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Divieto di balneazione nell’Enza? Legge da aggiornare

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Sul bagnasciuga? No grazie!
Libero semicupio in libera Enza!

Egr. Direttore
Come ambientalisti non possiamo che condividere lo sgomento di tanti gitanti, domenicali e no, che si vedono inchiodati sul bagnasciuga (secondo maschie e vincenti strategie mussoliniane) e respinti da una fruizione semplice e tradizionale delle acque dell’Enza, frequentatissime da oltre un secolo nel periodo estivo in funzione balneare, leggendario mare dei poveri reggiani.
Se evidentemente non possiamo che sostenere i divieti relativi al transito nel greto di mezzi a motore fuoristrada a 2 e 4 ruote, l’abbandono dei rifiuti come la salvaguardia in genere del decoro e della pulizia dei luoghi, tuttavia il nodo centrale che va a colpire la balneazione appare discutibile dove, pur generando da un tragico incidente, coinvolge abitudini ed attitudini assolutamente indefinibili.
È balneazione quella della signora attempata che si raffresca seduta sulla branda nel corso d’acqua? mentre invece il pescatore immerso sino alla cintola? tutti in galera chi fa pediluvi o semicupi? e chi immerge bottiglie e cocomeri? Il canoista che prende la corrente?
Il dato di fatto reale, sul quale si dovrebbe riflettere per superare una incontrollabile politica del divieto, è che il fiume Enza in molti tratti non è pericoloso nel suo sviluppo naturale, viceversa lo è certamente in corrispondenza di manufatti arginanti, che sono un drammatico esempio a piccola scala dell’immenso sconvolgimento che potrebbe derivare dalla creazione di sbarramenti ben più impattanti, ai quali tutte le amministrazioni reggiane, parmensi e regionali stanno lavorando alacremente.
Inutile dire che ciò provocherebbe la scomparsa totale dell’utilizzo turistico del fiume che coinvolge migliaia e migliaia di persone.

Fra i mille enti, consorzi, associazioni, coordinamenti intesi a strologare incrementi di una realtà turistica statica e arretrata come quella nostrana, qualcheduno è in grado di certificare quante sono le persone che per almeno tre mesi l’anno (più appendici primaverili e autunnali) frequentano il corso d’acqua? di conteggiare qual è l’indotto diretto e indiretto che mettono in moto?

È allora evidente che la Legge regionale del 2016 che ha imposto ottusamente un divieto unico e totale sui corsi d’acqua dell’Emilia e della Romagna è inadeguata; e che l’unica risposta possibile è quella da sempre sostenuta dagli ambientalisti assolutamente comune e verificabile in qualsiasi paese europeo e civile: la rinaturazione del fiume!

Davanti a noi può esserci solo un programma attento, puntuale e intelligente, volto ad attenuare ed azzerare gli impatti non valutati di manufatti progettati astrattamente sulla carta, e mai tenendo conto della natura di organismo vivo, plurale e complesso come un fiume; che abbisogna poi di cura manutentiva e migliorativa rispetto alle condizioni delle sponde e del greto.

Chissà per quale motivo proprio in questi giorni, all’altezza della notevole traversa di Cerezzola, si stanno operando gli ennesimi vergognosi interventi di spoliazione e sottrazione di milioni di mc² di ghiaie, semplicemente concesse in compensazione alle ditte operanti, secondo una assodata e immutabile strategia: privatizzare gli utili e socializzare le perdite.

Ci attendiamo da almeno uno delle decine di organismi deputati alla gestione (?) del fiume, una presa di posizione a questo proposito, e l’avvio (concorrente a stupidi manufatti devastanti a beneficio di una ristretta porzione della realtà sociale) di una vera politica di intervento largo e incisivo di salvaguardia delle acque e del sistema fluviale, bene comune e risorsa vitale (anche nelle sue manifestazioni ricreative e ludiche) da salvaguardare con la massima attenzione per gli uomini di oggi e di domani.
(Verdi Reggio Emilia)

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