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Speciale di Radionova dedicato a Stefano Rosso

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Nicolò Manvilli, Simone Tapognani, Moussa Kone, Marco Notari e Francesco De Mola

Nello speciale in onda su Radionova domani, martedì, alle 8.00, in replica giovedì alle 15.00 e sabato alle 20.00, la prima di due puntate dedicate a un cantautore controverso: Stefano Rosso.

A condurvi alla scoperta di Rosso si è formato un team speciale formato da: Marco Notari, Moussa Kone, Francesco De Mola e Nicolò Manvilli. In regia Simone Tapognani, alias Misterj.

La puntata è ascoltabile in anteprima nei seguenti link:

Prima parte

Seconda parte

***

Stefano Rosso

Stefano Rosso. Una storia disonesta

Che bello/due amici una chitarra e uno spinello/e una ragazza giusta che ci sta/e tutto il resto che importanza ha?"
Qualcuno ricorderà questo motivo allegro e scandaloso, passato da qualche radio libera sul finire degli anni '70. L'autore, forse, passerà in secondo piano, come quello dello spinello, al secolo Stefano Rossi.
Chi era Stefano Rossi, classe 1947, di Trastevere? E anche: si drogava?
Ecco, già queste domande possono avere risposte complesse.
Stefano Rossi (o Stafano Rosso, come si faceva chiamare) è stato un cantautore romano, molto abile nell'uso della chitarra e del banjo, con un'ampia discografia che va dal 1977 al 2008, anno della sua morte. Paroliere e compositore allo stesso tempo, ha registrato vari pezzi sotto etichette famose come la RCA e la Polydor, ma soprattutto da indipendente con la Ciao Records, la Lupus e la Red&Black. Stefano, partecipa anche a Sanremo, nel 1980, con la canzone l'Italiano.
Ma cosa guardi cosa c'è di strano/Chi sono? Dici. Sono l'Italiano/son stato il solo a perdere la mano/ sia col tedesco che l'americano/e se mi chiedi chi fu Garibaldi/uno che nacque presto e morì tardi/ ma cosa guardi, cosa c'è di strano?/Chi sono? Dici. Sono l'Italiano.
Nello stesso album dello "spinello", che chiameremo, col suo vero titolo, ”Una storia disonesta”, ci sono altre canzoni degne di nota, come Letto 26, o Pane e latte.
E distillando le rassegnazioni/ a casa produciamo sogni/ babbo e mamma dirigenti/ io coi miei fratelli semplici operai/ e ogni mattina/ tutti intorno al tavolino/ affoghiamo pane dentro il latte/ e anche quello che non c'è.
Ora veniamo alla seconda domanda e cerchiamo di risponderci.
Stefano Rosso, sicuramente, ha fatto uso di sostanze stupefacenti: è lui stesso a raccontare, che quando scriveva canzoni, alla luce di un lampione, nella piazza di Santa Maria in Trastevere, insieme ai randagi, capitava che si addormentasse e poi svegliandosi scopriva di avere erba nelle tasche.
Ma nello spinello la droga è soltanto un pretesto per affrontare una tematica sottile come il perbenismo interessato.

La canzone narra infatti, di un gruppo di ragazzi che si trovano a casa di Rosso, per parlare dei problemi dello stato e finiscono sull'hascish legalizzato: e casa mia sembrava il parlamento: erano in quindici, ma mi parevan cento.

Lui fa il moralista, cerca di spiegare che il vizio non è un partito sano, che la gente giudica e loro devono stare in campana. Eppure non riceve seguito.

Caccia, allora, i quindici da casa in malo modo, poi, di nascosto, va in cucina, apre un barattolo e accende il giradischi... e si conclude: che bello/col giradischi acceso e lo spinello/non sarà stato giusto sì lo so/ma in quindici eravamo in troppi, no/e questa/ amici miei è una storia disonesta/ e puoi cambiarci i personaggi, ma/ quanta politica ci puoi trovà... Un po' meno scandalosa, dunque.

Ma i miti dell'estate durano poco, ed ecco che dalla seconda metà degli anni ottanta, Rosso cade nel dimenticatoio.

Alcuni raccontano pure che, per una delusione d'amore, si arruoli nella legione straniera. Eppure appende la chitarra al chiodo solo per brevi tratti della sua vita. Così, dopo una lunga pausa, negli anni duemila, ricomincia, o forse continua a scrivere piccoli capolavori, come la bohemian i fiori del male o la sarcastica Amerika e Alì Babà, rispettivamente negli album Mortacci e Piccolo mondo antico.
Tempo fa parlavo con Alessandro Guazzi, un mio amico frate, e mi diceva che aveva apprezzato molto questo autore, grazie a me.

Io ridevo perchè invece di portare Gesù e il Suo Verbo, avevo portato "Stefano Rosso"!
Eppure, da quando ho scoperto che l'autore di "Letto 26" era un cantautore prolifico, non ho smesso di ascoltarlo e mi sono abituato al suo tono malinconico e colloquiale, nonché all'arpeggio di chitarra che accompagna tutti i suoi brani.

Stafano, infatti, era un ottimo chitarrista e arriverà, in un suo album con la Lupus, a scrivere un manuale di chitarra per il suo pubblico. Anche tra gli altri cantanti, molti non si dimenticano di Stefano. Sarà Luigi Grechi De Gregori a spronare il chitarrista di Stefano a fare un album di cover, o Alex Britti che canterà la sua gli occhi dei bambini.
Sono gli occhi dei bambini che incontri a colazione/che ci vedi un po' di sonno e che Dio non è un'invenzione.

Insomma, si è capito, Stefano mi piace molto, e sono disposto a perdonargli la fama di quello dello spinello, credendo fermamente che, oltre a quello, tanti siano i brani validi scritti in una vita. E pure su Stefano ho intenzione di fare una trasmissione, dove, ascoltando le sue canzoni, si racconterà la sua vita e i suoi aneddoti.

In gruppo, perché non mi piace incidere da solo. Io sono orgoglioso di raccontare la storia di questo personaggio, anche perché la felicità è vera solo quand'è condivisa. Potrei sciorinarvi altri testi, oltre a quelli già scritti, ma mi limiterò a citarne uno, per me molto bello: Amerika e Alì Babà, scritto poco prima di morire di cancro.

Ad maiora!

Quando ritornerò dal mondo della musica
Dove non c'è l'America e nemmeno Alì Babà
Non vi racconterò di leggi sulla fisica
Di nuove religioni e di presunte verità
Dei finti democratici che regnano sovrani
Idolatrati semidei che invece sono nani
Mentre la vita va figli dell'abitudine
Di malcelate voglie e di supposte libertà
Vi rubano le idee la casa i figli e Dio
Scusatemi lo sfogo ma lo stile è quello mio
Quando ritornerò sarò sincero e onesto
Che ai grandi ciarlatani in fondo manca solo questo
Hanno la barca al mare e lo chalet in montagna
E un popolo addestrato che ci fanno la cuccagna
Pensano alla famiglia dai figli alla cognata
Che la fighetta alla tivvù l'hanno già sistemata
Mentre la vita va tra sogni e psicofarmaci
Vi trascinate indomiti scannandovi tra voi
Che colpa avrete mai se in fondo fate il giusto
Viene il sospetto che prenderlo in culo vi dia gusto

Quando ritornerò dal mondo della musica
Dove non c'è l'America e nemmeno Alì Babà
Non vi racconterò di leggi sulla fisica
Di nuove religioni e di fottute verità
Quando ritornerò vi guarderò incantato
Da tanta ingenuità che il pifferaio vi ha suonato
E da una nuvoletta al nuovo domicilio
Vi guarderò stupito tra un sorriso e uno sbadiglio

(Marco Notari)