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Visita a “Fico” col Consorzio del Parmigiano Reggiano alla vigilia della apertura al pubblico

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Oggi a Bologna apre al pubblico "Fico" (Fabbrica italiana contadina), "il più grande parco alimentare del mondo", esteso su 10 ettari di superficie e che attende 6 milioni di visitatori per anno.

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano è presente a "Fico" con un atelier moderno e "luccicoso", tutto vetro e metallo, che attira l'attenzione e che ha riscosso l'apprezzamento anche degli ospiti operatori di comunicazione e produttori del "formaggio più buono al mondo" in una visita riservata ad espositori e loro ospiti nella vigilia della apertura al pubblico che avviene oggi 15 novembre.

Il colpo d'occhio all'entrata di "Fico" è impressionante, direi simile a quello vissuto entrando ad Expo a Milano.

Gli spazi espositivi, i colori, i profumi possono perfino stordire. Il tempo era poco per cui la visita è stata forzatamente ridotta all'osso. Forse una giornata sola non basta, nonostante l'apertura dalla 10 alle 24, per visitare tutto quanto: gli spazi esterni, le "giostre" tematiche, le aule didattiche, ecc.

Qui davvero ci si rende conto di quanto l'Italia sia diversificata, ricca di una gastronomia immensamente varia, una molteplicità da stordimento.

Tornando al nostro Parmigiano Reggiano c'è da aggiungere che, dopo la presentazione del presidente del Consorzio Nicola Bertinelli, si è proceduto naturalmente al taglio di una forma che, per chi lo vede per la prima volta, è quasi una azione teatrale o sportiva.

La forma tagliata in questa occasione è stata di un caseificio di montagna, della montagna reggiana: una forma del caseificio di Cortogno di Casina.

A seguire l'immersione totale visuale e sonora nelle operazioni di lavorazione del latte e di produzione del formaggio che si ha a 360 gradi in uno spazio attrezzato con la tecnologia audio-video in grado di dare la sensazione di stare veramente in un caseificio.

Ha concluso il pomeriggio Oscar Farinetti, l'ideatore di "Fico", che ha spiegato che l'obiettivo di "Fico" è quello di spiegare il cibo partendo dall'inizio e non dalla fine, non dagli chef e dalle cucine, ma dai contadini e dalla terra.