Erre, Radionova, Radioattiva, Radio GBR; la stessa Radioreggio è ormai ridotta alla sola messa in onda di brani musicali".

Secondo Immovilli, che segnala K-Rock Radiostation come unica superstite, seppur "scricchiolante sotto i colpi della rivoluzione digitale", "i dj storici non hanno lasciato un'eredità". Fosse che fosse solo una questione di scelta di selezioni musicali il contenuto di una radio (o qualsiasi altro mezzo). Ma l'articolista cita anche un altro ingrediente mortifero: il business, i soldoni... "e l'innata incapacità reggiana di tradurre in affari il bene immateriale ha fatto il resto". Per fortuna che alla fine un posticino dell'articolo se lo ritaglia anche un pensiero che ci sembra più pertinente: "Se è vero (...) che lo strumento radiofonico pare non subire cali di consenso, continuando a rimanere l'unico media (medium, forse, parlando al singolare, ndr) stabile, ciò significa che si può fare ancora, eccome se si può. Bisogna averne voglia, impegnarsi, crederci, perchè la narrazione della vita nelle piccole comunità, realizzata in tempo reale (ma anche in tempo non reale: occorre sempre correre?, ndr), affascina il pubblico".

Non sappiamo di altri, ma noi ci sottraiamo volentieri a questo elenco-elogio funebre. Dal 1984 ad oggi non abbiamo infatti mai abbandonato l'etere, tra alterni momenti di maggiore o minore ricchezza di proposte, data la vocazione volontaristica della nostra emittente. Forse a Reggio non ci sentono (e il nostro segnale che parte dal Monte Fosola, sopra Felina, in effetti non è mai nè stato puntato nè stato interessato alla città). E in questo senso magari eravamo allora morti già da prima.

Può darsi che l'aria di montagna faccia davvero bene, chissà, dato che stiamo anzi procedendo con un piano di allestimento, rinnovamento tecnico e rilancio. Pur con tutti i nostri limiti, rimandiamo volentieri quindi l'appuntamento al prossimo - speriamo lontano - funerale (aspettando il crematorio di Gatta...).

1 COMMENT

  1. L’aria di montagna può far bene solo a chi è nato in montagna e in montagna vive. L’aria di montagna non può far nulla sul Dna, cosa maledettamente seria: quando si nasce piansani, piansani lo si rimane per sempre. Li ho conosciuti quasi tutti, ma nessuno di loro è finito in Formula1.

    (mv)

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