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Ardensâr, Arvìa o Arvéja

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Ardensâr:

Archivio O. Cavallari  p. g. c.

Risciacquare il bucato o le stoviglie. Da noi, ove l’acquedotto è arrivato negli anni ’50, il bucato lo si andava a fare nelle fosse poco distanti dal villaggio oppure al fiume. Dopo avere tenuto in ammollo il bucato nella liscivia, dentro a la söja, si caricava il tutto sul biroccio e ci si recava alla fossa. Qui i capi venivano sciacquati, strizzati, sbattuti su una grossa pietra o sulla apposita tavola, poi rimessi nei panieri e riportati a casa per stenderli ad asciugare. Se si trattava di lenzuola o tovaglie due persone prendevano il capo agli estremi poi lo torcevano con forza.  Ardensâr o Ardensêr lo troviamo nel reggiano e nel modenese occidentale. Procedendo verso Bologna diventa Arsentêr. Nel milanese e nel veneziano è resentàr. Pare derivi dal latino Recentàre = rinnovare, fare rinascere (i colori).

 

 Arvìa, Arvéja, Reviòt

È la pianta dei piselli coltivata nell’orto. Sono buoni freschi, lessati nella minestra o come contorno. È una parola che viene da lontano e si è modificata, adattata ai tempi e ai luoghi. Qualcuno tenta di collegarle al greco Òrobos, non so con quali argomenti. Di sicuro esisteva in latino la parola Èrvum, che poi diventa Ervìlia, ed indicava appunto i piselli. Come termine scientifico è il Làthyrus odoràtus (o anche Làthyrus montànus o silvèstris). Curiosità: anche in Spagna è: Arvéja e Arvejòte.

 

 

 

 

 

 

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  1. Arvìa non è esattamente il pisello coltivato dal fiore bianco in dialetto “Arviott”, ma una sorta di pisello antico semi-selvatico dai fiori rosa-porpora ben distinto da Pisum sativum; anche i relativi semi sono molto differenti per colorazione e dimensioni. L’arvìa coincide con il legume ancora oggi coltivato in poche aree appenniniche e denominato “roveja”…

    (M.G)

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